Aumento della domanda, riduzione dell’offerta da parte di alcuni dei maggiori fornitori, compensazione delle quote di inquinamento da parte delle grandi aziende energivore europee. Sono questi i tre principali fattori trainanti che hanno comportato l’aumento del prezzo delle bollette energetiche, che l’Autorità di regolazione per l’energia le reti e l’ambiente (Arera) stabilirà il prossimo 1 ottobre.
Transizione energetica, cosa non sta funzionando
Potrebbe toccare anche il 40% ha detto il ministro Cingolani. I rincari non sono certo un’esclusiva italiana, dato che tutta Europa è alle prese con aumenti di questo tipo e importo.
La domanda di materie prime
Il più importante dei tre fattori è certamente l’eccesso della domanda di materie prime, dettato dall’aumento della domanda post-pandemica, che ha spinto le imprese a produrre di più, con conseguente aumento del fabbisogno di energia. In particolare è il prezzo del gas – con cui l’Italia copre la maggior parte del proprio consumo energetico, e che è però interamente importato – ad aver conosciuto un’autentica fiammata da inizio anno: con un balzo del 170%.
Russia e Norvegia, chi “boicotta” l’Europa
Il secondo fattore che ha scombinato la fornitura è il mancato rimpiazzo degli stoccaggi, reso difficile anche dal fatto che i maggiori fornitori, Russia e Norvegia, stanno fornendo meno gas all’Europa.
Lo scenario è completato dal terzo fattore, che pesa in misura nettamente inferiore rispetto ai primi due ed è legato alle politiche europee di de-carbonizzazione. Le grandi imprese energivore acquistano quote di emissione di anidride carbonica, progressivamente sempre più scarse e dunque sempre più care, con conseguente aumento dei prezzi di produzione che quindi incidono sul rincaro dei costi in bolletta. È peraltro proprio alle risorse ricavate dalla vendita di queste quote che il governo ha fatto ricorso per alleggerire con 1,2 miliardi gli aumenti di quest’estate.
Energia, ecco l’autunno caldo (o freddo?): stangata da 500 euro
Tutti i partiti si vedono allineati nella richiesta d’intervento da parte del governo contro questo rincaro. “Le cose vanno fatte perché si deve, anche quando sono impopolari” ha affermato il premier Mario Draghi, parlando in generale ma subito dopo l’allarme lanciato dal ministro Cingolani. La stangata, calcolata in circa 500 euro di aumento annuo per una famiglia con due figli, rischia di essere una pesante incognita sulla transizione ecologica del paese.
Per questo Draghi ha garantito l’impegno del governo per tutelare consumi e imprese: “Vogliamo accelerare sulla de-carbonizzazione, ridurre le emissioni e puntare su tecnologie all’avanguardia, come l’idrogeno. I tempi di questo processo devono essere veloci ma compatibili con la capacità d’adattamento della nostra economia. Lo stato deve essere pronto ad aiutare cittadini e imprese nell’affrontare i costi di questa complessa trasformazione”.
Tra le ipotesi sul tavolo c’è una riduzione sostanziale dell’Iva sull’elettricità.
“Con il ministro Cingolani siamo d’accordo sulla necessità di calmierare i prezzi” ha affermato il capo del Movimento 5 stelle Conte, in sintonia con il Partito democratico. “Fa riflettere un ministro che annuncia l’aumento delle bollette, anziché provare a spiegarci come fermarlo” tuona dall’opposizione Giorgia Meloni. “Cercheremo di evitare aumenti che dipendano dalla situazione internazionale e che vadano a impattare sulla competitività delle aziende e soprattutto sul reddito delle fasce più deboli”, la replica di Cingolani. Anche la Lega torna alla carica contro ogni aumento delle tasse.
La complessa transizione ecologica frena la riforma del catasto e di conseguenza quella del fisco, che il programma di governo di Draghi contava di chiudere in tempi brevi.