“She’s not just a computer”. “Lei non è solo un computer”. Così Theodore Twombly, protagonista del film “Her” interpretato dall’attore Joaquin Phoenix, definisce l’assistente vocale di cui si è innamorato, Samantha, che ha la voce di Scarlett Johansson. Tra i due si sviluppa un’interazione sempre più stretta, in cui l’uomo rimane affascinato dalla rapidità con cui il sistema apprende e interagisce con lui, anche emotivamente e psicologicamente.
Rendere gli androidi sempre più umani è la sfida a cui lavorano gli scienziati oggi. Se siamo ancora lontani dall’avere una Samantha a casa, con tutte le implicazioni etiche che potrebbe comportare, sicuramente in futuro ci potremmo ritrovare un robot in casa come collaboratore domestico oppure in ufficio come collega di scrivania. In campi come l’industria e la medicina sono già molto diffusi, ma i ricercatori lavorano perché essi siano in grado di interagire in un modo sempre più naturale con gli esseri umani. Fiducia, adattabilità, comprensività e collaborazione sono i valori che guideranno la relazione uomo-androide, gli stessi che stanno alla base dei rapporti tra le persone. Dal robot si passerà al cobot, “collaborative o cooperative robot”, per sottolineare la capacità di empatia e comprensione reciproca.
Il robot che impara grazie ai neuroni umani
Come spiegare a una macchina a ragionare come un uomo? Ci hanno pensato i ricercatori dell’Università di Tokyo, che hanno insegnato ad un piccolo robot ad attraversare un labirinto, collegandolo a una rete di neuroni coltivati in provetta, stimolati elettricamente, nel tentativo di imitare un vero cervello.
Per la prima volta utilizzate cellule vere, cresciute in laboratorio
Il robot, grande come un palmo di mano e dalla forma circolare, come quella dei moderni aspirapolvere robot, è privo di sensori che gli possano permettere di acquisire informazioni sull’ambiente in cui si trova. La rete di neuroni esterna funziona come una sorta di joystick biologico, che lo guida attraverso gli ostacoli fino al traguardo finale, una scatola nera circolare nascosta nel labirinto: ogni volta che il robot si muove nella direzione sbagliata o sceglie un percorso errato, i neuroni in coltura vengono disturbati con un impulso elettrico. L’esperimento, che potrà contribuire allo sviluppo di computer ispirati al cervello umano, è stato pubblicato sulla rivista Applied Physics Letters.
Un cervello per i robot: è polemica
Il primo robot al mondo “pensante” ha subito scatenato le polemiche. Gli esperti di tutto il mondo hanno sollevato dubbi etiche e legali di fronte alla creazione di macchine che possano pensare da sole. Tematiche già all’attenzione della Commissione europea, che nel 2021 ha lanciato il progetto Robotics4EU per incoraggiare l’adozione dell’intelligenza artificiale e della robotica in Europa, aumentando al contempo la consapevolezza di tutte le questioni coinvolte. Da gennaio sono stati condotti sondaggi e interviste con i membri dell’industria della robotica: le principali questioni emerse riguardano le “preoccupazioni per la forza lavoro” e l’impatto che i robot avranno sul benessere umano.