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Pontida contesta Tajani: sul pratone della Lega le divisioni del centrodestra

Il dopo Pontida degli ex Lega: "Bossi è un simbolo ma Salvini non cadrà"

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La festa della Lega a Pontida, architettata quest’anno per rilanciare le ambizioni del Carroccio, ha messo in evidenza un centrodestra dove fratture e divisioni appaiono più forti al momento degli elementi unitari. Emblematica la contestazione all’alleato Tajani

Sul prato verde di Pontida sono tornati i “vaffa”, arrivati da queste parti prima ancora dell’ascesa del grillismo, ma questa volta i bersagli non sono rappresentati né dalla Roma ladrona di bossiniana memoria e né dall’Euro, principale nemico della Lega dell’era Salvini. Quella plateale parola di dissenso e disprezzo è stata scagliata contro un alleato e, in particolare, contro Antonio Tajani.

L’attuale ministro degli Esteri e coordinatore di Forza Italia sarebbe reo, secondo le sezioni dei giovani della Lega che gli hanno urlato contro nell’annuale raduno del Carroccio, di voler introdurre una legge sulla cittadinanza molto meno rigida e di essere architetto del non tanto amato “ius scolae”. Salvini ha subito preso le distanze e si è scusato con il collega di governo, ma il problema resta: se i nuovi vaffa sono per gli alleati, a Pontida allora si è celebrata una giornata più all’insegna delle spaccature che dell’unione del centrodestra.

Tajani nel mirino

Del resto, i cori intonati dai giovani leghisti rispecchiano il clima che si respira tra i due partiti. Lega e Forza Italia, nel corso della campagna elettorale per le ultime europee, si sono contese il secondo posto della coalizione di centrodestra dietro Fratelli d’Italia, il partito del presidente del consiglio Giorgia Meloni. Il duello per la piazza d’onore non ha conosciuto sconti.

Ed è andato anche oltre le stesse europee. Subito dopo il voto per il rinnovo del parlamento di Strasburgo, la Lega è andata sull’offensiva con un diluvio di proposte non concordate con gli alleati e non sempre in linea con il programma del centrodestra. Come quella relativa alle multe per chi usa i nomi declinati al femminile oppure quella, in grado di fare molto più clamore, volta a eliminare l’obbligo dei vaccini.

La vera scintilla è poi arrivata quando Salvini ha messo il timbro su un’altra proposta di marca leghista, in cui si evocava la progressiva eliminazione del canone Rai e la possibilità per l’azienda pubblica di attingere maggiormente dalla torta degli introiti pubblicitari. Una circostanza quest’ultima in grado di danneggiare Mediaset, l’azienda della famiglia Berlusconi ancora strettamente legata a Forza Italia.

La controrisposta di Tajani si è avuta con la proposta relativa allo Ius Scolae, accolta non certo con lusinghe da parte leghista. La base del Carroccio, ha evidentemente digerito il clima di sfida tra Salvini e Tajani e i più giovani hanno così deciso di far sentire platealmente la propria voce contro Forza Italia.

Dal prato al palco, il clima non cambia

Nonostante le scuse verso Tajani, chi ha preso la parola durante la kermesse di Pontida ha comunque proseguito il botta e risposta a distanza con gli alleati e avversari di governo. Lo si evince dalle dichiarazioni che Massimiliano Romeo, in lizza per il posto di numero uno del Carroccio in Lombardia, ha rilasciato a Il Foglio: “I ragazzi che hanno protestato contro Tajani sono giovani, fanno il loro – ha detto – E io non sono sempre d’accordo con Tajani, ci può stare?”.

Dal palco, è stato poi lo stesso Salvini a marcare il solco tra il suo partito e quello azzurro. Specialmente quando, durante il suo discorso finale, si è toccato il tasto (dolentissimo) della prossima manovra finanziaria e della possibilità di tassare gli extra profitti delle banche, mossa paventata nei giorni scorsi da ambienti governativi ma accolta in modo piuttosto freddo da Forza Italia: “Se qualcuno deve pagare qualcosa in più – scandisce dal palco puntando anche il dito – paghino i banchieri e non gli operai”.

La presenza di chi ha voltato le spalle alla Meloni

Ma le divisioni organiche alla maggioranza non riguardano soltanto il braccio di ferro mai concluso tra Salvini e Tajani. A dire il vero, guardando il parterre di ospiti invitati a Pontida si intuisce che anche l’asse con Fratelli d’Italia non appare poi così solido. Due ospiti su tutti, forse i più importanti a livello internazionale, non hanno di recente avuto grandi rapporti con Giorgia Meloni.

A partire da Viktor Orban, premier ungherese che dopo aver portato il suo partito fuori dai Popolari, è stato a lungo corteggiato dai conservatori a guida meloniana per formare il più importante gruppo del centrodestra europeo. E invece, alla fine Orban ha fatto un gruppo tutto suo, quello dei patrioti, a cui ha aderito anche la Lega.

Era presente inoltre Josè Antonio Fuster, portavoce di Vox. Il partito della destra spagnola che fino a pochi mesi fa era alleato di Fratelli d’Italia in Europa e che, al contrario, dopo le europee ha scelto di seguire Viktor Orban. La loro presenza, ha rappresentato per la Lega un modo per dire che il Carroccio fa le sue scelte e non sente aria di subalternità con Giorgia Meloni.

Quanto visto a Pontida di certo è ben lungi dal rappresentare la fine dell’attuale centrodestra, ma a ben guardare a oggi sono più le differenze a prevalere nella maggioranza che i tratti in comune. E questo, anche in vista delle turbolenti sfide legate alla finanziaria e ai referendum su cittadinanza e autonomia differenziata, per Palazzo Chigi non è un buon segno.