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I massacri di civili delle “guerre giuste” prima di Rafah

I massacri di civili delle "guerre giuste" prima di Rafah

Perché leggere questo articolo? Le guerre moderne sono sempre meno civili, anche quelle cosiddette giuste. Falluja My Lai e gli altri massacri di civili prima di Rafah.

Dai tempi delle Crociate ci si interroga sul termine “guerra giusta”, quello che è certo è che negli ultimi anni le guerre non sono mai “civili”. Quello di Rafah è solo l’ultimo massacro di civili in operazioni militari, solamente in teoria, giuste. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l’attacco in cui sono morti al momento 45 palestinesi – il peggior bilancio dal 7 ottobre – un “tragico incidente”. E’ solo l’ultimo di una serie di “operazioni mirate”, “attacchi chirurgici” con “bombe intelligenti” in cui alla fine muoiono innocenti. Sabra e Shatila, Falluja, l’ospedale di Kunduz e My Lai sono solo alcuni dei massacri di civili che hanno preceduto quello di Rafah.

Il peggior massacro di civili palestinesi prima di Rafah

Non è il primo massacro di civili palestinesi, né della guerra scoppiata il 7 ottobre, né tantomeno della storia. Il più grave in termini numerici non è però stato compiuto da soldati israeliani. Almeno non direttamente. Il 16 settembre 1982, nel pieno della guerra civile libanese, le falangi cristiano maronite entrarono nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila. In due giorni uccisero un numero imprecisato di persone. Si è stimato un massacro compreso tra i 760 e le 3500 civili.

Perché tutti quei palestinesi morirono in Libano? Fino al 1975 il Paese dei cedri era il più ricco e moderno di tutto il Medio Oriente, poi scoppiò la guerra civile che sarebbe durata fino al 1990. Dal 1948 in Libano erano ospitati oltre 300mila profughi palestinesi, insieme col quartier generale dell’Olp di Arafat e molti fedayn. Nel 1982 l’esercito israeliano invase il Libano e circondò i campi profughi palestinesi. Pur non avendo responsabilità dirette nel massacro dei civili – operate dalle Falangi cristiano maronite libanesi – a Sabra e Shatila l’esercito israeliano non mosse un dito.

Nel dicembre del 1982, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite condannò il massacro, definendolo «un atto di genocidio». Una commissione indipendente confermò le violazioni del diritto internazionale portate avanti da Israele in Libano, mentre la commissione istituita dal governo israeliano indicò come diretti responsabili del massacro i miliziani delle Falangi e come indirettamente responsabili i rappresentanti israeliani coinvolti.

Kunduz, Falluja e Belgrado: gli orrori delle guerre giuste

Le guerre al terrorismo dopo l’11 settembre 2001 non sono state civili. La lotta ai talebani (poi ritornati al potere) tra Afghanistan e Pakistan ha causato quasi 100mila vittime tra la popolazione inerme. In Iraq le due Guerre del Golfo (nel 1990-91 e tra il 2003 e il 2012) hanno causato oltre 600mila morti civili secondo una ricerca di The Lancet.

In più di un decennio di war on terror sono stati innumerevoli i massacri di civili ad opera delle truppe americane, inglesi e Nato. Scene atroci e il più possibile occultate dalla propaganda. Come nel caso di Falluja, la città irachena che nel corso di due battaglie conobbe il massacro di oltre 1500 civili, anche per via dell’utilizzo di bombe al fosforo americane. O il “tragico incidente” dell’ospedale di Kunduz, in Afghanistan, distrutto da un bombardamento americano nel 2015 che causò 42 vittime. Le bombe non sono mai intelligenti. Lo dimostrano gli oltre 2500 civili serbi uccisi dai raid aereo Nato nel 1999. Un massacro di civili che non giustifica una “guerra giusta”.

My Lai: il massacro di civili che cambiò la guerra del Vietnam

Il 16 marzo 1968, a quasi otto anni dall’avvio dell’intervento americano nella guerra del Vietnam, My Lai entrò tragicamente nella storia. Nel villaggio a circa 800 km a nord di Saigon si consumò un massacro di civili inermi. In poche ore centinaia di anziani, donne e bambini vennero fucilati da una compagnia di soldati americani. L’episodio venne insabbiato per mesi dagli alti comandi dell’esercito statunitense. Venne poi alla luce grazie all’opera di un soldato e di un giornalista. Quel massacro cambiò definitivamente la guerra del Vietnam.