L’estate è finita e anche la nazionale se n’è accorta nella notte di San Siro che ha segnato l’atto conclusivo della lunga striscia di imbattibilità (37 partite) culminata nella conquista dell’Europeo a Wembley. L’eliminazione dalla Nations League è un colpo facilmente assorbibile dentro una stagione così straordinaria, ma il modo in cui la Spagna si è imposta agli azzurri crea qualche crepa nella corazza di autostima su cui si sono basate le imprese dei ragazzi di Mancini negli ultimi dodici mesi.
A lungo le Furie Rosse hanno dominato, non solo grazie alla superiorità numerica: si è rivista quella differenza di organizzazione e tecnica che troppo spesso negli anni Duemila è stata a svantaggio del nostro calcio nel confronto con quello spagnolo. Siccome adesso i più forti siamo noi, ma è una posizione non consolidata nel tempo, il ko fa suonare qualche campanello d’allarme in vista di quello che attende la nazionale da qui al Mondiale in Qatar dell’inverno 2022.
Mancini ha carta bianca alla guida del progetto e non sarà certo la semifinale persa a cambiare il suo status agli occhi della Federcalcio e dei tifosi. Però adesso sa che qualche aggiustamento andrà fatto, anche se il nostro è un gruppo fondamentalmente giovane e con ancora qualche margine di crescita, non la solita squadra bollita post grande vittoria per la quale serve un ricambio generazionale immediato. Quello, semmai, può essere un ragionamento riservato alla difesa dove la differenza tra presenza o assenza di Chiellini continua ad emergere e le 37 primavere del centrale della Juventus non possono lasciare tranquillo il ct, più che mai appeso al rendimento del livornese. E poi ci sono i ragazzotti che scalpitano alle spalle dei titolari, partendo da Tonali che sta facendo benissimo nel Milan e in azzurro non trova ancora posto.
In fondo la Spagna ha sbancato San Siro lasciando a casa tutti i giocatori del Real Madrid e schierando titolari un 2004, un 2002 e un 2001: Luis Enrique sta costruendo il futuro andando a marce forzate. Mancini, da quello che si è capito, avrebbe fatto volentieri la stessa cosa ma si è trovato nella necessità di dover rispettare chi lo ha portato sul tetto d’Europa e la Figc che sull’organizzazione della Final Four di Nations League ha investito molto in termini economici e di immagine.
Di sicuro aver perso l’imbattibilità potrà rappresentare un vantaggio per il tecnico, ora libero di provare a inserire i correttivi. Il guaio è che non ci sono alle viste attaccanti di livello internazionale perché Kean continua a non essere né carne né pesce e gli altri sono molto indietro, a partire da Raspadori portato all’Europeo in extremis e presentato come il nuovo Paolo Rossi: il suo avvio di stagione al Sassuolo è stato stentato. Quindi anche nel 2022 saremo la nazionale di oggi a livello di impostazione, mentre le nostre avversarie avranno modo di cambiare e crescere. Ecco perché la lezione della Nations League è importante: l’estate è finita e prima se ne prende atto meglio sarà per tutti. Anche per evitare un brusco risveglio a novembre, quando in palio ci saranno i punti determinanti per andare al Mondiale del Qatar al quale, giova ricordarlo, non siamo ancora qualificati perché a settembre ci siamo complicati la vita contro Bulgaria e Svizzera. I primi segnali della necessità di rialzare i giri del motore lasciandoci alle spalle le feste post Europeo.