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Gender pay gap nella Sanità: per INPS e Confommercio è ancora significativo

I braccianti della sanità: i medici specializzandi pagati 5 euro l'ora

Nel mercato del lavoro italiano persiste un divario retributivo di genere significativo, secondo i recenti dati del Rendiconto sociale dell’Inps e il rapporto di Confcommercio. La retribuzione media delle donne è inferiore a quella degli uomini di circa il 18% per chi lavora tutto l’anno e del 26% per chi lavora solo una parte dell’anno. Nel 2023, gli uomini hanno guadagnato mediamente 643 euro lordi a settimana, contro i 501 euro delle donne, con una differenza del 28,34%. La retribuzione media annua nel settore privato si attesta a 26.227 euro per gli uomini e 18.305 euro per le donne, evidenziando un divario annuo di circa 8.000 euro.

Anche sul fronte pensionistico, le disparità restano marcate. Nel 2023, la pensione media mensile per gli uomini si aggirava intorno ai 1.750 euro lordi, mentre per le donne scendeva a 1.069 euro. Questa differenza influisce anche sui redditi netti: 1.430 euro per gli uomini e 947 euro per le donne. Secondo l’Inps, i dati confermano che esiste ancora una forte discriminazione di genere in termini occupazionali, contrattuali e retributivi.

In questo quadro, il tasso di partecipazione femminile al lavoro in Italia resta lontano dalla media europea. Nel 2022, la partecipazione femminile tra i 15 e i 74 anni è stata del 49,3%, ben al di sotto della media dell’UE-26 del 61,8%. Secondo Confcommercio, questo gap si è ampliato dal 2018 al 2023, salendo da 11,6 a 12,5 punti percentuali. Questo divario, afferma Confcommercio, rappresenta un ostacolo alla crescita economica a lungo termine del Paese.

Un ulteriore fattore che accentua le disuguaglianze è legato alla maternità. Dopo la nascita di un figlio, la probabilità che le donne lascino il lavoro aumenta, mentre quella degli uomini diminuisce. Nel primo anno di nascita di un figlio, la probabilità di uscita dal lavoro per le donne sale al 18%, mentre per gli uomini scende all’8%. Sette anni dopo, tale probabilità si attesta al 10% per le donne e al 5% per gli uomini. Inoltre, la maternità ha un impatto diretto sui redditi femminili: le donne perdono il 16% del reddito se beneficiano del congedo di maternità, ma il dato sale al 76% se ne sono prive. Gli uomini, al contrario, registrano un incremento del reddito del 50% a sette anni dalla nascita di un figlio.

Nel settore medico, la femminilizzazione è sempre più evidente, come emerge dal Bilancio Sociale 2024 dell’Enpam. Alla fine del 2023, le donne rappresentavano il 50,1% della categoria medica e odontoiatrica. Tuttavia, questa prevalenza non si traduce in parità economica. In media, una donna medico guadagna il 30% in meno rispetto a un collega uomo, con un reddito medio di circa 50.000 euro annui contro gli 80.000 degli uomini. Questa disparità retributiva è presente in tutte le fasce d’età, ma risulta più accentuata nei medici più giovani, confermando il gender pay gap anche all’interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

Un altro dato significativo riguarda i liberi professionisti iscritti agli enti previdenziali: nel 2023, il gender pay gap tra i liberi professionisti si attestava al 45%. Le cause principali di questa disparità includono la scelta di specializzazioni che permettano una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e familiare, oltre a dinamiche professionali che spesso portano le donne a ruoli di collaborazione, con un reddito che tende a coincidere con il fatturato, rendendo l’attività più simile a un lavoro subordinato.

L’incremento delle iscrizioni femminili negli ordini professionali non sembra quindi bastare a colmare il divario di genere. Tra i professionisti under 40, le donne rappresentano oggi il 54%, superando i colleghi uomini, ma senza che questo si rifletta su una parità nei compensi.