Le elezioni per rinnovare il Parlamento di Strasburgo sono sempre più vicine e chi vuole portare in Europa un’agenda fortemente ambiziosa per l’ampiamento delle strategie comunitarie sono, in particolare, i partiti del campo di Renew Europe. Tra i cui membri c’è anche Azione. Quale visione propone Azione, come membro del centro liberale ed europeista, per le sfide future dell’Unione? True-News ne discute con l’onorevole Giulia Pastorella, esponente del partito guidato da Carlo Calenda.
Azione si approccia alle Europee nel campo del gruppo di Renew Europe, che mira a essere il terzo gruppo alle prossime elezioni per Strasburgo. Con che obiettivi intendete collaborare all’agenda della vostra formazione?
Renew e al suo interno l’Alde, il partito liberale europeo di cui facciamo parte, dovranno essere i garanti dei valori liberali su cui si basano i trattati europei. Lo faremo attraendo verso “il centro” le forze moderate e riformiste che in questi anni sono sempre più sollecitate verso gli estremi. In particolare, l’emersione di forze sovraniste che chiedono maggior chiusura dei confini e la deglobalizzazione delle economie nazionali rappresenta un grosso pericolo; per questo ci faremo carico di ricordare ai cittadini che l’integrazione europea, che le sue regole e il suo mercato comune, ha avuto implicazioni positive sia nella qualità della vita che nella crescita economica del nostro continente. Azione intende proprio ribadire che l’appartenenza italiana all’Europa non è in discussione e lo farà riproponendo anche lo slogan elettorale che le è in qualche modo precursore, ovvero il Siamo Europei con cui Carlo Calenda lanciò la sua candidatura alle elezioni europee di 5 anni fa.
Per l’Europa si preannunciano sfide sistemiche d’alto profilo: il futuro del Green Deal, la rivoluzione tecnologica in particolare. In che modo ritenete possibile affrontarle?
Bisogna affrontare questi temi in maniera non ideologica. Gli obiettivi che l’UE si è data con il Fit For 55 sono purtroppo irrealistici, visto che per raggiungerli dovremmo ridurre le nostre emissioni di gas serra nei prossimi 7 anni a una velocità di 6 volte superiore a quella che abbiamo avuto dal 1990 ad oggi. Non significa che la strada intrapresa non sia quella corretta, ma che bisogna essere – appunto – pragmatici nello stabilire i propri obiettivi e nell’affrontare i problemi.
La necessità di pragmatismo è spesso ritenuta centrale per portare a compimento un’agenda europea su queste sfide…
Questo discorso vale per l’ambiente, per il quale è necessario sdoganare una volta per tutte il ruolo del nucleare come energia a zero emissioni, ma anche per il digitale, su cui pesa la crescente mole di nuovi regolamenti europei a tutela dei consumatori (Digital Service Act, Digital Markets Act, AI Act, Cyber Resilience act). È evidente che, non volendo rinunciare a obiettivi e tutele ambiziosi, dobbiamo fare leva sul nostro punto di forza, ovvero il fatto che siamo il più grande mercato del mondo, con circa 450 milioni di persone e il 20% del Pil globale. Per liberare tutto il nostro potenziale, mentre continua a fare quello che fa, l’Unione dovrà concentrarsi soprattutto sull’eliminazione delle barriere (normative, tecniche e quant’altro) tra i nostri Stati per facilitare la concorrenza e attrarre capitale e investimenti.
E per quanto riguarda le sfide geopolitiche e militari invece quale dovrebbe essere l’approccio?
Anche se questa cosa può far storcere il naso a molti europeisti duri e puri, il ruolo dell’Unione Europea all’interno della NATO non può essere messo in discussione; da soli non abbiamo le forze per affrontare le sfide e le minacce geopolitiche che abbiamo di fronte a noi. Ciò non toglie, tuttavia, che anche da questo punto di vista la partita vada giocata insieme. Coordinando le esigenze di tutti e mettendo a sistema l’industria militare continentale l’Unione sarà in grado di competere alla pari con i suoi principali avversari sul campo, penso su tutti alla Russia.
Ritenete la sfida del debito comune per finanziare la Difesa europea percorribile?
Se a tal fine serviranno risorse economiche aggiuntive da reperire tramite debito comune, sarà giusto valutarle. In fin dei conti quella militare è una sfida esistenziale al pari di quella ambientale (e qui è veramente superfluo sottolineare come altri usino le materie prime proprio come un’arma) e come tala va affrontata. Proprio per questo anche qui servono obiettivi ambiziosi, su tutti la nascita di una vera politica estera comune che possa essere precondizione per la creazione anche di un esercito unico europeo. Solo in questo modo, secondo me, saremo in grado anche di “disinnescare” le minacce di disimpegno americano, come quelle che puntualmente avanza Trump ogni volta che parla del ruolo degli USA all’interno dell’Alleanza Atlantica.
Il Partito Popolare Europeo ripropone, per affrontare queste sfide, Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione. Nel frattempo, le destre avanzano. Qual è il perimetro di confronto e negoziazione che come Azione e Renew Europe ritenete ideale in vista della costituzione della prossima maggioranza europea?
Una nuova “maggioranza Ursula” che tenga fuori gli estremi è l’obiettivo, che alla guida di questa maggioranza ci debba nuovamente essere von der Leyen – beh – questo è tutto da vedere. Anche se il bilancio di questa commissione è stato tutto sommato positivo, credo tuttavia che le aperture verso Meloni e i Conservatori a cui abbiamo assistiti in questi mesi siano stati un’operazione discutibile da parte di von der Leyen. Molto dipenderà dagli equilibri post-elettorali, comunque. Non nego che molti di noi sperano che la sfiducia inferta a Draghi quasi due anni fa sia stata il duro prezzo da pagare per vederlo un domani alla guida della Commissione o del Consiglio Europeo, come già si mormora in molti ambienti a Bruxelles. Sarebbe veramente una grande vittoria per l’Italia, nonché per chi ha sostenuto con convinzione il governo in passato.
In Italia Azione è stata spesso critica dell’agenda dei partiti della maggioranza in Europa: pensiamo al caso di Ilaria Salis o alle accuse alla Lega per i legami con la Russia. Come giudicate il ruolo dell’attuale esecutivo in Ue? Lo ritenete all’altezza delle sfide in arrivo?
A separarci dall’attuale esecutivo c’è la visione di fondo: noi siamo un partito europeista e liberaldemocratico. Pertanto, è evidente che su moltissime cose siamo veramente su posizioni molto distanti e non conciliabili. Ciò non significa che talvolta non si possano condividere alcune battaglie, come quella garantista o quella contro i Superbonus. Valutiamo proposta per proposta e per questo talvolta ci troviamo a prendere le distanze dal resto dell’opposizione: avere un grosso “nemico” in comune, non ci rende automaticamente i grandi “amici” con il Movimento 5 Stelle. Al Governo va riconosciuto di aver tenuto i conti in ordine più di quanto non abbiano fatto in passato i governi Conte. Questo è un aspetto che rinforza la posizione dell’Italia in Europa, è un fatto. D’altra parte, questo continuo scontro muscolare con tutti non aiuta e non rende più facili le negoziazioni, anzi ci isola. E lo si è visto già in molte occasioni: abbiamo perso l’assegnazione dell’Autorità europea per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, la presidenza della BEI, l’Expo di Roma.