Il crocifisso nelle scuole non è discriminatorio: lo ha stabilito la Corte di Cassazione chiarendo definitivamente che il simbolo del cristianesimo può rimanere nelle aule.
Crocifisso nelle scuole, la Corte di Cassazione ha deciso: “Non è discriminatorio”
Il crocifisso nelle scuole non è discriminatorio. Con la sentenza 24414/2021, la Corte di Cassazione ha chiarito definitivamente che il maggiore simbolo del cristianesimo può rimanere nelle aule.
Basta però che a volerlo sia «la comunità scolastica», la quale può anche decidere di accompagnarlo «con i simboli di altre confessioni presenti in classe – così sentenzia la Cassazione – e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi».
La corte di Cassazione chiude ad esempio una questione che nel 2019 ha visto il ministro Fioramonti voler togliere il crocifisso dalle classi. La Cassazione risponde anche alla vicenda della scuola di Terni: “Aveva perciò torto, negli anni 2008 e 2009 – ha stabilito la Suprema corte (sentenza 24414) – il dirigente scolastico di un istituto professione di Terni il quale, aderendo alla decisione presa a maggioranza dall’assemblea degli studenti di una terza classe, aveva ordinato l’esposizione del crocifisso in quell’aula scolastica senza cercare un “ragionevole accomodamento” con la posizione manifestata da un professore dissenziente che, durante le sue lezioni, rimuoveva sistematicamente la croce, reclamando il rispetto della propria libertà di insegnamento e di religione. Tuttavia il professore dissenziente non poteva lamentare una compressione della sua libertà di religione dal momento che il Crocifisso resta un simbolo passivo perché non implica alcun atto di adesione, e la libertà di insegnamento di un docente non ne rimane toccata”.
Il crocifisso nelle scuole: la sentenza è equilibrata
Il crocifisso nelle scuole non è né un obbligo né un divieto di esposizione: la sentenza della Cassazione sottolinea come i simboli religiosi esposti devono rispecchiare e rispettare la sensibilità di ciascuno della comunità scolastica: “allorquando la comunità scolastica valuti e decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti all’interno della stessa comunità scolastica e ricercando un ‘ragionevole accomodamento’ che consente di favorire la convivenza delle pluralità”.
Una sentenza che risponde alla pluralità e alle diverse sensibilità religiose e non presenti negli ambienti scolastici italiani.
Dopo la sentenza della Cassazione, arriva la risposta anche della Cei
«Il crocifisso non discrimina». È la sintesi della sentenza che la Cei affida a una nota diffusa dall’Ufficio Comunicazioni sociali. «La sentenza con cui la Corte di Cassazione è intervenuta sulla vicenda sollevata in una scuola di Terni – prosegue il comunicato – ribadisce che “l’affissione del crocifisso non costituisce un atto di discriminazione”».
Secondo il monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, «i giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni, ma è espressione di un sentire comune radicato nel nostro Paese e simbolo di una tradizione culturale millenaria. La decisione della Suprema Corte – continua monsignor Russo – applica pienamente il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, rigettando una visione laicista della società che vuole sterilizzare lo spazio pubblico da ogni riferimento religioso. In questa sentenza la Corte riconosce la rilevanza della libertà religiosa, il valore dell’appartenenza, l’importanza del rispetto reciproco».