Dovevano essere tutte elettriche e senza guidatore. In grado di essere richiamate dall’utente con un tap dal proprio smartphone, arrivando silenziosamente a destinazione. Il tutto a prezzi stracciati, ovviamente.
Troppe promesse, risultati scarsi (pure troppo)
Era questo il mito del ridesharing raccontato per anni da Uber e Lyft, negli Stati Uniti e non solo. Un sogno che, dopo anni di scandali e attese, non sembra più destinato a diventare realtà. Non solo: la nuova realtà dei fatti sembra essere peggiore di quella iniziale, avendo creato precariato e aumentato il traffico cittadino.
A sostenerlo è un provocatorio editoriale del New York Times, che mette in fila tutte le conseguenze nefaste di Uber, Lyft et similia. Spostamenti veloci, sostenibili, in grado di rendere gli spostamenti cittadini più facili? Nulla di tutto questo.
L’inquinamento causato da Uber & Co.
Greg Bensinger, autore dell’articolo, ricorda ad esempio come alcuni studi stiano puntando il dito anche sull’aumento delle emissioni di CO2 causate da questi servizi. Secondo alcuni scienziati, infatti, l’aumento di servizi di ridesharing limita un certo tipo di inquinamento: quello emesso dalle auto quando vengono avviate. Il motivo? Le auto che lavorano per conto di queste aziende rimangono accese continuamente, limitando questo tipo di gas.
Peccato che le conseguenze benefiche di queste mancate emissioni non si sentano, proprio a causa dell’utilizzo continuo dei veicoli, costretti a vagare per la città per raccogliere gli utenti. Su sei città degli Stati Uniti, questo girare a vuoto rappresenta il 40% dei chilometri percorsi dai veicoli Uber e Lyft.
Il fallimento del carpooling, l’aumento degli ingorghi
Quanto al traffico, le notizie non sono così migliori. Pur avendo promesso un futuro fatto di carpooling e “passaggi” condivisi con più utenti, la realtà è che quel tipo di servizio non ha mai preso piede. Le persone infatti preferiscono viaggiare soli, con il risultato che in alcune città americane gli ingorghi sono spesso composti da macchine di Uber e Lyft. Alla faccia dell’efficienza. Dati alla mano, il traffico nelle città americane è aumentato del 5% da quando questi servizi hanno preso piede.
Così, a 2021 più che inoltrato, non si può che misurare l’abissale distanza tra le promesse e quanto è stato mantenuto. E il panorama si fa deprimente. Proprio il 2021, infatti, doveva essere l’anno in cui “la maggior parte dei viaggi” di Lyft doveva essere a guida autonoma. A prometterlo fu il CEO dell’azienda stessa, nel lontanissimo 2016.
La distanza del mito dalla realtà
Ci risiamo, quindi, con il sogno delle macchine auto-guidanti. Persino Elon Musk ha recentemente ammesso che sono “difficili”, dopo anni di annunci che le facevano sembrare ormai pronte.
La realtà è che si tratta di una tecnologia ancora acerba in cui anche Google, che per prima investì nel settore, ha qualche difficoltà. Tolte le promesse futuristiche, rimane una manciata di servizi pieni di debiti, che notoriamente hanno difficoltà a limitare le perdite, nonostante gli investimenti ricevuti. Servizi che, a conti fatti, hanno creato una casta di lavoratori della gig economy sempre più precari, dopo aver messo in profonda crisi il settore del taxi tradizionali.
Ci volevano Uber e Lyft per farci rimpiangere i tassisti.
(Foto: Envato)