Perché leggere questo articolo? Cuba è senza la luce da giorni, ha un urgano in arrivo e l’economia al collasso. L’alleato cinese consiglia aprire al libero mercato.
Cuba è senza luce da venerdì. Le strade dell’isola caraibica sono immerse nel buio, segnate da lunghi blackout che ormai si ripetono con una frequenza allarmante. La crisi energetica che attanaglia il Paese è solo uno dei tasselli di un puzzle di difficoltà economiche e sociali che rischia di trascinare l’isola verso un collasso. Oltre alla rete elettrica, anche l’economia cubana si trova in uno stato di grave sofferenza. La Cina, alleato che da anni osserva da vicino l’evoluzione dell’isola e sostiene l’Havana acquistando matrie prime a prezzo maggiorato, ha lanciato un monito senza precedenti: per evitare il tracollo, Cuba dovrebbe aprire al libero mercato, abbandonando la stretta adesione al comunismo ortodosso che ha segnato la sua storia dagli anni della rivoluzione.
Blackout diffusi: un Paese al buio
Da venerdì scorso, Cuba è alle prese con un blackout generalizzato che ha messo in ginocchio l’intero Paese. Il sistema elettrico cubano, già fragile, non è stato in grado di reggere l’urto degli eventi naturali e delle difficoltà economiche. Le interruzioni di corrente si protraggono per ore, lasciando le abitazioni, gli ospedali e le attività commerciali senza energia.
Il governo ha giustificato i disservizi come la conseguenza di un’infrastruttura ormai obsoleta, peggiorata dai danni inflitti dall’uragano Ian, che nel 2022 ha colpito duramente la rete energetica dell’isola. Il passaggio dell’uragano ha danneggiato centrali e linee elettriche, mettendo in evidenza la fragilità di un sistema già al limite. Secondo quanto riportato da Today.it, la situazione è drammatica. I cittadini, già provati dalle difficoltà quotidiane, si ritrovano ora a fronteggiare una crisi energetica senza precedenti, che si somma alla mancanza di beni di prima necessità e a una pesante crisi economica.
L’uragano e la crisi economica
La crisi energetica è solo uno degli aspetti di un quadro ben più complesso. L’uragano Ian, oltre a devastare l’infrastruttura elettrica, ha avuto un impatto diretto anche sull’economia agricola e turistica dell’isola. Le piantagioni di tabacco, una delle principali fonti di reddito per Cuba, sono state in gran parte distrutte. Anche il settore turistico, già colpito dalla pandemia, ha subito un’ulteriore battuta d’arresto. Gli investimenti stranieri sono crollati, aggravando ulteriormente una situazione di per sé già delicata.
A questo si aggiunge una pesante crisi economica che ha origine ben prima dell’uragano. Da anni, l’economia cubana fatica a riprendersi dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dalla mancanza di riforme strutturali interne. L’assenza di innovazioni e investimenti nel settore energetico e industriale ha reso l’isola dipendente da alleanze strategiche con Paesi come Venezuela e Cina, che tuttavia non sono più in grado di fornire il supporto necessario per sostenere un modello economico ormai al limite.
Il monito della Cina: aprire al libero mercato
In questo contesto di crescente difficoltà, si inserisce un fatto nuovo e significativo. La Cina, storico alleato di Cuba, ha recentemente suggerito un cambio di rotta per evitare il collasso totale dell’economia cubana. Pechino ha consigliato all’isola di abbandonare il comunismo rigido e aprire il proprio mercato a investitori esterni e dinamiche di mercato più liberali. Un monito sorprendente se si pensa alla tradizionale adesione ideologica di entrambi i Paesi ai principi del socialismo.
La Cina ha fatto da apripista a questo modello economico ibrido già negli anni Ottanta col ” capitalismo di Stato”, quando, pur mantenendo un sistema politico socialista, ha deciso di aprire il mercato alle dinamiche del capitalismo. L’invito che Pechino lancia a Cuba oggi è chiaro: aprire all’economia di mercato per attrarre investimenti stranieri, diversificare l’economia e modernizzare le infrastrutture. Senza un’apertura di questo tipo, sostengono gli esperti, Cuba rischia di restare intrappolata in una spirale di crisi energetica, economica e sociale senza via d’uscita.
La resistenza interna e il futuro incerto
Nonostante l’invito della Cina, Cuba sembra ancora riluttante a intraprendere questa strada. Il governo cubano, guidato da Miguel Díaz-Canel, si trova di fronte a un bivio: continuare a mantenere l’ideologia comunista come asse portante della politica economica del Paese o abbracciare una serie di riforme che potrebbero snaturare i principi della rivoluzione castrista. Tuttavia, con una popolazione sempre più esasperata e una crisi che non accenna a placarsi, il tempo per prendere una decisione si sta rapidamente esaurendo.
Il futuro dell’isola è quindi più incerto che mai. Se Cuba decidesse di seguire il consiglio della Cina, potrebbe avviare un percorso di apertura economica che consentirebbe di attrarre nuovi investimenti e modernizzare le sue infrastrutture. Se invece dovesse mantenere l’attuale corso, il rischio è quello di un collasso economico e sociale sempre più vicino, con ripercussioni non solo sull’isola, ma sull’intera regione caraibica.
La notte fonda di Cuba
Cuba è di fronte a una crisi che va oltre la semplice mancanza di elettricità. Il blackout che ha colpito il Paese è il segnale visibile di un sistema che non riesce più a reggere. L’isola è ormai al limite, schiacciata da difficoltà economiche, sanzioni esterne e catastrofi naturali. La Cina, storico alleato, lancia un monito chiaro: l’apertura al libero mercato potrebbe essere l’unica via d’uscita. Ma resta da vedere se il governo cubano sarà disposto a fare questo passo, rinunciando alla sua rigida adesione ai principi della rivoluzione.