Home Politics L’Italia nel mirino Ue per lo stato di diritto. “Ecco cosa c’è nel report”

L’Italia nel mirino Ue per lo stato di diritto. “Ecco cosa c’è nel report”

L'Italia nel mirino Ue per lo stato di diritto. "Ecco cosa c'è nel report"

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Un report Ue, già pronto da giugno ma uscito nelle scorse ore, non premia l’Italia sul fronte dello stato di diritto. Sotto osservazione la riforma della giustizia e il premierato: “L’Ue teme la smobilitazione degli assetti costituzionali”, ha dichiarato ai nostri microfoni il ricercatore Francesco Trupia.

L’Italia è quindi sotto osservazione dalla commissione europea per tematiche di non poco conto. E non si tratta in questo caso dei conti pubblici e dello sforamento del deficit, ma di un altro punto molto a cuore alle istituzioni di Bruxelles: lo stato di diritto. Per la verità, la notizia era nell’aria già da settimane. Ad anticiparla, lo scorso 16 giugno, era stato il quotidiano Politico.com. Secondo l’autrice dell’articolo Clothilde Goujard, Roma era stata messa sotto osservazione ma il report sarebbe stato poi accantonato per evitare di intralciare le trattative tra il presidente della commissione, Ursula Von Der Leyen, e il capo dell’esecutivo italiano Giorgia Meloni.

Le trattative non sono poi andate in porto, il presidente del consiglio non ha votato per la riconferma di Ursula e, tra le altre cose, da Bruxelles hanno specificato che il rapporto era in ritardo solo per motivi tecnici. Ad ogni modo, adesso che è pubblico, è possibile ravvisare le criticità rintracciate dall’Europa sullo stato di diritto nel nostro Paese.

Perplessità sulla giustizia e sulla rimozione dell’abuso di ufficio

Si parte dalla giustizia e, trattandosi di stato di diritto, non poteva essere diversamente: “Lo stato di diritto – ha infatti dichiarato a true-news.it l’analista e ricercatore Francesco Trupia – è quel sistema, per dirla in termini brevi, che garantisce l’indipendenza del potere giudiziario dal potere legislativo ed esecutivo”.

Certezza dello stato diritto vuol dire che ogni cittadino può essere sicuro sia di non finire nel mirino degli inquirenti per meri screzi politici, ma su questo per la verità ci sarebbe molto da dire, e sia certezza sulla tenuta democratica di un determinato sistema politico. È per questo che ogni anno l’Europa promuove rapporti specifici per ogni Stato sul tema.

Secondo la commissione, sussistono perplessità sull’Italia alla luce delle recenti riforme della giustizia approvate: “In Italia – si legge nel documento redatto dall’esecutivo europeo – una nuova legge che abroga il reato di abuso d’ufficio e limita la portata del reato di traffico d’influenza potrebbe avere implicazioni per l’individuazione e l’investigazione di frodi e corruzione”. Vale a dire che, così come espresso dai funzionari europei, il timore è che la cancellazione del reato di abuso di ufficio possa portare gli inquirenti a non avere gli strumenti per rintracciare eventuali reati di corruzione.

“Certo, il reato di abuso di ufficio sappiamo che aveva come principale effetto quello di riempire di faldoni i cassetti delle procure – è il commento di Trupia – al tempo stesso però, se l’Europa vuole vederci chiaro è perché si teme un’intromissione politica. Lo stato di diritto, come detto, non prevede intromissioni politiche nella giustizia e nel momento in cui la politica inizia a parlare di diritto e di come il diritto deve essere organizzato, scatta il campanello d’allarme”.

Anche il premierato sotto la lente di ingrandimento dell’Ue

Nel report Ue un passaggio anche alla recente riforma del premierato. Ossia alla nuova architettura istituzionale approvata il 18 giugno al Senato e che punta a introdurre l’elezione diretta del presidente del consiglio. Il tutto però con un meccanismo che svuoterebbe, secondo non pochi analisti, i poteri in capo al presidente della Repubblica e renderebbe meno incisivo lo stesso parlamento. Mancherebbero cioè i cosiddetti “contrappesi istituzionali”, fondamentali per evitare l’accentramento dei poteri in capo a una singola istituzione e garantire così l’equilibrio democratico.

“Alcuni stakeholder – si legge nel rapporto stilato dalla commissione – hanno espresso preoccupazione per modifiche proposte all’attuale sistema di pesi e contrappesi istituzionali, nonché dubbi sul fatto che ciò possa portare maggiore stabilità”.

Una parola, stabilità, perno dell’impalcatura della riforma voluta dal governo Meloni: “In Italia in effetti si parla da anni del problema della stabilità – ha sottolineato Trupia – e del fatto che spesso i governi non si riescono a formare o durano poco. Ma, nel merito della riforma, ho dubbi sul fatto che la soluzione sia quella di introdurre un sistema costituzionale dove il presidente della Repubblica diventa un manichino e poco più”.

Per Trupia, il problema è in primo luogo di natura politica: “La questione è che nel nostro Paese mancano investimenti dei partiti sulla formazione di una classe dirigente e c’è anche il problema di una legge elettorale non proprio adeguata per la governabilità”, ha aggiunto il ricercatore. E il punto è proprio questo: “L’Ue è intervenuta sul premierato probabilmente perché – dichiara Trupia – vede nel premierato una smobilitazione degli assetti costituzionali e del ruolo del presidente della Repubblica solo per risolvere un problema di rango politico”. Un’intromissione quindi della politica in delicati affari costituzionali e dunque, per l’appunto, un problema per lo stato di diritto.

Ma l’Italia non sarà una nuova Ungheria”

La commissione esprime dubbi sulla libertà di stampa nel nostro Paese. La domanda sorge spontanea: l’Italia rischia di diventare una sorta di Ungheria dell’Europa occidentale? Budapest è maglia nera da anni nel rispetto dello stato di diritto ed è un po’ il simbolo dei problemi legati alla possibile intromissione del potere politico in quello giudiziario.

“Io abito da tempo nell’Europa orientale – è la considerazione di Francesco Trupia, attualmente impegnato nel lavoro di ricerca nell’università polacca di Torun – e posso dire che il problema legato allo stato di diritto è molto sentito. Anche su Varsavia spesso sono piovute non poche rimostranze da parte europea”.

Ma lì il discorso è diverso: “Posso dire che il caso italiano non è paragonabile a quello ungherese o di altri Paesi orientali – afferma l’analista – l’Italia ha un’importante tradizione costituzionale e costituzionalista e abbiamo tutta una serie di pesi e contrappesi che, prima di essere riformati, devono passare più volte al vaglio parlamentare e referendario”. Dunque, il nostro Paese può anche avere molti problemi ed essere messo sotto torchio per le recenti riforme ma, secondo questa visione, la tenuta democratica rimane molto solida.