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Turetta e la mancata aggravante dello stalking: quando si configura il reato (e quando no)

Turetta e la mancata aggravante dello stalking: quando si configura il reato (e quando no)

In attesa delle motivazioni dei giudici, il commento dell’avvocato Riccardo Lanzo: “Non sono stati riconosciuti lo stato di timore o ansia nella vittima o modifiche significative delle sue abitudini”

Il caso di Filippo Turetta, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, rappresenta un importante precedente per la giustizia italiana. Tra le aggravanti non accettate però c’è quella di “stalking”. Abbiamo quindi chiesto all’avvocato Riccardo Lanzo in che modo si configura dunque per davvero tale fattispecie di reato e quali siano le misure restrittive per chi lo commette.

Turetta è stato condannato all’ergastolo, ma non è stata riconosciuta l’aggravante dello stalking. Cosa ne pensa?

Le due aggravanti contestate, quella dello stalking e quella della efferatezza, non sono state riconosciute dal tribunale, che ha invece confermato la premeditazione. Sarà necessario leggere le motivazioni della sentenza per capire perché il tribunale non abbia considerato né gli atti persecutori né l’efferatezza. Efferatezza, in senso giuridico, si configura quando c’è un accanimento ingiustificato che provoca dolore superfluo, non strettamente legato al reato di omicidio. Per esempio, il numero di coltellate, anche se elevato, non implica automaticamente l’efferatezza. Si valuta l’intento e la modalità dell’azione. Questo è un punto chiave. Per quanto riguarda lo stalking, esso richiede il perdurante stato di timore o ansia nella vittima, o modifiche significative delle sue abitudini di vita causate dai comportamenti dell’agente. Sarà interessante leggere le motivazioni per comprendere perché queste condizioni non siano state riconosciute nel caso di Turetta. Di contro, non sono state concesse nemmeno attenuanti generiche, come la collaborazione processuale o il fatto che l’imputato abbia scelto il rito abbreviato, che ha saltato la fase istruttoria. Anche su questo punto sarà importante leggere la motivazione della corte.

È corretto dire che il reato di stalking in Italia si configura basandosi sullo stato emotivo della vittima?

Sì, l’elemento soggettivo è fondamentale. La percezione della vittima rispetto ai comportamenti dello stalker è centrale. Lo stalking si configura quando la vittima vive situazioni di timore, ansia o modifica delle abitudini di vita a causa delle azioni dell’agente. La difesa di Turetta ha cercato di sostenere che Giulia, nel loro ultimo incontro, si fosse recata volontariamente da lui. Tuttavia, l’accusa ha evidenziato come Giulia fosse preoccupata non solo per la propria incolumità ma anche per il rischio che Filippo potesse farsi del male da solo. Questa situazione di ansia e timore per sé e per un’altra persona è una condizione che può rientrare nella definizione di stalking.

Come si differenzia lo stalking da altre forme di molestie o reati?

Le molestie o minacce possono essere elementi del reato di stalking, ma lo stalking si distingue per la reiterazione dei comportamenti in un arco di tempo significativo e per la capacità di generare un perdurante stato di ansia, paura o modifiche sostanziali delle abitudini di vita della vittima. Molto spesso, chi si sente vittima di stalking dovrebbe documentare il proprio stato psicologico (anche se non è obbligatorio) per dimostrare la gravità dell’ansia o del timore subito.

Quali sono le pene previste per chi commette stalking?

La pena base per atti persecutori va da 1 anno a 6 anni e 6 mesi. La pena aumenta nei seguenti casi: il fatto è commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o da una persona con cui la vittima ha avuto una relazione affettiva; il reato è commesso con l’uso di strumenti informatici (WhatsApp, social media, ecc.); la vittima è un minore, una donna in gravidanza o una persona con disabilità.

Quando non si configura il reato di stalking?

Lo stalking richiede comportamenti oggettivi come minacce o molestie reiterate. Se una persona prova ansia o disagio per motivi non legati a condotte specifiche come vedere regolarmente qualcuno senza che questi commetta azioni moleste, non si configura il reato di stalking. È fondamentale che ci siano riscontri concreti e una reiterazione dei comportamenti nel tempo, oltre a una grave alterazione dello stato emotivo della vittima. Tuttavia, in alcuni casi, la dichiarazione della persona offesa può essere sufficiente per misure cautelari, purché venga ritenuta credibile.

La normativa sullo stalking è efficace o presenta delle criticità?

Il tema è complesso. Da una parte, il sistema garantisce tutele alle vittime, ma dall’altra ci vogliono riscontri solidi per evitare accuse infondate. Per misure cautelari come il divieto di avvicinamento, la parola della vittima può bastare, ma restrizioni più gravi come gli arresti domiciliari o il carcererichiedono prove solide. Il nostro ordinamento, garantista per natura, cerca un equilibrio tra protezione delle vittime e tutela degli imputati, ma applicare questa normativa in modo chiaro e uniforme rimane una sfida.