Home Esclusiva True Caporalato, allarme Flai Cgil: “Tutti i mali della Bossi-Fini. Ma in Italia è cresciuto anche l’odio”

Caporalato, allarme Flai Cgil: “Tutti i mali della Bossi-Fini. Ma in Italia è cresciuto anche l’odio”

Caporalato, allarme Flai Cgil: “Tutti i mali della Bossi-Fini. Ma in Italia è cresciuto anche l’odio”

Perchè leggere questo articolo? Dopo la tragedia di Latina, un video girato tra le Langhe piemontesi riaccende i riflettori sulla piaga del caporalato. Immigrati sfruttati e vessati, da Nord a Sud. Privi di qualsiasi tutela. Veri e propri schiavi. Denis Vayr (Flai Cgil Piemonte: “Il 90% di questa situazione è colpa della Bossi-Fini, che favorisce il traffico di persone. Ma nel Paese è cresciuto un clima di odio e violenza”

Il caporalato è una piaga che infesta anche il Nord Italia. Ce lo ha ricordato drammaticamente il video che è stato girato tra le Langhe piemontesi e che ha fatto il giro del Paese producendo una nuova ondata di orrore e indignazione dopo i fatti di Latina. Presi a colpi di spranga dal caporale di origini marocchine, i braccianti hanno deciso di filmare la situazione, nonostante le ripetute percosse. Sono tre le persone indagate (una di origini marocchine, una macedone e una albanese) dalla Procura di Asti in seguito all’operazione “Iron Rod”, bastone di ferro, condotta dalla squadra mobile della questura di Cuneo. Secondo le indagini, gli agenti hanno trovato diciannove migranti, quasi tutti extracomunitari, in un fabbricato di proprietà del macedone, dove vivevano ammassati e in condizioni igieniche precarie. Erano poi costretti a versare un affitto, trattenuto dalla loro paga. Paga che secondo le ricostruzioni si aggirava intorno ai 4 euro l’ora, con la possibilità di scendere anche a 3 euro. Il tutto per circa 15 ore di lavoro giornaliere. A poche settimane dalla tragica vicenda di Satnam Singh, il bracciante morto dissanguato in provincia di Latina, le barbarie del caporalato si presentano anche al Nord Italia.

L’allarme Flai-Cgil: “Sembra l’America schiavista”

Ne abbiamo parlato con Denis Vayr, segretario generale di Flai Cgil Piemonte. «In Italia odio e violenza sono aumentati, sembrano situazioni da schiavismo nord-americano. Ma sono tutti problemi che derivano dalla legge Bossi-Fini, che favorisce l’immigrazione clandestina ed il traffico di persone. Bisogna agire per richiederne la cancellazione». L’intervista.

Vayr, com’è la situazione relativamete al caporalato in Piemonte?

Proviamo a tenere la situazione sotto controllo per poter intervenire, laddove è possibile farlo, ma ci rendiamo conto che mentre sistemiamo un problema ne nasce un altro da tutt’altra parte. Con la questione del diritto del ticket del decreto flussi, ci sono diverse persone che vengono chiamati dal Punjab, in India, e che poi si ritrovano qui senza avere un contratto di lavoro reale. Nel frattempo, vengono chiesti soldi a queste persone e spesso viene comunque negato l’ingresso in Italia. È un problema che deriva dalla legge Bossi Fini, nata con un altro intento, e che non ha mai funzionato. Adesso, dopo tanti anni si sono trovati ancora più escamotage per utilizzare questa legge per fare sostanzialmente un traffico di persone, con l’immigrazione illegittima e quello che ne consegue.

Il video girato nelle Langhe certifica che determinate gravissime situazioni appartengono anche al Nord Italia.

Assolutamente. Se facessimo una piccola ricerca, nel 2015, a Carmagnola, in provincia di Torino, un lavoratore rumeno è morto di caldo e di fatica. Il corpo è stato rivestito e nascosto. Solo dopo è stata chiamata l’ambulanza con la speranza che si potesse ancora salvare. Tuttavia, se i soccorsi non avessero allertato i carabinieri, probabilmente non si sarebbe scoperto nulla di quanto accaduto. Nel 2018 invece, a Macello, un lavoratore indiano di nome Singh Guruseb è stato picchiato dal suo datore di lavoro. E anche qui c’è una sentenza in cui si riconosce che ha subito un’aggressione. Lo scorso dicembre c’è stato il caso in cui un lavoratore ivoriano veniva picchiato dal papà del titolare d’azienda. Tutti questi casi che mi vengono in mente sono la punta di un iceberg di un problema molto più esteso.

La vicenda di questi giorni è emersa perché c’è un video, e le immagini fanno la differenza rispetto al racconto dei fatti. Quelle immagini sono veramente tremende. Poi penso che il clima di odio e di violenza che c’è in questo Paese sia peggiorato. Mentre prima i violenti si nascondevano, oggi non fanno neanche quello. La prossima volta non aspetteranno neanche di fermarsi in un campo per prendere un tondino di ferro e bastonarli, lo faranno in mezzo ad una piazza perché legittimo. Mi permetta una battuta forte, ma è come facevano con gli schiavi nel Nord America.

Una riflessione che circola sottolinea come si parli molto della questione migranti sino a che sono in mare. Una volta che raggiungono l’Italia spesso divengono veri e propri schiavi. Ma – sino ad oggi – se ne è sempre parlato molto meno. Perché succede questo?

Col decreto flussi si rende evidente la questione. Dicono di non volerli e che dovrebbero stare a casa loro e poi vengono chiamati proprio delle aziende. Ed è proprio dalle aziende vengono sfruttati e pagano per venire qua. E poi spariscono, in particolare al Nord dove c’è meno bisogno di manodopera rispetto al Sud siccome produciamo meno prodotti di eccellenza. La situazione di Saluzzo prima rendeva evidente il problema, perché c’erano dai trecento ai cinquecento soggetti durante il periodo di punta della raccolta. Adesso c’è un’accoglienza migliore, ma purtroppo tendono ad aumentare le situazioni più nascoste.

Cosa succede a chi commette il caporalato? I lavoratori denunciano?

I lavoratori denunciano poco perché non hanno nessuna tutela. Anche qui la legge Bossi Fini non garantisce una stabilità a coloro che si fanno avanti. Per quanto riguarda i datori, la legge 199 prevede che siano anche loro responsabili. L’anno scorso, in Piemonte, abbiamo avuto la prima causa che sancisce la presenza del caporalato, con tanto di testimonianze. In quella situazione i lavoratori hanno fatto molta fatica, alcuni di loro sono addirittura spariti perché dovevano cercare lavoro altrove per poter portare i soldi a casa. Quelli che hanno retto, hanno retto anche grazie alla solidarietà della Cgil e di Flai Cgil. Qui c’è un video che parla di una situazione, però non ci sono altre immagini di analoghe situazioni che sicuramente ci sono. La questione bruttissima di Satnam ha provocato una reazione da parte del popolo indiano, ora ci chiedono giustizia. E di denunciare. Ma questo non durerà per sempre. Bisogna utilizzare il clamore mediatico e la sensibilità che si è generata in questo periodo per denunciare e rendere evidente il problema.

Qual è il primo passo per arginare il problema?

Io penso che il 90% dei problemi derivi dalla legge Bossi-Fini. Poi bisogna capire quale potrebbe l’alternativa, perché passare dalla Bossi-Fini alla Meloni-Calderoli magari potrebbe essere pure peggio. Ma è giunto il momento di proporre la cancellazione di questa legge.