1999-2021, ventidue anni. Tanto abbiamo dovuto attendere come italiani per vedere il tricolore sventolare sul pennone più alto del velodromo di Roubaix mentre sul podio un italiano, Sonny Colbrelli, stringeva al petto il pezzo di pavé, simbolo supremo del successo in quella che forse è la corsa più affascinante del ciclismo mondiale.
Tutto questo basterebbe da solo a definire un successo l’annata del ciclismo azzurra. A questo va poi aggiunto il trionfo di Elisa Balsamo che nelle Fiandre si è portata a casa il titolo di Campionessa del Mondo, alla faccia delle favoritissime olandesi. Poi quello dello stesso Colbrelli nel Campionato Europeo. E, in ultimo, i trionfi di Ganna alle Olimpiadi ed ai Mondiali di inseguimento.
Quindi, arrivati a fine stagione con il Giro di Lombardia alle spalle (e l’ottimo secondo posto di Masnada) ed in fase di bilanci, dal punto di vista dei risultati la stagione del ciclismo italiano è positiva.
Questo malgrado la miseria di atleti di livello nelle corse a tappe dove al massimo possiamo puntare a qualche vittoria di tappa. Ma…
Ciclismo italiano, che risultati! Ma c’è il “caso Cassani”
C’è però un «ma» su tutto. E non stiamo parlando di quanto succede in strada, piuttosto fuori, nei corridoi della Federazione. Parliamo ovviamente del «Caso-Cassani», il tira e molla tra i vertici e ormai l’ex ct della Nazionale di ciclismo.
Da poche ore infatti la parola fine è arrivata. A metterla lo stesso Cassani che ha rifiutato l’incarico di Presidente della Ciclistica Servizi.
Ciclismo, Cassani spiega le ragione della rottura con la federazione
Su fb Davide Cassani ha spiegato le ragioni del suo no: «Io sono un uomo da strada e non da scrivania, è questa essenzialmente la ragione per cui io non posso e non voglio andare contro me stesso, non posso ignorare quello che sono e soprattutto quello che non so fare». Parole educate, di un uomo educato che però non raccontano tutto.
Nel raccontare questa storia servono dei passi indietro a cominciare dalle burrascose Olimpiadi con Cassani che lascia Tokyo nero di rabbia, di fatto cacciato, senza dirlo apertamente, dal suo ruolo.
Una decisione strana, che non piace ai ciclisti affezionatissimi a Cassani, che non piace ai giornalisti di ciclismo affezionatissimi a Cassani. E così la Federazione frena, anzi, rallenta nel prendere una scelta che ha tutto il diritto di prendere tra l’altro.
Capita poi che il ciclismo italiano vive un autunno incredibile per risultati e se tra i motivi della sostituzione del ct c’erano anche i successi scarsi della Nazionale anche questo viene meno.
Lo strappo ormai è insanabile. Bisogna quindi trovare il modo di salvare la faccia, tutti quanti. Lo stratagemma, come accade in tutte le aziende del mondo: basta proporre un incarico differente, importante ma di sicuro di minor appeal per il diretto interessato ed il gioco è fatto. La Federazione ha la coscienza a posto («noi un incarico gliel’abbiamo offerto»), Cassani pure («grazie dell’offerta, ma dico no»).
Tutto a posto? No, perché in questi tira e molla diciamo che qualcuno non ci ha fatto una bella figura. Quando si prende una decisione serve appunto chiarezza, onestà, coerenza. Altrimenti si ha il dubbio che la strada presa sia quella sbagliata.