Donald Trump batte cassa agli esponenti dell’impresa e dell’alta finanza Usa. Il motivo? Ritiene troppo poco generose le donazioni arrivate finora per la sua campagna da manager, finanzieri, Ceo e donatori di peso. Specie di quelli dei settori più amici, dall’industria manifatturiera all’energia, del Partito Repubblicano.
Le mosse di Trump per difendere la sua riforma fiscale
The Donald lo ricorda a ogni evento: Trump is good for business. La sua amministrazione si vorrà, in caso di rivincita a novembre alle presidenziali contro Joe Biden, concentrare sulla crescita dell’economia partendo dalla conferma del maggior piano promosso da Trump durante il quadriennio 2017-2021. Stiamo parlando della riforma fiscale promossa nel 2017.
“La maggior parte degli americani ha pagato imposte sul reddito più basse dal 2018 – e migliaia di miliardi di agevolazioni fiscali svaniranno l’anno prossimo senza un’azione da parte del Congresso”, nota la Cnbc. Che aggiunge parlando del fatto che “il Tax Cuts and Jobs Act del 2017, o TCJA, ha temporaneamente modificato diverse disposizioni chiave per i singoli contribuenti. Una battaglia su queste scadenze si profila nel contesto del deficit del bilancio federale“.
Una sfida centrata sull’economia
La battaglia sull’economia e le tasse è centrale nella corsa alla Casa Bianca. Trump vuole confermare il taglio alle tasse, che scade nel 2025, a costo di ridurre di 3,4 trilioni di dollari le entrate del bilancio federale nel prossimo decennio. Biden intende invece alzare le tasse alla fascia più ricca della popolazione, alzando l’aliquota marginale e portando al 25% l’idea di una tassa ad hoc sui patrimoni dei plurimiliardari. Di conseguenza, Trump ha iniziato a far pressioni sui suoi donatori: chiede a chi dona un milione di dollari di arrivare a 25 milioni se vuole conquistarsi l’opportunità di un vis a vis con lui a pranzo. A chi era stato più generoso nel 2016 e nel 2020 chiede di arrivare a 50.
“Trump a volte fa richieste più alte di quanto il suo team si aspetta di ricevere, a volte sorprendendo i suoi stessi consiglieri perché chiede così tanti soldi”, ha fatto notare il Washington Post. Aggiungendo che 2vincolando spesso le richieste di raccolta fondi a promesse di tagli fiscali, approvazioni di progetti infrastrutturali petroliferi e altre politiche favorevoli e chiedendo somme superiori a quelle che la sua campagna e il Partito Repubblicano possono legalmente accettare da un individuo, Trump sta anche testando i limiti del finanziamento della campagna federali“. Ai top dell’economia Usa Trump chiede un investimento: un finanziamento alla campagna elettorale, e al pagamento dei numerosi processi dell’ex presidente, come investimento per aver un domani nuovi, colossali tagli fiscali.
Trump a tutto campo
Trump ha proposto ai top manager dell’industria petrolifera di devolvere 1 miliardo di dollari per sostenerlo contro Biden, paventando loro i rischi di un’agenda ecologista e ambientalista. Le testate Usa si chiedono come Trump possa ottenere questi soldi senza passare dai Political Action Committee, i Pac su cui si basa la raccolta fondi elettorale, senza violare le leggi federali.
Di recente, diversi esponenti del mondo della finanza Usa hanno anche fatto pubblicamente sentire il loro appoggio a The Donald, tra cui il Ceo di Blackstone Steve Schwarzmann, tra i più in vista tra i membri del gotha di Wall Street. Una svolta rispetto al passato, quando erano i piccoli donatori a far la differenza nella campagna di Trump, che si è retoricamente posto in contrapposizione a un’élite di cui ha sempre fatto parte. E che intende coccolare contro le politiche di Biden, pronto a voler lanciare proposte per alzare di 5,4 trilioni di dollari le entrate federali dal sistema fiscale. Sulla cui possibilità Trump avverte i miliardari. Chiedendo loro una “chip” per poter, in futuro, preservare i vantaggi della riforma.