Home Economy Super-stipendi dei banchieri, Guzzi: “Distorsione del finanzcapitalismo”

Super-stipendi dei banchieri, Guzzi: “Distorsione del finanzcapitalismo”

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“Una piccola cerchia di manager guadagna in un giorno ciò che un loro dipendente non può guadagnare in tutta la vita”: l”economista Gabriele Guzzi, docente di Storia Economica all’Università degli Studi di Cassino, è netto, parlando con True-News, nel commentare i dati dei super-stipendi dei top manager bancari italiani. Secondo un’analisi de La Stampa essi andrebbero dai “soli” 975mila euro annui di Luigi Lovaglio, ad del Monte dei Paschi di Siena, ai 9,75 milioni di euro, bonus inclusi, di Andrea Orcel, che guida Unicredit, in testa per utili nella classifica delle banche italiane.

Gli stipendi dei manager in volo

La corsa degli stipendi dei top manager non è una questione d’attualità solo in campo finanziario. Vale anche per ogni altro settore: nelle società quotate in Occidente il vecchio rapporto che parlava, nella vulgata aziendale, di un differenziale massimo di 20 a 1 nel rapporto tra lo stipendio di un top manager e quello medio di un dipendente, è superato da tempo.

Etica Sgr ha riportato dati dell’Institute for Policy Studies secondo cui in Europa un Ceo di una società quotata guadagnerebbe in media 649 volte lo stipendio medio di un dipendente ogni anno. Accumulando, dunque, quello che tale dipendente guadagnerebbe, contando 40 anni di attività, in oltre sedici vite lavorative. Ancora più alto il rapporto in America, pari a 670 a 1.

Guzzi: “Divergenze abissali”

Guzzi, parlando con True News, sottolinea la sua visione: “Questa è chiaramente una distorsione del finanzcapitalismo neoliberale”. Guzzi ricorda come “la teoria mainstream ha cercato di spiegare questo divario con differenze nelle abilità e nella formazione, ma la verifica empirica ha mostrato che queste non sono in grado di spiegare per intero queste divergenze così abissali”.

Del resto, già il sociologo Luciano Gallino a inizio secolo studiava con attenzione il tema della disuguaglianza economica tra lavoratori e top manager in una fase che portava le dinamiche aziendali a “finanziarizzarsi”. Gli stipendi dei top manager bancari, in quest’ottica, rappresentano la situazione-tipo.

Il finanzcapitalismo e la lotta di classe al contrario

Del resto, come notava Gallino in Finanzcapitalismo, la finanziarizzazione ha “imposto ai dirigenti d’azienda il paradigma per cui il governo dell’impresa deve avere come scopo dominante la massimizzazione del valore a favore degli azionisti: il capitale va creato soprattutto facendo salire il corso delle azioni in borsa, infatti il corso quotidiano delle azioni, da cui dipende il valore di mercato dell’impresa è uno dei fattori ai quali gli investitori assegnano maggiore importanza assieme ai flussi di cassa dichiarati da una società”.

Warren Buffet una volta ha detto che c’era stata una lotta di classe, vinta dalla sua: gli esponenti dell’alta finanza. E anche per Guzzi “la verità è che negli ultimi trent’anni c’è stato uno spostamento di potere, una lotta di classe al contrario, che ha reso legittimi stipendi che fino a qualche decennio fa sarebbero stati inaccettabili”.