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Euro 2024: quando il calcio alimenta le tensioni nazionaliste

Euro 2024: Demiral

Perchè leggere questo articolo? Il calcio è carburante per i nazionalismi. La conferma da Euro 2024, con diversi episodi controversi. Dal gesto dei Lupi Grigi del turco Demiral alle tensioni anti-serbe. Cosa prevede il regolamento Uefa

Il difensore turco Merih Demiral, delle prescrizioni delle istituzioni del calcio in merito al divieto di veicolare messaggi politici o provocatori, in carriera ha più volte dimostrato sostanzialmente di infischiarsene. Dal sostegno manifesto all’offensiva militare turca nel nord della Siria (2019) al gesto associato ai  Lupi Grigi, il gruppo ultranazionalista ed estremista turco Ulku Ocaklari, mimato in eurovisione per festeggiare le reti contro l’Austria a Euro 2024, si è sempre fatto beffe di una regola di condotta che, in fondo, non gli ha portato mai grandi problemi a livello di sanzioni. Fingendo poi sempre di ignorare o quasi il portato simbolico dei suoi gesti.

Euro 2024, il turco Demiral che inneggia ai Lupi Grigi contro l’Austria

Ma inneggiare ai Lupi Grigi, in Germania (sede dell’Europeo) e peraltro contro l’Austria (dove il gruppo estremista è bandito), non è come farlo in Turchia. E così l’Uefa si è trovata nella condizione di dover squalificare il calciatore per due partite, da un lato tirata per da giacchetta dalle federazioni che hanno visto nel gesto di Demiral una chiara provocazione dell’estremismo nazionalista di destra. Dall’altro criticata dalla Turchia – non solo dalla federcalcio turca, peraltro grande sponsor e sodale di Ceferin, ma anche dal presidente Erdogan – per una sanzione definita “xenofoba”, in un contesto, quello tedesco, in cui l’immigrazione turca è particolarmente rilevante.

Calcio, politica e nazionalismo: le regole Uefa

Il regolamento disciplinare Uefa, da anni, alla lettera E dell’articolo 16 “Ordine e sicurezza nelle partite delle competizioni” vieta “l’uso di gesti, parole, oggetti o qualsiasi altro mezzo per trasmettere qualsiasi messaggio  che non sia adatto a un evento sportivo, in particolare messaggi di carattere politico, natura ideologica, religiosa, offensiva o provocatoria”. Il regolamento, a Euro 2024, è integrato dal regolamento di accesso e comportamento negli stadi. Implicitamente accettato dai possessori dei biglietti e da chi, a vario titolo, entra negli impianti. E che a sua volta vieta “simboli discriminatori, razzisti, xenofobi, nazionalsocialisti e che glorificano la violenza”, e di “esprimere, mostrare o diffondere contenuti offensivi, discriminatori, razzisti, xenofobi, sessisti, religiosi, messaggi politici o altri messaggi illegali/proibiti”.

L’UEFA insomma si tutela per tentare di evitare qualsiasi imbarazzo. E di essere appunto messa in mezzo quando si tratta di dover aprire inchieste e sanzionare. E, se è vero che i principali timori erano quelli di trovarsi a dover valutare dimostrazioni o rivendicazioni in merito al conflitto russo-ucraino (per chi non lo ricordasse, già a Euro 2020 il caso della divisa ucraina con la silhouette dei confini nazionali, comprendenti la Crimea, creò un caso diplomatico con la Russia, altra partecipante di allora) o alle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza, in realtà il punto di caduta delle tensioni geopolitiche, ancora una volta, è stato un altro.

Euro 2024, tensioni anti-serbe contro Svizzera e Inghilterra

Notoriamente, Euro 2024 è segnato, a livello politico, dal bando della Russia. L’ultima esclusione bellica dalla competizione risale al 1992, quando all’Europeo in Svezia non poté giocare la Jugoslavia, sostituita dalla Danimarca che poi avrebbe vinto la competizione. Ora, il ruolo della penisola balcanica nella storia del Novecento è centrale. Ed è inevitabile che ancora oggi gli strascichi di vicende secolari si proiettino sui campi e sugli spalti delle sfide tra nazionali, laddove le rivendicazioni nazionaliste trovano, per loro natura, un terreno assai fertile. Era già successo in passato – Svizzera-Serbia a Euro 2018, con Xhaka e Shaqiri, entrambi di origine kosovara, a mimare il gesto dell’aquila bicipite albanese in chiave anti-serba. Ed è accaduto di nuovo.

La federazione serba ha protestato con la UEFA per i cori anti-serbi di entrambe le fazioni di tifosi nel corso di Croazia-Albania durante la fase a gironi, minacciando di lasciare la competizione e ottenendo una sanzione pecuniaria nei confronti delle due federazioni, responsabili per il comportamento dei tifosi, e due giornate di squalifica (la stessa sanzione comminata a Demiral) per l’attaccante albanese Mirlind Daku, che aveva preso parte ai cori

Euro 2024: anche i giornalisti devono sottostare al regolamento

Non solo. Durante Serbia-Inghilterra del 16 giugno, a Gelsenkirchen, altri due episodi hanno fatto discutere e provocato reazioni. Con la federazione serba multata per avere un gruppo di suoi tifosi esposto uno striscione con i confini nazionali comprendenti il Kosovo e la scritta “no surrender”. E un giornalista kosovaro, Arlind Sadiku, che si è visto ritirare l’accredito – anche i giornalisti, naturalmente, devono sottostare al regolamento di cui sopra – per aver provocato i tifosi serbi con il già citato gesto dell’aquila. Provocazioni e risposte a tono che, in ogni caso, confermano quanto un palcoscenico del genere, dove i rituali, le bandiere e gli inni definiscono plasticamente il perimetro dell’appartenenza, si presti a certe rivendicazioni a causa della sua enorme visibilità.

Lo studio: come il calcio alimenta il nazionalismo


Del resto, nel 2017, uno studio condotto da Andrew Bertoli del Dartmouth’s Dickey center for international understanding (Nationalism and conflict: lessons from international sports: ne ha scritto qui Treccani) e pubblicato sulla rivista International Studies Quarterly, rilevò che quando una nazione compete come tale a una manifestazione sportiva, nel Paese aumenta il sentimento nazionalista. Ed è probabile che ciò si traduca in un conflitto con un altro Stato. Conflitto, nel paper, è inteso come “militarized interstate disputes” (MIDs), definizione ombrello che può comprendere dalle dichiarazioni ostili alle dispute diplomatiche. Fino agli scontri armati. Non necessariamente, per fortuna, si tratta di guerre. Ma nemmeno di dettagli di poco conto.