Dal valore del riconoscimento professionale alla necessità di modelli organizzativi innovativi, fino ai possibili sviluppi futuri del settore. La Sanità italiana, con la manovra finanziaria ancora da approvare, è in una fase cardine in cui si definisce il suo futuro. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Teresa Calandra, Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Federazione nazionale TSRM e PSTRP). La Dott.ssa Calandra ha analizzato come questi temi si intreccino con le sfide di un Servizio Sanitario Nazionale in continua evoluzione. Un confronto aperto su aspettative, obiettivi e prospettive per un sistema che possa rispondere sempre meglio ai bisogni dei cittadini.
Quali sono le principali sfide che la Federazione nazionale sta affrontando nell’attuale panorama sanitario italiano?
«Le principali sfide che stiamo affrontando sono due: una nei confronti della società e l’altra nel sistema sanitario. Nella dimensione sociale, continuiamo a impegnarci affinché le professioni sanitarie siano conosciute, tutte, contrastando la zavorra informativa che, di fatto, ne evidenzia solo alcune, privando gli individui di una conoscenza preziosa. Non posso, infatti, richiedere o avvalermi delle prestazioni di chi non conosco. Sul piano sistemico, ci impegniamo perché le professioni sanitarie siano massimamente valorizzate, promuovendo modelli organizzativi che consentano loro di esprimere tutto il proprio potenziale, senza alcun vincolo, se non quello delle migliori prove di efficacia rilevabili dalla più robusta letteratura scientifica».
In che modo la recente riforma dell’accesso alle facoltà di medicina influenzerà le professioni rappresentate dalla FNO TSRM e PSTRP?
«Al momento non ci riguarda direttamente, ma è un passo verso la condizione migliore, non solo per la professione. Puntiamo a un sistema universitario altamente selettivo che, in partenza, garantisca massimamente il diritto allo studio, consentendo a quante più persone che lo desiderano di intraprendere il percorso di laurea preferito e, all’arrivo, un numero quanto più preciso possibile di professionisti ben formati: non uno di meno, tanto da ripercuotersi negativamente sulla capacità di risposta ai bisogni, e non uno di più, per non inflazionare la professione».
Come giudica l’impatto della Manovra finanziaria sul Servizio Sanitario Nazionale e, in particolare, sulle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione?
«L’impatto sarà poco rilevante, perché le risorse effettivamente disponibili sono inferiori a quelle necessarie. Su temi come il sistema sanitario e gli altri pilastri dello Stato sociale, sarebbe opportuno uscire dalle logiche di partito o di coalizione per adottare, in tutto l’emiciclo parlamentare, politiche responsabili che, nel rispetto dei diritti costituzionali, garantiscano risorse adeguate agli assi portanti del buon vivere della comunità, in quella dimensione generale, prima che i suoi singoli componenti si differenzino e, inevitabilmente, si dividano. Salute e sanità non possono e non devono essere oggetto di battaglia elettorale, ma di impegno comune, anche in termini di finanziamento».
Quali misure sta adottando la Federazione nazionale per promuovere il riconoscimento e la valorizzazione delle 18 professioni che rappresenta?
«Stiamo promuovendo un modello concettuale che superi l’impostazione tradizionale e, ormai, vetusta dell’intero sistema. Se si pensano solo dall’interno, le professioni sanitarie diventano, inevitabilmente corporative, perché tale prospettiva lo impone, a prescindere dalla qualità degli individui. Invece, dobbiamo tutti fare lo sforzo di guardarci dall’esterno, per cogliere la necessità di aprirsi a modelli più aperti, più fluidi, più flessibili, più integrati, senza che ciò metta in discussione la parte centrale, stabile, identitaria di ogni professione. Infatti, bisogna comprendere che solo una parte di quel che riguarda ogni singola professione è di sua esclusiva competenza, il resto è già condiviso o dovrebbe esserlo. Quel che caratterizza, distingue e legittima una professione è il suo fine, non i mezzi che usa, che devono essere a disposizione di tutti, ciascuno per il suo fine proprio. È in questo modello concettuale che si creano i presupposti per una integrazione vera e non solo pensata, detta e scritta. È ciò di cui ha bisogno il sistema, ciò di cui hanno bisogno le persone assistite».
Può condividere alcune iniziative o progetti recenti della Federazione nazionale che mirano a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria?
«In linea con quanto appena esposto in termini generali, nelle scorse settimane abbiamo preso parte al dibattito sulla prescrizione, acceso dalla notizia delle lauree magistrali a indirizzo clinico per gli Infermieri e, a seguire, per le altre professioni, comprese le nostre. La prescrizione non dovrebbe essere una prerogativa esclusiva di alcuna professione sanitaria, bensì intesa come un mezzo a disposizione di ognuna di esse, per quel che le è proprio. Pertanto, la domanda alla quale dobbiamo rispondere non è se le singole professioni sanitarie possano o meno prescrivere, bensì, cosa ciascuna di esse possa prescrivere, con quali competenze, all’interno di quale organizzazione, secondo quali modalità e, soprattutto, con quali finalità. Diamo per certo che, nei limiti appena richiamati, tale funzione sia pertinente a ogni professione, con le responsabilità correlate e commisurate».
Come sta evolvendo il ruolo delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nel contesto dell’innovazione tecnologica e digitale?
«Le professioni dell’area tecnica sono costituzionalmente più portate a usare le tecnologie, oggi praticamente tutte digitali, ma anche le professioni delle aree della riabilitazione e della prevenzione hanno preso confidenza con l’innovazione tecnologica e le ampie opportunità che offre, soprattutto nel periodo pandemico, quando è stata lo strumento che ha consentito di mantenere in piedi numerosi servizi alle persone assistite. Ciò premesso, è necessario rinforzare la formazione e contrastare le resistenze che l’adozione dell’innovazione tecnologica determina nei confronti dei sistemi consolidati, compresi quelli di potere».
Qual è la sua visione sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale e quale ruolo avranno le professioni rappresentate dalla FNO TSRM e PSTRP?
«La nostra visione è di un Servizio sanitario nazionale sempre più aperto, flessibile, adattabile, rispondente, che coltivi la qualità della relazione tra chi vi opera e chi ne ha bisogno, coi primi sempre più nella condizione di conformarsi alle esigenze dei secondi. Ecco perché servono le premesse concettuali alle quali abbiamo fatto riferimento sopra: se non cambiamo le premesse medico e ospedalocentriche del sistema, non riusciremo mai renderlo come è necessario che sia».
In che modo la pandemia di COVID-19 ha influenzato il lavoro dei professionisti rappresentati dall’Ordine e quali lezioni ne sono state tratte?
«I professionisti dei nostri Ordini sono tutti stati coinvolti in un repentino e intenso processo di adattamento, dimostrando, ancora una volta, la capacità di rispondere alle circostanze del momento, anche di una pandemia che ha fermato il mondo. La lezione principale è che le cose possono essere cambiate, in meglio, se si attiva un moto collettivo e finalizzato, con tutti che si rema dalla stessa parte: piena valorizzazione di ogni professione sanitaria, al di fuori dalle rigidità gerarchiche e burocratiche del sistema; adozione rapida e diffusa delle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica; priorità agli interessi generali, subordinandovi quelli di parte».
Ci sono collaborazioni o sinergie con altri ordini professionali o istituzioni che ritiene importanti per il miglioramento del sistema sanitario?
«Da anni, la nostra Federazione nazionale e i singoli Ordini, a livello locale, promuovono iniziative coordinate con le altre Federazioni e Consigli nazionali e gli altri Ordini professionali. Ciò sta rendendo evidente che quel che ci accomuna è ben superiore di quel che ci distingue. Confrontarsi è fondamentale per conoscersi, la conoscenza è fondamentale per riconoscersi e il riconoscimento è fondamentale per cooperare. Ed è proprio questa collaborazione ciò che il sistema e le persone assistite si aspettano da noi».
Come vede il rapporto tra le professioni sanitarie tecniche e i pazienti in termini di comunicazione e coinvolgimento attivo nella cura?
«Il rapporto tra i professionisti e le persone assistite risente delle spinte efficientiste che, purtroppo, condizionano l’agire in sanità. Non mancano solo le risorse economiche per assumere, costruire/ristrutturare e acquisire, ma anche il tempo per coltivare la relazione con le persone, ingrediente indispensabile per garantire la massima sicurezza ed efficacia della nostra opera».
Quali sono le principali aspettative della Federazione nazionale nei confronti delle istituzioni governative per sostenere le professioni che rappresenta?
«Negli ultimi anni la situazione è oggettivamente migliorata; tuttavia, ci aspettiamo di essere riconosciuti e coinvolti in modo più diffuso e costante, ovunque e sempre. Le nostre Istituzioni rappresentano un patrimonio professionale inestimabile, da coinvolgere attivamente in ogni circostanza, anche nelle dimensioni programmatiche e progettuali, dal Legislatore al Direttore di struttura complessa».