In Cina una nuova bolla? “Abbiamo troppe fabbriche di macchine elettriche”. Lo ha detto pubblicamente Xiao Yaqing, Ministro per l’industria e la tecnologia a metà mese, spingendo per acquisizioni e fusioni nel settore. I timori di Yaqing, e quindi del governo, sono in effetti ben giustificati dai numeri del paese, che ha vissuto un’esplosione nel settore della mobilità elettrica.
Auto elettriche in Cina: ecco i numeri
Secondo la stima del Financial Post, la Cina ha 846 “produttori d’automobili registrati”. Di questi, più di trecento si specializzano in veicoli di nuova generazione, siano essi elettrici o ibridi. Nel solo 2020 il paese ha raggiunto una capacità di produzione superiore ai cinque milioni di veicoli. All’anno. Il quadruplo delle vendite di EV in Cina, ad oggi, per dire. Il governo di Pechino, sempre più pronto a controllare vari settori dell’industria, è quindi molto preoccupato.
Auto elettriche in Cina: è già bolla?
Anche perché, secondo dei dati governativi, solo la metà di quella capacità industriale sarebbe oggi in uso. I cinesi, insomma, hanno sovrastimato la domanda interna di motori elettrici – e quella straniera è ancora troppo bassa, per quanto in crescita.
Nei giorni in cui tutto il mondo parla del caso Evergrande e di una possibile bolla immobiliare cinese, questi enormi spazi industriali per una tecnologia d’avanguardia fanno paura, insomma. Per questo il governo centrale vuole intervenire.
Eppure è proprio la forte presenza statale ad aver potenzialmente peggiorato il problema.
Il ruolo dello Stato nel settore elettrico cinese
Secondo Gary Dvorchak, consulente strategico del Blueshirt Group, la competizione di tipo capitalista produce effetti simili: “Ti ritrovi con un milione di aziende e una situazione di sovrapproduzione”. Di solito, però, molte di queste chiudono o vengono svendute, risolvendo lentamente il problema. Non in Cina, però, dove “queste società ricevono aiuti governativi” e quindi rimangono in vita. Galleggiano, insomma.
Molte delle realtà in crisi sono fatte di nomi sconosciuti al di fuori della Cina, ma che nascondono investimenti massicci. E un problema industriale. Lo ha raccontato anche Bloomberg visitando gli stabilimenti di Byton e Bordrin, due delle aziende più in difficoltà. Giganti nati grazie a finanziamenti e incentivi di alcune province cinesi, con la promessa di posti di lavori facili e abbondanti. La cuccagna è terminata lo scorso novembre, quando le autorità hanno iniziato a chiedere conto degli sforzi fatti, scoperchiando il buco nel settore.
Evergrande perde anche nel settore elettrico
Ma la citata crisi di Evergrande non si limita solo all’immobiliare. Il gigante cinese oggi in crisi è stato tra le molte realtà a investire nel settore delle auto elettriche, con la China Evergrande New Energy Vehicle Group Ltd. Questa azienda era arrivata a una quotazione superiore a quella della Ford e oggi si ritrova travolta da una duplice crisi. Da una parte, quella legata al legame con Evergrande stessa. Dall’altra, quella di un’industria gonfia di dollari, anzi Renminbi, che rischia ora di sparire in una bolla.
Nel frattempo, proprio la scorsa settimana, Volkswagen ha annunciato la costruzione di una nuova fabbrica di batterie, proprio in Cina. Qualcuno dica ai tedeschi che ce ne sono già tante, vuote e pronte all’uso.
(Foto: Envato)