Il “sabato nero” delle manifestazioni NoVax in giro per l’Italia, culminato con l’assalto alla Cgil di Roma, ha rimesso Forza Nuova, partito politico di destra radicale di ispirazione fascista – che però non viene apertamente rivendicato nel programma – al centro delle cronache.
Il professor Marco Cuzzi, docente di Storia contemporanea all’Università Statale di Milano ed esperto di storia del fascismo e del neofascismo in ambito italiano e internazionale, fornisce le coordinate storiche, culturali e politiche dell’organizzazione di Roberto Fiore.
Professore, partiamo da un dato: il primo obbligo vaccinale in Italia – dopo quello contro il vaiolo nel 1888 – lo ha imposto proprio il fascismo, nel 1939 contro la difterite. C’è un corto circuito tra l’ideologia e la prassi storica del fascismo e le proteste inneggianti alla “libertà” di questi giorni?
Tutti i movimenti ispirati al fascismo sono nati chiedendo libertà. Lo stesso Mussolini nel 1919 con la fondazione dei Fasci di combattimento aveva dato vita a un movimento libertario. Anche il nazismo nasce seguendo un principio di libertà del popolo tedesco da quelli che Hitler considera suoi oppressori: ebrei, comunisti, banche. Tutti i movimenti di estrema destra nascono invocando una libertà, che poi ovviamente si declina a seconda degli interessi ideologici. È chiaro che poi la scienza della politica mostra come i movimenti siano una cosa e le istituzioni un’altra. Finché si è nella fase originaria di un movimento, Mussolini o Roberto Fiore – per venire ai giorni nostri – possono inneggiare a ideali e proteste di libertà fini a sé stesse. Nella storia, quando i fascismi da movimenti si sono istituzionalizzati, sono sempre scesi a compromessi coi loro proclami libertari. Non c’è cortocircuito, i neofascisti sono semplicemente fuori da ogni leva di comando.
Come possiamo definire Forza Nuova, è un movimento in linea coi movimenti post-fascisti dopo il 1945?
Assolutamente no. Da un punto di vista storico e culturale non possiamo paragonare Pino Rauti o Julius Evola a Roberto Fiore. Possiamo considerarli “cattivi maestri”, ma è innegabile che a capo di quei movimenti c’erano uomini dalla cultura profondissima. Ordine Nuovo aveva elaborazioni culturali e politiche. Se vogliamo cercare una vaga continuità di FN con i neofascismi storici, la possiamo trovare in Avanguardia Nazionale – nata nel 1960 con una scissione da Ordine Nuovo – che aveva una propensione allo squadrismo e allo scontro di piazze. Erano dei mazzieri al servizio di poteri occulti, indipendentemente dagli sforzi intellettuali del fondatore, Stefano Delle Chiaie. Negli anni Settanta, Orion e Terza Posizione svilupparono ragionamenti e fermenti culturali, eversivi e tremendi, ma almeno c’erano; al contrario di Forza Nuova, che ha elaborato una strana forma di nazional-clerical-populismo che ha poco a che fare con la tradizione fascista. Non c’è spiritualismo, l’attenzione al sociale non si accompagna alla riflessione e alla politica sociale – che ebbero Pino Rauti ed Ernesto Massi – fanno populismo di basso profilo. È un’estrema destra povera di spirito e cultura. Basti sentire l’inno di Forza Nuova che è una copiatura stonata dell’inno franchista Cara al Sol. Il programma politico poi è scarso nei contenuti; se vogliamo rimanere in casa neofascista, CasaPound ha un’elaborazione decisamente più attiva.
In questi giorni si invoca da più parti il ricorso alla Legge Scelba del 1952 per promuovere lo scioglimento di associazioni eversive fasciste. Esistono i termini legali e politici per il ricorso?
A livello legale posso solo abbozzare la considerazione che le leggi Scelba del 1952 e Mancino del 1993 hanno tanti cavilli che permettono ai movimenti neofascisti di aggirarle, semplicemente evitando di inserire la dicitura “fascista” in simboli e programmi. Così nei decenni Almirante ha potuto dichiarare “Io sono fascista”, salvo poi evitare di includerlo ufficialmente nei documenti del Movimento Sociale. Si può inneggiare liberamente al fascismo, è solo la ricostruzione del partito fascista che viene punita: una specifica facile da circuire. E i movimenti neofascisti hanno poco cultura, ma buoni avvocati.
Da un punto di vista politico, da storico ritengo che sciogliere un movimento politico, sia pure fascista, d’imperio comporti delle criticità. A livello istituzionale, sancirebbe la debolezza del nostro sistema democratico: un paese forte non ha paura di questi gruppuscoli estremisti irrilevanti. A livello parlamentare si crea un precedente pericoloso: Ordine Nuovo venne sciolto nel 1973 da una sentenza della magistratura, il parlamento rischierebbe di ricorrere a un’arma a doppio taglio. Il terzo motivo è pratico, di ordine pubblico e d’intelligence: questi gruppi se sono visibili sono anche controllabili, sciogliendoli si rischia la dispersione. O, come è più probabile, la riproposizione: Forza Nuova è nata dallo scioglimento di Terza Posizione.
Siamo tornati a una situazione da dopoguerra? C’è il rischio del ritorno di una stagione di violenza e attentati come negli anni di piombo?
Non credo che sia il momento dell’allarmismo. Certo, la rabbia sociale è tanta, ma come non va sottovalutata, non è il caso di cavalcarla. Il 2021 non è il 1921 e nemmeno il 1971: non ci sono le stesse condizioni di rischio per la tenuta democratica dei due Dopoguerra.
Un altro grande studioso del fascismo, Emilio Gentile, in un’intervista al Foglio ha dichiarato che questi manifestanti vanno chiamati “selvaggi”, non fascisti; e che parte della colpa di quest’epoca di pazzi è da attribuire al cattivo lavoro dei media. Lei riscontra altri responsabili?
Non posso contraddire Gentile, che su di me esercita un’egemonia di gramsciana memoria. Posso solo aggiungere che un’importante responsabilità l’ha anche la politica: i partiti guardano solo alla pancia degli elettori. Come diceva Pannella: un conto è il cittadino, un altro la plebe. Il combinato disposto tra media e politica dovrebbe mediare gli impulsi ferini della gente. Se viceversa si mettono a capeggiarli, si rischia di ferire la democrazia. Vale per tutte le forze politiche dell’arco parlamentare, che non hanno visione.
Nel secondo Dopoguerra i partiti rappresentavano il meglio di un paese che usciva dal regime e dall’esperienza della Resistenza, oggi navigano a vista perseguendo solo interessi immediati. C’è un insiemismo confuso che ricerca il voto di tutti.
Qual è il rischio di infiltrazioni fasciste dentro partiti di estrema destra e centrodestra e istituzioni pubbliche?
Nelle istituzioni, penso alla magistratura, direi che non c’è questo pericolo. Per quanto riguarda i partiti, il rischio esiste. È necessario che i partiti di centrodestra in Italia rifiutino l’insiemismo, tirando una riga con ogni retaggio neofascista. Purtroppo, vista la situazione attuale questa chiusura è impensabile.
Almirante, dopo il processo per il “giovedì nero di Milano” nel 1973, si discostò dalle frange eversive: la narrazione missina parla di “presidio contro gli estremisti“, a guardar male fu tornaconto elettorale, li scaricò perché stava cominciando a perdere voti. Negli anni Settanta quasi tutti i terroristi neri orbitavano intorno al Msi – così come molti terroristi rossi avevano avuto un passato nei partiti e nei sindacati dell’estrema sinistra o nella Fgc, sono i famosi “album di famiglia” di cui parlò Rossana Rossanda de Il Manifesto – oggi questo pericolo non sembra esserci. Certo poi: voto, come pecunia, non olet.
La rete internazionale della destra radicale sembra vivere una fase di stallo, dopo il tramonto di Trump. Rimangono connessioni internazionali di una internazionale fascista?
Bannon aveva avuto l’intuizione, dal suo punto di vista non stupida, all’inizio dello scorso decennio di creare l’internazionale dei populismi. La storia insegna che non funziona, essendo un ossimoro. Lo tentò il fascismo nel 1933 con i CAUR, Comitati d’Azione per l’Universalità di Roma, di Eugenio Coselschi – la versione mussoliniana del Komintern. Ci riprovarono Almirante e il giovane Fini con l’Eurodestra di Almirante e del primo Fini: naufragarò a causa dei Republikaner bavaresi di Franz Schoenhuber – antesignano dell’attuale Alternative für Deutschland – che rivendicava l’indipendenza del Sud Tirolo.
Allo stesso modo l’internazionale populista di questi giorni si compone di destre nazionaliste che tra di loro non riescono a parlarsi. Un internazionalismo pro domo sua che è ruotato intorno a Orban, salvo poi naufragare quando il presidente ungherese ha chiuso al ricollocamento dei migranti di Lampedusa.
Forza Nuova appartiene a un piccolo raggruppamento internazionale, ha contatti con i francesi di “Generation Identitaire”, i tedeschi di “Combat 18” e gruppi britannici, con cui Fiore strinse contatti negli anni della latitanza a Londra per sfuggire a un mandato di cattura della magistratura italiana.