Il podio strappato da Vettel sotto la pioggia di Istanbul è solo un pannicello caldo nella stagione disastrosa della Ferrari. I conti non tornano e sta diventando una triste abitudine. Negli ultimi cinque anni Maranello ha speso non meno di due miliardi di euro nel suo reparto corse per raccogliere le briciole e incassare puntuali disfatte dalla Mercedes. Che, per rendere completo il paradosso, nello stesso arco di tempo ha complessivamente investito meno dei circa 400 milioni a stagione della Ferrari per ottenere molto di più. E (molto) meno ha speso la Red Bull le cui stagioni costano circa 250 milioni e da inizio 2019 hanno prodotto 4 GP vinti e il ruolo di anti-Mercedes.
Nello scorso mese di dicembre l’amministratore delegato del Cavallino, Louis Camilleri, aveva annunciato un “budget record” per il 2020. Montagne di soldi anche per anticipare lo sviluppo dell’auto in vista di un 2021 con entrata in vigore del taglio dei costi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e il prossimo sarà un campionato ancora di sofferenza. Almeno la Ferrari si risparmierà lo stipendio di Sebastian Vettel che in questa stagione ha preso 40 milioni di euro (succede dal 2018) spalmandoli sulla miseria di 33 punti: 1,2 il costo medio.
Ha fallito la politica orizzontale di valorizzazione dei talenti interni, voluta dal compianto Marchionne, sta fallendo Binotto e la luce in fondo al tunnel non si vede ancora. Un supplizio, però, necessario alla Ferrari se è vero che nel bilancio 2019 dell’azienda è scritto a chiare lettere che “la partecipazione alla F1 è l’elemento chiave della strategia di marketing e fonte di innovazione tecnologica”. Il motivo? Le gare, per quanto noiose, hanno un’audience planetaria di 1,9 miliardi di persone. Impossibile rinunciarvi. L’ideale sarebbe evitare brutte figure a ripetizione.