Perché questo articolo potrebbe interessarti? Matteo Salvini ha oramai scaricato Luca Zaia: “Rinunciamo al terzo mandato, nessuno lo vuole e abbiamo già dieci nomi in lizza per la Regione Veneto” ha dichiarato il segretario del Carroccio. Il quale, blindata la candidatura di Vannacci, ora parte al contrattacco proprio con Zaia nel mirino.
Morire per Zaia? No, grazie. Si può riassumere forse così l’ultimo passaggio che il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha dedicato alla questione delle future regionali in Veneto. Questione, va da sé, non di poco conto. Fino a poche settimane fa, il Carroccio ha infatti premuto per estendere il limite dei mandati ai presidenti di regione e questo proprio per permettere nel 2025 una ricandidatura di Zaia, in carica dal 2010.
“Salvini non era tanto preoccupato per l’attuale governatore – ha riferito una fonte interna alla Lega su True-news.it – quanto invece per la possibilità che Fratelli d’Italia potesse scalzare il partito dal Veneto”. Forse adesso, da parte di Giorgia Meloni e degli alleati, il leader leghista ha avuto rassicurazioni. E dunque non è un caso se nelle scorse ore è stato lo stesso Salvini a chiudere la questione sul prolungamento dei mandati e a dare, di fatto, il benservito a Zaia: “Abbiamo già una lista di dieci nomi da candidare”, ha detto intervenendo a Treviso durante l’adunata degli Alpini.
Le parole di Salvini
“Il terzo mandato che continuo a ritenere sia una cosa intelligente sia per i sindaci che per i governatori bravi, l’abbiamo proposto e votato solo noi della Lega, ma l’hanno bocciato tutti”. È con queste parole che Salvini si è espresso dal palco di Treviso. Nelle frasi ad emergere è una sorta di rassegnazione: nessuno vuole il terzo mandato e nessuno, nemmeno tra gli alleati, vuole seriamente mettere mano alla questione.
“Cosa devo fare – ha infatti proseguito Salvini – continuare a fare la stessa proposta e votarmela da solo? Per il dopo Zaia ho già pronti dieci nomi”. Il Carroccio, in poche parole, secondo Salvini ha fatto la sua parte e ha realmente provato a blindare le regioni a trazione leghista. Nessuno però lo ha seguito. E allora l’attuale vice presidente del consiglio non può far altro che spallucce.
Non proseguirà cioè una battaglia volta a garantire il posto all’attuale governatore. Nell’alzare bandiera bianca però, Salvini non è apparso poi così scontento: più che farsene una ragione, il segretario della Lega sembra aver colto la palla al balzo per lasciare intendere ciò che già da tempo appare già ben noto ai più: tra lui e Zaia non corre più oramai buon sangue.
Un duello con vista sulle europee
Il motivo del gelo tra i due è ben evidente: il governatore veneto ha pubblicamente preso le distanze dalla candidatura di Vannacci. Si è così messo alla testa di una corrente interna al partito definita come “la Lega dei territori” o “delle origini”. Una fazione che vorrebbe archiviare non tanto Salvini in sé, quanto la stagione da lui rappresentata in cui il Carroccio si è trasformato in una formazione della destra sovranista e lontana dalle inquietudini del nord.
Eppure, è proprio il “fattore Vannacci” ad aver probabilmente spinto Salvini a pronunciare quelle parole da Treviso. Frasi con le quali il segretario ha voluto rompere l’assedio e passare al contrattacco: consapevole di avere i fari puntati addosso e di rischiare il posto da leader in caso di scarso risultato alle europee, adesso il vice premier appare deciso a ribadire la sua linea.
L’impressione, come confermato dai rumors provenienti da ambienti leghisti, è che Salvini con Vannacci in campo si senta più al sicuro. La discesa in campo del generale infatti, secondo diversi sondaggisti, potrebbe garantire alla Lega quasi due punti percentuali in più e quindi il mantenimento del secondo posto nel centrodestra a scapito di Forza Italia.
Ci sarebbero cioè i numeri per salvare la testa e mettere all’angolo chi già scalpita per il post salvinismo. A partire dallo stesso Zaia, indicato non solo come uno dei più ostili all’attuale linea del Carroccio, ma anche come uno dei papabili candidati a guidare una Lega in grado di ritornare sui territori.
Quali sono i nomi che Salvini pensa per il Veneto?
La domanda che in molti, da Venezia a Milano passando per Roma, si fanno è se realmente Salvini abbia in tasca una rosa di papabili candidati per il Veneto. Oppure se, al contrario, la sua è stata solo una boutade lanciata per provocare l’amico/avversario governatore. Il segretario leghista ha anche aggiunto alcuni dettagli, parlando di una donna papabile compresa all’interno delle dieci personalità individuate, ma non ha fatto nomi.
C’è da dire, come emerso da ambienti leghisti, che anche in situazioni normali e in assenza di duelli interni al partito è molto difficile veder emergere nomi in questa fase: “Manca un anno al voto e forse due perché si parla di un rinvio al 2026 delle regionali per via della concomitanza delle Olimpiadi di Cortina – ha spiegato una fonte del carroccio – fare nomi oggi vuol dire bruciare le eventuali candidature”.
Tuttavia, tra i meandri delle sezioni venete della Lega, qualcosa è uscito fuori. Diversi quotidiani locali hanno rilanciato primi nominativi. A partire, ad esempio, dall’attuale sindaco di Treviso, Mario Conte. Del resto Treviso è, tra le altre cose, la città di origine di Zaia: si tratterebbe, a voler pensare male, dello sgarbo perfetto.
Potrebbe anche esserci una soluzione interna alla Regione Veneto, candidando come presidente l’attuale numero uno del consiglio regionale, Roberto Ciambetti. C’è poi la figura del segretario veneto del Carroccio, Alberto Villanova, e l’attuale sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy, Massimo Bitonci. Il nome femminile in lizza invece, sarebbe quello di Erika Stefani, ministro per le autonomie nel governo Conte I.
Nessuno ha confermato e tutte le voci emerse sono state derubricate da molti dirigenti locali al rango di fantapolitica. Qualcosa però si sta muovendo. La sfida interna alla Lega sta facendo scaldare i motori a tutte le anime del partito e nessuno, conti e date alla mano, vuole farsi cogliere impreparato.