di Gianmarco Serino
Si sta per concludere la settimana del design nel capoluogo meneghino e in occasione di una passeggiata in Brera, abbiamo incontrato Vittorio Feltri, lo storico direttore de “ilGiornale” e fondatore del quotidiano “Libero” (oggi diretto da Mario Sechi). Abbiamo scambiato con lui due chiacchiere e partendo dalla città di Milano, abbiamo parlato dell’evoluzione del giornalismo nel tempo e siamo arrivati a discutere dei vari scandali che hanno investito il nostro Paese ed il cosiddetto campo largo.
Abbiamo spaziato dal funerale di Berlusconi e la mancata partecipazione di Giuseppe Conte, sino alle violenze della Sapienza e al potenziale successore di Elly Schlein per la futura guida del Partito Democratico, In questi giorni si è scritto che tale figura potrebbe essere incarnata proprio da Beppe Sala. Inutile dire che Il Direttore non ci è sembrato molto convinto di questa ipotesi. L’intervista
Direttore, in questi giorni ha visitato qualche mostra della “Design Week” milanese?
Ma no, non me ne frega un cazzo. Mi invitano, ma io non vado. Non ho proprio voglia, poi muoversi a Milano è diventato un casino.
Qual è stato il suo primo impatto con la metropoli di Milano?
Non sono stato scioccato, devo dire, perché intanto io già lavoravo a “La Notte”, un quotidiano del pomeriggio diretto da Nino Nutrizio che aveva delle redazioni distaccate e io già vi lavoravo a Bergamo. Lì mi sono abituato alla mentalità milanese, che poi non è molto diversa da quella bergamasca. Poi Nutrizio mi ha fatto venire a Milano, evidentemente non gli dispiacevo. Quando sono arrivato qua, il primo giorno, ci fu la strage alla questura di via Fatebenefratelli e la sede de “La Notte” era in Piazza Cavour, quindi il mio esordio fu proprio su quell’evento. I fatti sono uguali dappertutto, ma dipende come li affronti. Quando sei molto colpito emotivamente e poi elabori questo tuo stato d’animo in un articolo, non è niente male. Non ho fatto brutta figura all’inizio e poi sono andato avanti per tre anni, poi mi hanno voluto al Corriere d’Informazione, ovvero l’edizione pomeridiana del Corriere della Sera. Lì mi sono trovato abbastanza bene, poi sono passato al Corriere della Sera, ma non ho avvertito cambiamenti particolari. Lavoravo. Certo, mi impegnavo molto, perché ce la volevo fare. Non avevo altri obiettivi. E ce l’ho fatta, perché poi al Corriere sono diventato capo del settore politico e poi inviato speciale. Ho girato non il mondo intero, ma mezzo mondo e posso dire di essermi fatto una bella esperienza. Il tutto sempre assistito da un santo, San Culo, che è fondamentale. Senza di quello non vai da nessuna parte. Quindi ringrazio da un lato un po’ me stesso, che mi son dato da fare, però soprattutto San Culo che mi ha aiutato in modo decisivo.
La sera attraverso i finestrini dei treni che lasciano la stazione di Cadorna, si vede ancora svettare all’orizzonte la gloriosa insegna de “La Notte”!
Certo, è proprio lei! Purtroppo, però, i giornali del pomeriggio chiusero. Con l’arrivo di queste diavolerie tecniche i dati della Borsa, che un tempo venivano pubblicati da “La Notte”, iniziarono a trovarsi scritti anche al di fuori delle banche. È cambiato il mondo e “La Notte” si è rivelato infine un quotidiano inutile.
Il giornalismo si è evoluto e insieme ad esso anche la natura di certi scandali. Lei che idea si è fatto sulla questione dei dossieraggi venduti al Domani?
È stata una fiammata che si è già spenta. Ne senti ancora parlare? Allora vuol dire che era una cazzata. A me possono fare tutte le indagini che vogliono, bancarie e non. Non ho mai fatto una scorrettezza e davanti a queste situazioni si spaventano solo quelli che hanno qualcosa da nascondere. Che facciano tutti i dossier che vogliono. A me, non me ne frega un cazzo.
Lei, che all’inizio della propria carriera giornalistica si è anche occupato di cronaca nera, che differenze e quali analogie trova tra la Milano noir descritta nei romanzi di Scerbanenco e quella di oggi, che arriva dopo il periodo della cosiddetta rinascita del periodo Moratti-Pisapia, e che nei dati pubblicati dalla Polizia vedono un’incremento del numero di aggressioni?
Sono convinto che le forme cambino, ma che la delinquenza giovanile ci sia sempre stata. Negli anni cinquanta c’erano i teppisti, da “teppa”, periferia. C’è un’evidente continuità in questo. Poi c’è stato il sessantotto, un casino pazzesco. Oggi ci sono queste baby gang, ma diciamo che il risultato è sempre la violenza. In passato era la stessa cosa. All’epoca certe organizzazioni poi son diventate tremende, come le Brigate Rosse. Queste cose nascono dalla violenza. Poi noi ci scandalizziamo e diciamo che “è una cosa mai vista”. Non è vero, è già successa. Non cambia mai niente, l’uomo è una merda, tale era e tale rimane.
Lei crede che gruppi come quelli coinvolti nelle violente proteste alla Sapienza possano rappresentare il principio di una nuova e confusa sinistra extra parlamentare, se così la si può definire?
Credo che quello politico in realtà sia un pretesto per fare casino. Ma il problema è il far casino, perché i giovani sono insoddisfatti, come gli anziani. La differenza, però, è che gli anziani si sono rassegnati, i giovani no e fanno casino, convinti di poter cambiare qualcosa, ma non cambia un cazzo! I cretini ci sono sempre stati e tutti i giovani lo sono, come lo sono stato anche io, chi più e chi meno. Chi meno, lavora. Chi più, fa casino.
Cambiamo argomento. Secondo lei, a distanza di quasi un anno, cosa è cambiato negli italiani dopo la morte di Berlusconi?
Non è cambiato niente. C’è il rimpianto da parte di molta gente, anche di chi non lo votava, ma che riconosceva in lui un fenomeno dell’umanità. Uno che comincia subito dopo l’università a lavorare e per prima cosa costruisce Milano Due, la città satellite più bella d’Europa, insomma non è esattamente un cretino. Poi ha creato Milano Tre e poi la televisione, quella privata, riuscendo a competere con la Rai. Poi con Doris ha messo su Banca Mediolanum, una delle migliori d’Europa. Poi si è buttato sullo sport, il calcio, e ha vinto tutto. Tutto quello che si poteva vincere l’ha vinto. Nessuno mai era riuscito a realizzare un’impresa del genere. Finito tutto questo comincia Mani Pulite e cosa fa Berlusconi? Nel giro di tre mesi mette in piedi un partito e vince le elezioni. Di fronte ad un uomo così lascia stare poi tutti i casini, la figa, che piace anche a me, anche se non mi ricordo più perché. C’è l’invidia. Quando uno è ricco viene invidiato e gli trovi qualsiasi difetto, anche una parentela con il Diavolo. Berlusconi ha inciso moltissimo, e adesso non c’è più.
In uno dei suoi libri racconta che Berlusconi la corteggiò a lungo per averla alla direzione de “ilGiornale”. Vespa l’altro ieri ha rivendicato di aver rifiutato due milioni di euro da Berlusconi per restare in Rai. Cosa avrebbe fatto al suo posto?
Ritengo il denaro l’elemento fondamentale che spinge l’uomo a lavorare. Non si lavora per la miseria. Poi è vero che i soldi non sono tutto e non danno la felicità, ma figuriamoci la miseria, dai. Non è che Vespa alla Rai guadagnasse lo stipendio di un manovale e inoltre era un po’ il padrone della Rai. Era l’uomo più rappresentivo lì dentro. Quindi fu questa la ragione, credo, più che il danaro, di cui ne aveva certamente abbastanza. Si è pure comprato una tenuta con cui fa il vino.
Tra l’altro, lei sapeva che Giuseppe Conte non andò ai funerali di Berlusconi non tanto per una decisione politica, quanto probabilmente per una logistica? Il giorno in cui morì il Cavaliere, Conte era ospite dell’Università Cattolica e probabilmente non potè organizzare la trasferta da Roma a Milano pochi giorni dopo, quando ebbe luogo il funerale.
Eh vabbè dai. Poi Conte è un furbetto. Un terrone svelto, e basta.
Lei nemmeno ci fu ai funerali, se non sbaglio
Io non vado mai ai funerali, neanche al mio. Sono andato a quello di mia madre perché l’ho dovuto pagare.
A proposito di Conte e Movimento Cinque Stelle, mi collego agli scandali di questi giorni che hanno investito il Partito Democratico sia a Bari che in Sicilia, mandando a farsi benedire il tanto agognato campo largo. Lei che ne pensa?
Non sono una novità. Sono già successe in passato, ricordiamoci di Mani Pulite. Succedeva di tutto in quel periodo. Questa volta quel che mi stupisce, più che altro, è la miseria sociale che accetta di vendere il voto per cinquanta euro. Questa è la dimostrazione di una difficoltà economica estrema che c’è al sud. Poi che uno decida di vendere il voto non mi scandalizza, perché tanto alla gente non gliene frega un cazzo, che non sa e vota così, a capocchia, e quindi che gliene frega. Mi amareggia che siano cinquanta euro invece di cinquantamila. È squallido e deprimente. Poi la malavita al sud è molto più radicata per motivi storici che è inutile ripetere, quindi è più facile che scoppino scandali di questo tipo da quelle parti. Non che al nord la gente sia più onesta, però ha forse meno la necessità di queste piccole furbate, perché un minimo garantito c’è per tutti. Certo, ci sono i clochard, ma sono un fenomeno marginale.
Di recente è stato diffuso un post sui social dal Partito Democratico in cui è ritratto lo storico Luciano Canfora, denunciato per diffamazione da Giorgia Meloni per averle dato della “neonazista”. Nella foto questi sta salendo le scale del Tribunale di Bari insieme al suo avvocato Michele Laforgia, peraltro candidato a sindaco della stessa città in quota Cinque Stelle. Nella foto Laforgia è stato ritratto con il volto tagliato fuori dall’inquadratura. Prova della netta presa di distanza di Conte dal Pd a Bari e del livore seguito nel Nazareno. Che ne pensa? È d’accordo con la denuncia per diffamazione a Canfora?
Il Partito Democratico non ha niente di meglio da fare evidentemente. Io comunque sono contrario alle denunce di questo tipo, perché altrimenti non si finisce più, però ritengo che Canfora si sia comportato da vecchio stolto comunista. La Meloni ha quarantasette anni, non l’ha neanche visto di sfuggita il fascismo e non ha idea di cosa sia. Mi sembrano tutte formule offensive fatte per denigrare gli avversari. Non mi stupisce, però da un uomo come Canfora, che è vecchio, un minimo di stile in più l’avrei gradito.
Dopo la gestione del PD targata Schlein, secondo lei chi potrebbe essere papabile come nuova guida? In questi giorni si è scritto che Beppe Sala potrebbe essere la figura più plausibile. Lei che ne pensa?
Sala è un coglione. Ha dimostrato di essere un ciclista. Un maniaco del pedale. Potrebbe organizzare il giro d’Italia, non di più. Milano è piena di buche, di casini, lui non fa un cazzo. Pensa solo alle piste ciclabili, che hanno rovinato il traffico. Adesso è un casino girare a Milano. Lo era anche prima, ma ora siamo al diapason.