“Sì… può… fare!!!” esclamava trionfante il dottor Frankenstein di Gene Wilder nella pellicola cult di Mel Brooks del 1974. Cinquanta anni dopo ad esultare è Elon Musk. Che con un post sul suo X ha annunciato: “I primi cento giorni di impianto su un uomo di Neuralink sono un successo”. Ma se Frankenstein junior è fiction, Neuralink è concretissima realtà. Che, nel superamento dei confini naturali dell’umano, spalanca a scenari futuri sino ad oggi appannaggio della fantascienza.
Neuralink, la nuova vita del paziente zero Noland Arbaugh
Protagonista non è l’eccentrico e visionario imprenditore, ma Noland Arbaugh. Ventinovenne rimasto paralizzato otto anni fa dalle spalle in giù per un incidente subacqueo. Ed offertosi volontario per testare Neuralink. Una interfaccia cervello-computer delle dimensioni di cinque monete impilate che gli è stata installata nel cranio. E che ora gli consente attraverso lo sguardo di attivare un cursore tramite il quale il giovane riesce a svolgere un numero crescente di task e attività. Arbaugh ha affermato di aver potuto giocare a scacchi e a qualche videogame come Civilization. Ma ha anche preso lezioni di giapponese e francese.
Il paziente zero ha spiegato: “Mi permette di vivere secondo i miei tempi, senza bisogno di avere qualcuno che mi aiuti. Avere il chip è come un sovraccarico, un overload di lusso che mi ha permesso di fare alcune attività che non praticavo da 8 anni. La cosa più comoda è che posso sdraiarmi nel mio letto e usarlo. Il chip mi ha aiutato a riconnettermi con il mondo, coi miei amici e la mia famiglia. Mi ha dato la possibilità di fare di nuovo le cose da solo, senza bisogno degli altri a tutte le ore del giorno e della notte”.
Neuralink, così sono state superate le difficoltà iniziali
L’ambizione di Musk va ad ogni modo persino oltre questi già di per sè notevoli risultati. L’obiettivo è potenziare le capacità umane, ma anche curare disturbi neurologici come la Sla o il Parkinson sino a giungere ad una complessa ed approfondita relazione simbiotica tra uomo e intelligenza artificiale. Siamo ai primi passi di una svolta epocale. E come tutti gli inizi, si tratta di passi incerti. In questi cento giorni infatti non poche sono state le criticità.
“Nelle settimane successive all’intervento – hanno raccontato gli esperti di Neuralink – Alcuni fili” del chip “si sono ritirati dal cervello, determinando una netta diminuzione del numero di elettrodi efficaci. Ciò ha portato a una riduzione dei valori di bit al secondo (Bps)”, l’unità di misura con cui sono state valutate le performance dell’impianto. In risposta a questo cambiamento abbiamo modificato l’algoritmo di registrazione per renderlo più sensibile ai segnali della popolazione neurale, migliorato le tecniche per tradurre questi segnali in movimenti del cursore e migliorato l’interfaccia utente”. Così le prestazioni di Arbough sono tornate a crescere. Ed il paziente zero sta utilizzando l’impianto per un totale di 69 ore settimanali. Stabilendo nuovi record per il controllo del cursore. Come da record è il tweet di Elon Musk, che ha superato i 73 milioni di views.