Home Primo Piano Anche la “Divina” Pellegrini può essere criticata. E meno male!

Anche la “Divina” Pellegrini può essere criticata. E meno male!

Anche la “Divina” Pellegrini può essere criticata. E meno male!

Thomas Ceccon crocifisso sui social per aver lasciato intendere di non provare particolare simpatia per Federica Pellegrini. Ma perchè deve valere l’equazione per cui un grande campione debba sempre essere anche una grande persona?

In Italia si possono fare una serie di cose: tradire e passare per vittima, parlare per giorni di Tony Effe che litiga con Fedez, seguire morbosamente gli amorazzi di un politico ormai decaduto, ciarlare per mesi del nulla e mettere l’ananas sulla pizza. Si può fare tutto questo ma non manifestare con risolutezza la propria antipatia nei confronti di un’icona dello sport come Federica Pellegrini. Pena, la crocifissione pubblica in sala mensa. E ne sa qualcosa Thomas Ceccon passato dalla gloria alle bacchettate sulle manine per non aver dedicato (solo) parole di apprezzamento per la “Divina”.

Federica è “Divina”. Ma fuori dalla vasca si può criticarla

Federica Pellegrini è la più forte nuotatrice italiana di sempre, con 13 anni di carriera in cui ha vinto 26 ori internazionali, 3 medaglie olimpiche, 19 medaglie mondiali, 37 medaglie europee, 181 podi italiani e 130 titoli assoluti, realizzando ben 11 record del mondo. Ha conquistato l’amore e il rispetto di chiunque a suon di resilienza e determinazione. Ribattezzata giustamente la “Divina”, è stata venerata dalle masse e dalla stampa, quasi elevata a un mito vivente. Eppure, il fatto che qualcuno possa non simpatizzare con lei sembra inaccettabile, come ci dimostrano le parole dell’olimpionico Thomas Ceccon in un’intervista a Corriere della Sera. L’atleta non ha espresso disprezzo né ha sminuito le sue capacità: ha semplicemente fatto capire che, a livello personale, Pellegrini non gli è simpatica, che per lui non è un modello, pur riconoscendola come campionessa straordinaria. Un’osservazione semplice, un po’ cruda e che molti avrebbero liquidato come un’opinione personale.

Ceccon crocifisso sui social per le sue parole sulla Pellegrini

Ma no, apriti cielo. Matteo Giunta, marito ed ex allenatore di Pellegrini, ha tuonato con forza sui social, pubblicando una storia su Instagram in cui ha scritto: «Il rispetto è il valore fondamentale alla base dello sport e della vita. Se non ce l’hai, puoi anche aver vinto le Olimpiadi, ma per me vali zero». Un commento piuttosto aggressivo, che fa sorgere una domanda legittima: dove sarebbe la mancanza di rispetto? E’ stato un po’ secco? Si. Ma Ceccon ha forse insultato Pellegrini o minimizzato i suoi successi in vasca? Assolutamente no. Eppure, si è sollevato un polverone, come se aver detto che non ci berrebbe volentieri un caffè con una leggenda dello sport fosse equivalente a una grave offesa.

Sembra quasi che l’Italia non sia pronta ad accettare l’idea che un campione, per quanto indiscutibilmente grande nello sport, possa non essere simpatico a tutti. Il concetto che una figura pubblica debba essere universalmente amata, oltre che rispettata per i suoi traguardi, è un’assurdità che riflette una tendenza preoccupante: la divinizzazione degli atleti. Siamo così abituati a idolatrare i nostri eroi sportivi da dimenticare che non è obbligatorio trovarli simpatici. Essere grandi atleti non significa automaticamente essere grandi persone, o almeno non per tutti.

Perchè i grandi campioni dovrebbero essere anche persone esemplari?

Federica Pellegrini è un’icona dello sport, e questo non si discute. Ma possiamo dire che ciò la renda immune da critiche o antipatie? Ceccon ha esaltato le sue doti atletiche, il valore più rilevante in questa vicenda, eppure, il fatto che non ci sia chimica tra di loro ha scatenato una difesa quasi isterica. Come se fosse impensabile non apprezzare una grande campionessa sotto ogni aspetto. Ma davvero l’essere un campione nello sport obbliga ad essere ammirato e adorato anche nel privato?

In fondo, questo episodio solleva un tema più profondo: perché ci aspettiamo che i grandi sportivi siano perfetti anche dal punto di vista umano? Perché facciamo fatica ad accettare che un campione possa essere apprezzato solo per le sue prestazioni, senza che ci debba essere necessariamente un’ammirazione personale? È quasi come se, nella nostra cultura, l’atleta debba essere un modello totale, non solo in campo, ma anche fuori, come se le loro vittorie dovessero garantire anche simpatia, affabilità e perfetta condotta morale. Fa ridere dirlo ad alta voce.

È assurdo pensare che, nel 2024, l’affermazione di Ceccon possa essere percepita come una mancanza di rispetto o una bestemmia sportiva. Certo, In un mondo in cui le icone sportive sono trattate come divinità intoccabili, non è sorprendente che non simpatizzare con la “divina” Pellegrini venga visto come una sorta di sacrilegio. Ma è un po’ triste.

Non esiste lesa maestà. Nè venerazione universale

Ma forse dovremmo tutti scendere un po’ dal piedistallo e ricordarci che, se è vero che stiamo parlando di una campionessa di nuoto straordinaria, questo non la rende immune da critiche o antipatie personali. La Fede nazionale tra l’altro, tra una coreografia di Ballando con le stelle e l’altra, ha liquidato la questione con un semplice “incommentabile”. Ma, a ben vedere, qui di incommentabile c’è solo l’apparente lesa maestà. In un clima di esaltazione continua, dove non apprezzare una campionessa sembra un crimine, viene da chiedersi: siamo sicuri che stiamo ancora parlando di sport? Attenzione a non perdere la corona, inciampando nella pretesa di venerazione universale.