Perché leggere questo articolo? I giovani lavorano meno e guadagnano di meno. È in sintesi quanto emerge dal Rapporto annuale 2024 dell’Inps.
Uno scenario in chiaroscuro nel rapporto annuale dell’Inps. Il futuro sarà preoccupante soprattutto per i giovani italiani, confermando una tendenza già da tempo allarmante. I nostri giovani lavorano meno, guadagnano meno rispetto alle generazioni precedenti e rischiano di non poter godere delle stesse garanzie pensionistiche dei loro genitori. Non è un Paese per giovani, e l’Inps ce lo ricorda.
Il declino dell’occupazione giovanile
Uno dei dati più critici riguarda il tasso di occupazione giovanile, che resta molto basso nonostante la lieve ripresa registrata nel mercato del lavoro dopo la pandemia. Nel 2023, solo il 62,2% degli italiani in età lavorativa risultava occupato, ma tra i giovani la percentuale è ancora più bassa. Questo accade in un contesto di riduzione della popolazione in età lavorativa e invecchiamento demografico, fenomeno che pesa ulteriormente sulla sostenibilità del sistema pensionistico.
Il problema principale non è solo la difficoltà dei giovani a trovare lavoro, ma anche la qualità e la stabilità degli impieghi. Molti giovani sono costretti a lavori part-time o precari, che, secondo il report Inps, riducono le loro prospettive a lungo termine di accumulare contributi sufficienti per una pensione dignitosa.
Retribuzioni più basse secondo l’Inps
Oltre a lavorare meno, i giovani italiani guadagnano significativamente meno rispetto alla media. Secondo il rapporto Inps, un lavoratore under 30 con un contratto a tempo pieno guadagna in media 11.000 euro in meno rispetto a un collega più anziano a parità di occupazione stabile. Per chi ha contratti part-time o discontinui, il divario si riduce, ma rimane significativo, intorno ai 1.800 euro.
A fronte di una retribuzione media annua di fatto pari nel 2023 a quasi 26 mila euro per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati, esclusi lavoratori domestici e operai agricoli), gli under 30 guadagnano poco più di 14 mila euro, quindi poco di più della metà; inoltre, in tale fascia d’età, i dipendenti pubblici guadagnano circa 6-7 mila euro di più dei loro coetanei del settore privato.
Questo divario salariale penalizza in modo sostanziale le giovani generazioni, rendendo sempre più difficile accumulare i contributi necessari per una pensione adeguata. Negli ultimi cinque anni, le retribuzioni giovanili sono comunque aumentate leggermente, con un incremento dell’8,4% per i lavoratori under 29 a tempo pieno, ma questo non è sufficiente a colmare il gap generazionale, soprattutto se si tiene conto dell’inflazione e del costo della vita in aumento.
Futuro delle pensioni a rischio
La sostenibilità del sistema pensionistico è messa a dura prova dall’invecchiamento della popolazione e dal calo delle nascite. Il numero di pensionati continua a crescere, mentre la base contributiva si assottiglia. Attualmente, l’età media di accesso alla pensione in Italia è di 64,2 anni, una delle più basse in Europa, ma la crescente disparità tra pensionati e lavoratori attivi rischia di destabilizzare ulteriormente i conti previdenziali.
L’Inps stima che la spesa pensionistica in Italia, già tra le più alte d’Europa in rapporto al PIL, continuerà a crescere nei prossimi decenni. Questo significa che i giovani di oggi, a meno di profonde riforme, rischiano di dover lavorare molto più a lungo rispetto ai loro genitori, senza poter contare su pensioni altrettanto generose.
Il quadro in chiaroscuro nel report Inps
In sintesi, il quadro delineato dall’Inps non è confortante per le nuove generazioni: meno opportunità lavorative stabili, salari inferiori e un futuro previdenziale incerto. Per invertire questa tendenza sarà necessario riformare il mercato del lavoro, investire in politiche di sostegno ai giovani e ripensare il sistema pensionistico, per garantire un equilibrio sostenibile tra generazioni e preservare il diritto a una pensione dignitosa per tutti.