I consigli elettivi e il Parlamento non servono a niente. Quindi possiamo tranquillamente chiuderli e mandare a casa tutti. Ovviamente è una provocazione, ma a guardare il PNRR vien proprio da pensare che sia qualcosa di inquietantemente molto più vicino alla realtà di quanto pensiamo. E dunque: due parole sul PNRR. Che cosa vuol dire, prima di tutto? Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Valore? 222 miliardi di euro, tra una cosa e l’altra, malcontati. Il Governo ha spiegato di aver “provveduto ad una riscrittura del Piano, anche alla luce delle osservazioni del Parlamento”.
Quindi, il piano è stato riscritto. Bene. I progetti che vengono finanziati dal Piano, su base comunale, provinciale e regionale sono stati resi pubblici? Come sono stati presentati? Come faccio io, abitante mettiamo caso della Valtellina, a sapere di avere abbastanza investimenti sul mio territorio? O a sapere che ce ne siano, e quali siano? Ad oggi i progetti del PNRR sono il segreto di Fatima che non è stato svelato. In tutta la campagna elettorale di Milano non si è parlato, nel concreto, di PNRR. Viene invocato come un mantra, il PNRR. “Quando arriveranno i fondi del PNRR”, “Come gestiremo i fondi del PNRR”, “Dobbiamo fare in fretta per il PNRR”. Manco il PNRR camminasse da solo sulle gambe.
Ma allora, chi è che decide sul PNRR? Il Parlamento eletto? Macché. Il consiglio comunale della tua città? Macché, non ne sanno niente. Il consiglio regionale della tua Regione? Idem: in Lombardia la maggioranza di governo ha chiesto di poter capire dove vanno i fondi perché non l’hanno mica capito. Figurarsi. Però il governo ci spiega che “nel mese di aprile 2021, il piano è stato discusso con gli enti territoriali, le forze politiche e le parti sociali”. In che senso discusso? Che cosa abbiamo mandato in Europa a far approvare? Due nuove linee della metro a Milano? Uno stadio nuovo a Roma? Una centrale nucleare a Firenze? Non si sa.
E non si sa perché le assemblee elettive, dove ci sono persone pagate per rappresentarci e decidere, persone elette con elezioni che comportano spesa, non ne sanno niente. E non è colpa loro, beninteso. E’ che questa volta, per evitare lungaggini hanno deciso di non coinvolgere i consigli, di passare direttamente i progetti dalle società partecipate dello Stato e degli altri enti, e metterli nel calderone. Ci penserà Draghi, dicono. Ora, fatto salvo Draghi, un numero uno al quale io dico grazie ogni giorno che passa, io quando vedo la narrazione di uno che cammina sulle acque mi insospettisco sempre. Perché uno, per chi ci crede, ha davvero camminato sulle acque. Ma l’hanno pure messo in croce, e non ne è apparso un altro.
Tornando all’utilità delle nostre assemblee elettive: non ne hanno alcuna nell’elaborazione del più importante afflusso di soldi dai tempi della seconda guerra mondiale. Allora aboliamole, no? Certo, ci sarebbe un leggero rischio fascismo. Proprio leggero. Talmente leggero che preferiscono occuparsi di cialtroni che parlano di fascismo invece di preoccuparsi dell’essenza del fascismo: l’esautorazione delle assemblee democratiche.