Home Future Il soldato Musk (X) difende Durov (Telegram): “Vedrete, pena di morte per un meme”

Il soldato Musk (X) difende Durov (Telegram): “Vedrete, pena di morte per un meme”

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Nella serata di sabato 24 agosto Pavel Durov, numero 1 di Telegram, è stato arrestato appena atterrato all’aeroporto di Parigi-Le Bourge, nell’ambito di un’indagine preliminare della polizia francese: è accusato, secondo Reuters, di aver creato uno strumento social che non prevede alcuna forma di moderazione dei contenuti e di aver così favorito lo sviluppo di attività criminali, dal traffico di droga alle frodi, dal terrorismo alla pedopornografia. In sua difesa (non disinteressata) è sceso in campo anche Elon Musk, che ha attaccato nuovamente l’Unione Europea.

Chi è Pavel Durov

Pavel Durov è un imprenditore e sviluppatore, nato nel 1984 a San Pietroburgo, famoso per aver fondato Telegram. La sua carriera inizia con la creazione di VKontakte (VK), il più grande social network russo: dopo essere entrato in conflitto con il governo di Mosca per il suo rifiuto di censurare contenuti, però, nel 2014 Durov ha dovuto lasciare il suo paese e ha lanciato Telegram, che è rapidamente diventata una delle app di messaggistica più popolari al mondo, molto focalizzata su privacy e sicurezza, anche grazie all’uso della crittografia end-to-end. La differenza con la diffusione di Whatsapp, però, si sente ancora: se quest’ultima conta tre miliardi di utenti, la piattaforma di Durov è ferma a “soli” 900 milioni di iscritti. Al di là dei numeri, è anche vero che Telegram ha molta visibilità a livello mondiale, perché utilizzata come mezzo per diffondere informazioni non controllate dai regimi autoritari.

Perché l’arresto di Pavel Durov (Telegram) divide

Di fronte alla notizia dell’arresto di Durov, che secondo Forbes ha un patrimonio di 15,5 miliardi di dollari, l’opinione pubblica mondiale si è subito spaccata. Alla base c’è una questione di principio, sulla quale si può essere più o meno d’accordo, ovvero la responsabilità da parte dei proprietari delle piattaforme digitali sui contenuti pubblicati dagli utenti. Una questione annosa, che va avanti almeno dal 2018, quando Mark Zuckerberg, di fronte al Congresso americano, aveva detto che la sua creazione, Meta (Facebook-Instagram), non era una “media company” ma una “tech company”, e che quindi riteneva di non avere alcuna responsabilità sui contenuti, in quanto fornitore solo dell’infrastruttura. 

Musk difende Durov. E fa una profezia…

Tra i vari interventi fioccati subito dopo l’arresto di Pavel Durov, spicca quello di Elon Musk, che si è fatto sentire attraverso la pubblicazione di vari post sulla piattaforma di sua proprietà, X (ex Twitter). “E’ il 2023 e in Europa si viene giustiziati per il like a un meme”, scrive l’uomo più ricco del mondo, che è un convinto sostenitore del ‘free speech’, ovvero la libertà di poter esprimere pensiero e opinioni. 

A proposito del numero 1 di Telegram, Musk sottolinea che rischia “20 anni…” di carcere, definisce i tempi attuali “pericolosi” e si schiera tra i sostenitori dell’hashtag #FreePavel. Poi fa ironia sulla Francia, chiedendosi dove sia la tanto sbandierata libertà nel campo dei diritti – “Liberté. Liberté! Liberté?” – e concorda “al 100%” con chi gli scrive: “Oggi tocca a Telegram, domani tocca a X”.

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Scontro tra Musk e l’Europa

L’attività del magnate Elon Musk è finita sotto la lente dell’Unione Europea in un complicato scontro tra libertà di espressione ed attività di contrasto all’odio online e alla disinformazione, con l’amicizia tra l’a.d. di Tesla e Donald Trump che inasprisce ulteriormente i rapporti. Al centro del conflitto, c’è in particolare il Digital Services Act, atto europeo nato per combattere le fake news e garantire la libertà di espressione e di informazione, ma bollato da molti giornalisti e associazioni che tutelano il free speech come strumento di censura delle opinioni scomode, con la scusa della lotta alla disinformazione.

In attesa di vedere come evolverà la situazione in vista di un appuntamento cruciale come quello delle elezioni americane, molti utenti si chiedono che cosa succederà ora a Telegram, temendo possibili blocchi o l’inserimento di maggiori controlli, ma è ancora presto per poterlo sapere.