Home Primo Piano Lo strano attacco di De Gregori contro la “musica passiva”: quando il silenzio è d’oro…

Lo strano attacco di De Gregori contro la “musica passiva”: quando il silenzio è d’oro…

Lo strano attacco di De Gregori contro la “musica passiva”: quando il silenzio è d’oro…

Ieri sera, come tutti i giovedì da ottobre a oggi, è andato in onda su Rai3 “Splendida Cornice“, il salotto culturale di Geppi Cucciari, ormai indiscussa regina del giovedì televisivo. Assurdo, come spesso si ripete, non affidarle la direzione artistica del Festival di Sanremo. Tra gli ospiti della puntata, il maestro Nicola Piovani e, in collegamento telefonico, Francesco De Gregori.La conversazione con i due artisti ha toccato temi profondi, ma anche piuttosto curiosi, tra cui una denuncia inaspettata contro quella che è stata definita “musica passiva”.

Piovani e De Gregori, uniti in un coro di indignazione, hanno lanciato l’allarme: basta mettere il jazz come sottofondo per le lasagne o la musica in loop ovunque, dalle farmacie ai supermercati. Il silenzio, sostengono, è oro. De Gregori, in particolare, ha paragonato l’invasività della musica di sottofondo al fumo passivo, descrivendola come un fenomeno aggressivo e dannoso.

Un’iperbole che non convince

Ora, sebbene il tema possa essere interessante, paragonare la musica al bar o in farmacia a un atto di tortura sembra quantomeno esagerato. E qui entra in gioco un pizzico di sano dissenso: non sarebbe poi così male ascoltare un Vasco Rossi dei tempi d’oro o una Paola Iezzi contemporanea mentre si compra un antibiotico per il gatto. La musica, anche quella “passiva”, ha il potere di unire, sollevare l’umore e, talvolta, salvare una cena da conversazioni che sarebbe stato meglio lasciare al primo boccone.

La contraddizione del principe

Ma quello che davvero lascia perplessi è il tempismo e l’autorevolezza con cui De Gregori si scaglia contro la cosiddetta “deriva musicale”. Un cantautore che, per quanto grande, non è nuovo a flirt piuttosto espliciti con il lato commerciale della musica. Come dimenticare che una delle sue canzoni, La Storia, è stata recentemente utilizzata per uno spot di Enel? Una pubblicità ben confezionata, certo, che racconta il percorso dell’azienda nel mondo illuminato dalle sue luci, con lo slogan degregoriano “La Storia è di chi la costruisce”.

E poi c’è il caso Generale, uno dei brani più celebri di De Gregori, usato senza troppi scrupoli da Matteo Salvini durante una puntata di Karaoke Reporter di Radio Rock 106.6, che senza remore si è messo a canticchiarla dedicandola ovviamente, a Vannacci.

Un messaggio incoerente

Dunque, perché De Gregori, che ha permesso l’uso delle sue canzoni in contesti così “passivi” (e talvolta discutibili), si erge oggi a paladino del rispetto musicale? Denunciare il jazz come sfondo per le lasagne appare, in questo contesto, poco coerente. Forse il problema non è tanto la “musica passiva” quanto il bisogno di riconoscere che la musica – qualsiasi musica – ha sempre un ruolo, che sia protagonista di una pubblicità, riempitivo di un silenzio imbarazzante o conforto in una fila alla cassa. E che, in fondo, ciò che conta davvero non è tanto come la musica si presenti, ma il rispetto che le riserviamo quando abbiamo davvero voglia di ascoltarla.