La Cina ha annunciato di voler diventare “carbo neutral” entro il 2060. Si tratta di una deadline piuttosto stretta, specie per una potenza industriale che per la sua ascesa negli ultimi vent’anni ha puntato molto sul carbone, con pesanti conseguenze per il clima mondiale. Da qualche anno, però, il Presidente Xi Jinping ha spinto per una svolta verde, anche grazie al consiglio di Qimin Chai, direttore dell’International Cooperation Department in National Center for Climate Change Strategy and International Cooperation (NCSC) e autore di un piano che prevede, oltre agli investimenti nelle rinnovabili anche l’abbattimento delle emissioni di CO2 grazie al “carbon sink”. Insomma, produrre meno emissioni ma anche catturare quelle esistenti, intrappolandole in ambienti in grado di conservarli lontano dall’atmosfera. È una tecnologia ancora nuova ma a fungere da sink sono oceani e foreste, oltre che riserve sotterranee. È anche per questo che la Cina sta piantando alberi da ormai quarant’anni, e continuerà a farlo (c’è anche una festa dedicata alla cosa, il 12 marzo). Ovviamente l’obiettivo cinese è di usare queste politiche per favorire lo sviluppo economico, creando posti di lavoro e investendo in innovazione tecnologica.