Home Esclusiva True Victoria’s Secrets e inclusività: il pubblico ha imposto una nuova idea di bellezza (e di bruttezza)

Victoria’s Secrets e inclusività: il pubblico ha imposto una nuova idea di bellezza (e di bruttezza)

Victoria’s Secrets e inclusività: il pubblico ha imposto una nuova idea di bellezza (e di bruttezza)

Modelle curvy sulla passerella del redivivo Victoria’s Secrets Fashion Show. Trend passeggero o canoni ribaltati? Il talent scout Simone Riva: “L’inclusività avrebbe dovuto essere un principio di base da sempre. Ma oggi, grazie ai social, il giudizio del pubblico è diventato davvero determinante”. L’intervista

Il Victoria’s Secrets Fashion Show è tornato. Dopo cinque anni i fan di uno degli spettacoli più glamour del mondo sono stati nuovamente accontentati. Tra Cher e grandi nomi della moda come Adriana Lima, Kate Moss e nuove leve abbiamo visto sfilare anche modelle curvy e riferimenti più inclusivi. Ma la domanda sorge spontanea: reale apertura a nuovi standard o marketing per evitare le polemiche che hanno già colpito il brand gli anni passati?
Abbiamo chiesto a Simone Riva, booker e talent scout, se le curvy models siano solo una moda passeggera o qualcosa destinato a rimanere nel tempo.

Cominciamo dal Victoria’s Secret Fashion Show, tornato dopo cinque anni. L’ultima volta, prima di questo Fashion Show, il brand era stato pesantemente criticato per la sua mancanza di inclusività. Durante l’evento di pochi giorni fa, però, abbiamo visto modelle come Ashley Graham in passerella, insieme a poche altre con la sua fisicità. Secondo lei è un vero passo avanti verso l’inclusività o si tratta più di una mossa per evitare polemiche?

Beh, direi che finalmente si vede un cambiamento, anche se forse non così radicale come dovrebbe. Io vengo dalle sfilate degli anni Novanta, quando facevo questo lavoro e le modelle erano tali che la gente si girava a guardarle per strada. Ora però bisogna considerare che la femminilità si manifesta in tante forme, anche in quelle più curvy. Chi va a comprare un bikini o dell’intimo da Victoria’s Secret non è necessariamente una modella magrissima con un corpo statuario. Deve esserci spazio per tutte. Io sono sempre stato d’accordo con l’idea di includere modelle più formose, e sono contento che abbiano fatto questo passo. Spero davvero che non sia solo una moda passeggera.

Secondo lei l’industria della moda ha davvero abbracciato questo tipo di bellezza o è solo una tendenza temporanea? Le modelle curvy hanno un futuro stabile nelle grandi sfilate?

Spero proprio di sì. Mi piacerebbe pensare che non sia una cosa temporanea. Stiamo vivendo una nuova era in cui bisogna stare attenti a tutto quello che si dice e si fa, e il politicamente corretto ha influenzato molto questo settore. La trasgressione degli anni Novanta non esiste più. Oggi si è più cauti su cosa si fa sfilare e su cosa si dice. Ma la donna in carne ci sarà sempre, quindi non credo che questa tendenza passerà presto. Detto questo, il mondo cambia continuamente, quindi vedremo.

Quanto è cambiata la visione della bellezza nei casting rispetto a dieci anni fa? Ci sono ancora dei modelli dominanti o si è davvero aperto un nuovo capitolo?

Posso essere schietto? Oggi ci sono canoni di “bruttezza” rispetto a quello che era considerato bello una volta. Un tempo, se dicevi “esco con una modella”, ti immaginavi una donna bellissima, una “gnocca” da paura, come la Schiffer o la Campbell. Ora, molte delle modelle che vediamo sfilare sono lontane da quel tipo di bellezza. Parlo di modelle scelte per i grandi brand di lusso, non per il mercato commerciale, dove ogni tanto trovi ancora delle belle ragazze. Oggi c’è un miscuglio di generi e di stili, con la moda gender fluid che rende meno riconoscibili i tratti maschili e femminili. E la bellezza sembra non essere più un criterio fondamentale.

Parla di una questione di magrezza o di mancanza di forme?

Entrambe. E anche di mancanza di tratti somatici gradevoli. Negli anni Ottanta e Novanta le top model erano delle icone, e non solo per i loro corpi, ma anche per la loro bellezza. Non esistono più modelle di quel calibro perché, in parte, non ci sono più i soldi per pagare quelle star. Ma credo anche che gli stilisti abbiano deciso di mettere in evidenza i vestiti, non le modelle. Oggi, le modelle sono scelte per essere più anonime.

Come talent scout, quali criteri ritiene più importanti nella selezione delle modelle? Inclusività e diversità sono elementi importanti per lei?

L’inclusività avrebbe dovuto essere un principio di base da sempre. Non dovremmo neanche parlarne. Per me, tutte le forme di discriminazione non trovano spazio né nella mia vita né nel mio lavoro. Detto questo, noi scout dobbiamo seguire le richieste del mercato, e oggi ci vengono chieste persone con caratteristiche molto particolari, sia uomini che donne. Non si cerca più la bellezza classica, ma la particolarità.

Pensa che il pubblico influenzi realmente i grandi marchi come Victoria’s Secret verso una maggiore inclusività, o questi sono ancora principalmente motivati dalle vendite e dall’immagine tradizionale?

Fino a qualche anno fa, il pubblico non contava nulla. Gli stilisti facevano di testa loro senza preoccuparsi delle critiche. Oggi, con i social media, le cose sono cambiate. Una “shitstorm” può avere un impatto enorme, quindi i brand stanno molto più attenti a ciò che fanno. Sì, penso che oggi siano più influenzati dal pubblico.

Ultima domanda: secondo lei, una ragazza formosa può davvero identificarsi in una modella che le somiglia o, paradossalmente, aspira ancora a essere come un’Adriana Lima? La moda non dovrebbe essere un sogno?

La moda è un sogno, e credo che in fondo tutti aspiriamo alla perfezione, anche se sappiamo che non è raggiungibile. Però è giusto che rimanga solo un sogno, perché, alla fine, la perfezione è anche noiosa.