Perchè leggere questo articolo? Le nuove norme del dicastero per la dottrina della fede sui fenomeni soprannaturali. Ma se fossero esistite nel 1991, forse oggi non sapremmo di Medjugorje…
(di Sallustio Santori)
Basta così. D’ora in poi sarà solo il Papa a decidere se un’apparizione è soprannaturale o no: i vescovi dovranno tacere e, al massimo, guidare i fedeli nel discernimento informandone il Dicastero per la Dottrina della Fede, ossia l’ex Sant’Uffizio, che dirà loro che cosa dire ai fedeli e come orientarli dopo aver valutato l’inchiesta diocesana. Con un giro di vite ed un apposito “apparitometro”, sei definizioni per valutare un presunto fenomeno soprannaturale ma senza pronunciarsi in merito, la Santa Sede ha deciso di chiarire e superare le norme che nel 1978 Paolo VI, oggi Santo, aveva varato in materia. Sparisce quindi la vecchia tripartizione tra constat, constat de non e non constat de supernaturalitate (che potremmo tradurre con: è un’apparizione, non sappiamo se lo sia, non è un’apparizione) e arriva una procedura molto precisa.
Fenomeni soprannaturali: le norme in vigore da Pentecoste
Le Norme del Dicastero per la Dottrina della Fede per procedere nel discernimento di presunti fenomeni soprannaturali, che potete consultare QUI, sono state approvate dal Papa il 4 maggio scorso e sono entrate in vigore domenica 19, giorno di Pentecoste: e sono – va detto – molto prudenti e attente, ma anche centralizzanti. D’ora in poi sarà Roma a decidere del soprannaturale, non il vescovo diocesano: un po’ un controsenso rispetto, invece, alle cause di nullità matrimoniale per le quali Papa Francesco aveva sottolineato e rimesso al centro il ruolo del vescovo diocesano come primo giudice chiamato a valutare nella sua diocesi la validità o meno di un matrimonio. Ma è anche vero che le vecchie norme partivano da un presupposto che lasciava i vescovi sostanzialmente scoperti: intanto erano loro a valutare la veridicità di un’apparizione o fenomeno soprannaturale, ma il problema era capire che cosa fare nel frattempo.
Apparizioni: che cosa dice il Catechismo
Spieghiamo meglio: da sempre la Chiesa si esprime sulla soprannaturalità di un fenomeno quando esso è concluso. È allora che decide, una volta per tutte, sulla sua validità o meno. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 67, spiega peraltro che queste apparizioni, chiamate rivelazioni private, non richiedono obbligo di fede. Siete liberi insomma di credere o meno persino alle apparizioni di Lourdes, per capirci: se volete essere buoni cattolici però dovete credere alla Rivelazione pubblica, cioè tutto quello che Gesù Cristo ha compiuto con la sua predicazione, Passione, Morte e Resurrezione secondo quanto narrano i Vangeli. Le rivelazioni private servono solo a dare un chiarimento o aiutare a comprendere meglio la Rivelazione con la R maiuscola, ma in ogni caso – Catechismo alla mano – non possono smentire o superare gli insegnamenti di Cristo. Facciamo un esempio banale: se un tale venisse da voi a dire che stanotte gli è apparso Sant’Antonio da Padova e gli ha detto che Gesù non è mai risorto, allora è ovviamente un’apparizione falsa. E come tale non merita attenzione, figuriamoci fede.
La procedura: il vescovo è tenuto a vigilare
A questo punto guardiamo alla procedura: posto che il vescovo non deve rilasciare dichiarazioni sulla soprannaturalità o meno (pensate a quello che è successo a Medjugorje in questi anni), è tenuto a vigilare. Deve svolgere un’accurata indagine canonica (§2) e “contenere manifestazioni religiose confuse, o la divulgazione di eventuali materiali attinenti al presunto fenomeno soprannaturale”. Pensate per esempio a quanto è successo a Trevignano Romano di recente. Terminata l’inchiesta, il vescovo trasmette gli atti – con la sua valutazione – al Dicastero per la Dottrina della Fede, che poi affida tutto alla decisione del Papa.
L’apparitometro: sei gradi per decidere
Con questa riforma si passa quindi a nuovi criteri di valutazione. Di soprannaturalità si parla solo in un caso, quando l’inchiesta decide per la non supernaturalitate, cioè se in primo grado, a livello diocesano, la commissione (che dev’essere costituita da un canonista, un teologo e un perito scelto in base alla natura del fenomeno, art. 8 §1), fornisce al vescovo elementi tali da esprimere questa valutazione e se Roma lo autorizza ad esprimersi in questi termini. Ecco allora i sei gradi di valutazione che il vescovo deve applicare e segnalare al Dicastero, il quale poi gli dirà come esprimersi pubblicamente sempre secondo questa scala. Tenuto presente che Roma potrà intervenire anche d’ufficio quando vorrà (art. 26):
- Nihil obstat — Anche se non si esprime alcuna certezza sull’autenticità soprannaturale del fenomeno, si riconoscono molti segni di un’azione dello Spirito Santo “in mezzo” a una data esperienza spirituale, e non sono stati rilevati, almeno fino a quel momento, aspetti particolarmente critici o rischiosi. Per questa ragione si incoraggia il Vescovo diocesano ad apprezzare il valore pastorale e a promuovere pure la diffusione di questa proposta spirituale, anche mediante eventuali pellegrinaggi a un luogo sacro.
- Prae oculis habeatur — Sebbene si riconoscano importanti segni positivi, si avvertono altresì alcuni elementi di confusione o possibili rischi che richiedono un attento discernimento e dialogo con i destinatari di una data esperienza spirituale da parte del Vescovo diocesano. Se ci fossero degli scritti o dei messaggi, potrebbe essere necessaria una chiarificazione dottrinale.
- Curatur — Si rilevano diversi o significativi elementi critici, ma allo stesso tempo c’è già un’ampia diffusione del fenomeno e una presenza di frutti spirituali ad esso collegati e verificabili. Si sconsiglia al riguardo un divieto che potrebbe turbare il Popolo di Dio. Ad ogni modo, il Vescovo diocesano è sollecitato a non incoraggiare questo fenomeno, a cercare espressioni alternative di devozione ed eventualmente a riorientarne il profilo spirituale e pastorale.
- Sub mandato — Le criticità rilevate non sono legate al fenomeno in sé, ricco di elementi positivi, ma a una persona, a una famiglia o a un gruppo di persone che ne fanno un uso improprio. Si utilizza un’esperienza spirituale per un particolare ed indebito vantaggio economico, commettendo atti immorali o svolgendo un’attività pastorale parallela a quella già presente nel territorio ecclesiastico, senza accettare le indicazioni del Vescovo diocesano. In questo caso, la guida pastorale del luogo specifico in cui si verifica il fenomeno è affidata o al Vescovo diocesano o a un’altra persona delegata dalla Santa Sede, la quale, quando non sia in grado di intervenire direttamente, cercherà di raggiungere un accordo ragionevole.
- Prohibetur et obstruatur — Pur in presenza di legittime istanze e di alcuni elementi positivi, le criticità e i rischi appaiono gravi. Perciò, per evitare ulteriori confusioni o addirittura scandali che potrebbero intaccare la fede dei semplici, il Dicastero chiede al Vescovo diocesano di dichiarare pubblicamente che l’adesione a questo fenomeno non è consentita e di offrire contemporaneamente una catechesi che possa aiutare a comprendere le ragioni della decisione e a riorientare le legittime preoccupazioni spirituali di quella parte del Popolo di Dio.
- Declaratio de non supernaturalitate — In questo caso il Vescovo diocesano è autorizzato dal Dicastero a dichiarare che il fenomeno è riconosciuto come non soprannaturale. Questa decisione si deve basare su fatti ed evidenze concreti e provati. Ad esempio, quando un presunto veggente dichiara di aver mentito, o quando testimoni credibili forniscono elementi di giudizio che permettono di scoprire la falsificazione del fenomeno, l’intenzione errata o la mitomania.
Da notare che le norme parlano di “fino a quel momento”, per cui se un fenomeno è in divenire questo lascia supporre che la vigilanza da parte del vescovo dev’essere continua, ovviamente fino alla sua conclusione. E soprattutto il vescovo (art. 12) è chiamato a stroncare eventuali deviazioni sul nascere, per evitare – mentre i fenomeni si verificano – “di evitare manifestazioni incontrollate o dubbiose di devozione o l’attivazione di un culto fondato su elementi non ancora definiti”. Cioè: se queste norme fossero state in vigore nel 1981, probabilmente di Medjugorje non si sarebbe parlato per un bel pezzo, e men che meno dei suoi veggenti.
Gente per bene e gente per male
Accanto a questi criteri ci sono altri criteri di valutazione delle persone coinvolte nell’apparizione. I veggenti devono essere di buona fama, dotati di: “equilibrio psichico, onestà e rettitudine nella vita morale, sincerità, umiltà e docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica, disponibilità a collaborare con essa, promozione di uno spirito di autentica comunione ecclesiale”. Accanto a questo si valuta la fede, e dunque: “L’ortodossia dottrinale del fenomeno e dell’eventuale messaggio ad esso connesso”, segue: “Il carattere imprevedibile del fenomeno da cui appare chiaramente che non sia frutto dell’iniziativa delle persone coinvolte” e infine: “I frutti di vita cristiana. Tra di essi si verifichi l’esistenza di uno spirito di preghiera, conversioni, vocazioni sacerdotali e alla vita religiosa, testimonianze di carità, nonché una sana devozione e frutti spirituali abbondanti e costanti. Si valuti il contributo di tali frutti alla crescita della comunione ecclesiale”.
Discorso diverso nel caso in cui ci siano elementi ostativi. Eccoli: un errore manifesto sul fatto; errori dottrinali (a meno che il veggente non abbia preso fischi per fiaschi); spirito settario; ricerca evidente: “di lucro, potere, fama, notorietà sociale, interesse personale collegata strettamente al fatto”; atti gravemente immorali compiuti nel momento o in occasione del fatto dal soggetto o dai suoi seguaci; alterazioni psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che possano aver esercitato un’influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva o altri elementi riconducibili a un orizzonte patologico. Soprattutto: “È da considerarsi di particolare gravità morale l’uso di esperienze soprannaturali asserite o di elementi mistici riconosciuti come mezzo o pretesto per esercitare un dominio sulle persone o compiere degli abusi”.
Possiamo dirlo? Era ora che si mettesse chiarezza.