Tutti i marines morti nell’attentato all’aeroporto di Kabul non erano ancora nati o erano dei bambini la mattina dell’11 settembre 2001; la quasi totalità di chi vent’anni fa ha voluto la missione in Afghanistan oggi ha più di 70 anni o è morto. Ma che fine hanno fatto i membri dell’amministrazione che all’indomani degli attacchi alle Torri Gemelle decise di dichiarare “guerra al terrore”?
George W. Bush
Iniziamo dal comandante in capo, George W. Bush. Il 43esimo presidente degli Usa si insediò alla Casa Bianca pochi mesi prima dell’attentato e dopo l’elezione più contestata della storia, che lo videro prevalere per una manciata di voti su Al Gore. La mattina dell’11 settembre stava parlando in una scuola elementare quando il capo dello staff gli si avvicinò per comunicargli che un secondo aereo aveva colpito le Torri Gemelle, il viso gli cambiò espressione in un’immagine immortalata da una fotografia diventata celebre. Dopo il termine della presidenza nel 2009 si impose un lungo autoesilio. Oggi è tornato a farsi vedere in pubblico, per dichiarare che Trump “è un pericolo per la nazione”. Non ha votato per Biden, ma dopo la sua vittoria gli ha telefonato per congratularsi, mentre ancora Trump gridava al broglio. Al di fuori della politica, organizza raccolte fondi per i veterani e contro l’AIDS e la malaria in Africa, dove è molto popolare. Ha pubblicato dei libri in cui analizza la sua presidenza e quella di suo padre George H. W. Bush, scomparso nel 2018. Nel tempo libero dipinge cani, la sua autentica passione.
Dick Cheney e Paul Wolfowitz
La paternità delle guerre che persino Donald Trump ha definito “stupide”, più che al presidente di allora è attribuibile al suo vice, Dick Cheney, “l’uomo nell’ombra” come è stato definito da un film del 2018 di Adam McKay con Christian Bale. Formatosi tra i banchi dell’American Enterprise Institute, un think thank nato nel 1938 che ha innalzato il neoconservatorismo alla guida della politica estera americana durante le amministrazioni Bush, Cheney nel 1992 aveva incaricato il futuro vicesegretario della difesa e presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz di elaborare una nuova dottrina strategica. In meno di 10 anni il memorandum di Wolfowitz divenne “la dottrina Bush” che fece degli Usa “il poliziotto della terra”, intento a “esportare la democrazia” intervenendo in quanti più “stati canaglia” della terra.
Oggi Cheney ha 80 anni e – nonostante 4 infarti, accuse di violenza sessuale da parte della scrittrice Cathy O’Brien e un’inchiesta della Cia su “programma contro il terrorismo” che prevedeva abusi e torture a Guantanamo – continua a partecipare all’agone politico, come sempre nell’ombra. Ha sostenuto la conquista del suo seggo al Congresso per la figlia; ma ha criticato Trump, rompendo con i repubblicani. Wolfowitz è stato coinvolto in una relazione con una responsabile della comunicazione della Banca mondiale, Shaha Ali Riza; è editorialista di alcuni importanti giornali e nel 2016 ha annunciato di votare Clinton.
Colin Powell
Una delle immagini correlate all’11/9 più immediate è quella della farsa delle armi di distruzione di massa per invadere l’Iraq. A sventolare le prove in una sessione dell’Onu fu Colin Powell, il Segretario di Stato. Saddam fu catturato e impiccato, ma le armi non furono mai trovate. Pur dichiarandosi repubblicano, Powell ha votato Obama, Clinton e Biden, prendendo anche parte alla convention democratica. Ha lasciato il partito repubblicano dopo l’assalto del 6 gennaio scorso al Campidoglio.
Condoleezza Rice
A cogliere le redini di Powell nel secondo mandato di Bush fu Condoleezza Rice, malgrado nell’estate 2001 avesse sottovalutato l’allarme del direttore della Cia George Tenet – dimessosi nel 2004 – su possibili attacchi di al-Qaeda. Dopo il 2009 è ritornata al ruolo di direttrice di un think thank a Stanford, membro del board di Dropbox ed è stata una delle prime due donne a entrare nell’Augusta National Golf Club.
Donald Rumsfeld
Il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, fu il teorico della guerra preventiva in Afghanistan e Iraq ed approvò il programma di “tecniche di interrogatorio aggressive”, responsabile di torture e violazioni dei diritti umani nelle prigioni di Abu Ghraib e Guantanamo. Si dimise nel 2006, in seguito alla sconfitta alle elezioni di mid-term. È morto nel giugno 2021.
John Bolton e Rudy Giuliani
Qualche membro dell’amministrazione Bush ha mantenuto dei ruoli politici sotto Trump. John Bolton, Rappresentante permanente alle Nazioni Unite tra il 2005 e il 2006, è stato nominato Consigliere per la sicurezza nazionale nel 2018 da Trump. Il rapporto con The Donald è stato burrascoso, tanto che il 10 settembre 2019 il presidente ha annuncia via Twitter di averne chiesto le dimissioni. L’anno successivo Bolton ha pubblicato The Room Where It Happened, un libro di memorie sul periodo svolto alla Casa Bianca che ha destato enorme interesse, al punto che l’autore è stato chiamato a comparire durante le sedute di impeachment al Senato.
Rudy Giuliani era il sindaco di New York in quei drammatici giorni di settembre del 2001 in cui si contraddistinse: Oprah Winfrey lo definì “sindaco d’America”, mentre Time lo elesse “Person of the year”. Nel 2008 si candidò alle primarie repubblicane, ritirandosi ben presto. Nel 2017 fu nominato da Trump consigliere per la Sicurezza informatica della Casa Bianca, un anno dopo entrò nel suo staff legale lavorando assiduamente in difesa di Trump. È stato coinvolto nella Ucraina-gate che portò all’impeachment. Nel 2021 una Corte d’appello ha sospeso la sua licenza legale per dichiarazioni “false e fuorvianti” sulle elezioni del 2020.