Perché leggere questo articolo? Quasi il 10 per cento degli italiani vive in comuni che l’Istat considera fragili. Il report fotografa uno Stivale che da verde si colora di rosso scendendo verso Sud. Ma la situazione nel Mezzogiorno migliora rispetto a tre anni fa. Un report da leggere in vista dell’Autonomia.
In Italia 1300 comuni sugli 8mila totali sono considerati fragili. Istat ha anticipato i risultati del Rapporto annuale che indicano l’Indice di fragilità comunale. Come riporta il Sole 24 ore, i risultati completi verranno presentati il prossimo 10 luglio a Roma, nel frattempo però emergono dei primi dati. E sono decisamente preoccupanti. Quasi il 10 per cento della popolazione italiana vive in un comune fragile, situazione che accomuna oltre il 16 per cento delle città del nostro Paese.
I 1300 comuni fragili dello Stivale
Sono 1.300 i comuni a fragilità elevata, pari al 16,1% del totale. In questi comuni vivono circa cinque milioni di persone (l’8,7% della popolazione italiana). L’indice fotografa su base comunale 12 parametri. Dall’occupazione, al livello di istruzione, passando per il saldo migratorio, il rischio frane, il consumo di suolo e il tasso di motorizzazione. A rendere fragili i comuni contribuiscono fattori di rischio che possono essere determinati da geografia e suolo, ma anche infrastrutture, capitale umano e fattori economici.
Istat ha evidenziato dieci classi di fragilità, evidenziando così le dinamiche territoriali più rilevanti. Il nuovo Indice di Fragilità Comunale (Ifc) si riferisce a dati del 2021, mettendo in evidenza tendenze consolidata. In Italia persiste un netto divario tra Nord e Sud anche per quanto riguarda i comuni fragili. Nel Mezzogiorno ricadono il 40,2% dei comuni e il 24,4% della popolazione nelle due classi più a rischio. I valori più critici si rilevano in Calabria (63,9%) e Sicilia (55,9%). Risalendo lo Stivale, si incontrano territori fragili anche in Lazio (19,6%) e in Valle d’Aosta (21,6%), quest’ultima con un’elevata percentuale di comuni fragili perchè a rischio frana.
Le fragilità del Nord
La mappa dei comuni fragili dipinge uno Stivale che da verde diventa sempre più rosso man mano che si scende la Penisola. Anche le regioni del Nord Italia, però, presentano le proprie fragilità. Si concentrano maggiormente in zone periferiche, interne o meno servite. La dorsale appenninica o le zone montane hanno elevati indicatori di fragilità, dovuta soprattutto all’assenza di servizi come suole e ospedali.
Rispetto all’andamento del precedente report – datato 2018 – si registra un miglioramento generalizzato, anche se il divario Nord-Sud resta ampio. In tre anni, la percentuale di comuni fragili è nettamente calata nel Mezzogiorno (-3,9% dei comuni e -2,9% della popolazione in zone ad alta fragilità). L’indice mostra un amento solo in Abruzzo, mentre cala del 10% in Sicilia, Puglia e Basilicata. Lo stesso trend invece non si rileva al Centro Nord, dove l’indice di comuni fragile resta pressoché identico.
I comuni fragili sono anche quelli più poveri
La direttrice del Dipartimento per la produzione statistica di Istat, Monica Pratesi, intervistata da Michela Finizio de Il Sole 24 evidenzia come la mappa delle fragilità si possa sovrapporre a quella dei redditi. “Il reddito è certamente un fattore di protezione. Con un reddito più elevato ad esempio è più facile rialzarsi, anche da situazioni critiche dovute a fattori climatici”. L’analisi dell’indice rappresenta un valido strumento per le politiche sul territorio. “Da un lato – racconta Pratesi – si possono dimensionare gli interventi in base alle fragilità esistenti, dall’altro la serie storica mette in luce come questi interventi abbiano o meno cambiato i profili di fragilità. In un’ottica di autonomia differenziata, questi dati già mettono in luce molti squilibri“.