Mentre in Inghilterra il Governo ha stanziato 300 milioni di sterline (330 convertiti in euro), a fondo perduto, per sostenere tutti gli sport extra Premier League e calcio in generale così da consentirgli di resistere anche a porte chiuse, in Italia i vertici di basket, pallavolo e fratelli minori proseguono nel loro peregrinare cappello in mano a caccia di qualche soldo o intervento che li aiuti a non morire. È un destino che accumuna tutti, a partire nel nostro caso dal calcio professionistico, e che si sta scontrando con una politica dell’intervento a pioggia poco funzionale quando c’è da mettere in sicurezza i conti. Il ministro Spadafora, impegnato nella maratona della riforma dello sport che ha passato il vaglio del Consiglio dei ministri, perdendo per strada però il pezzo politicamente più interessante e scottante e cioè quello della governance e della cassa, rischia di passare alla storia come uno dei meno amati da parte di dirigenti e capi federazione. E non, come pensa lui, perché ne ha messo in discussione l’intangibilità che per alcuni dura da decenni.
La sensazione diffusa è che continui a mancare un quadro d’insieme dello stato comatoso in cui versa lo sport italiano causa Covid (per la verità non stava bene nemmeno prima) e di quale sia il suo peso in termini economici e sociali. Per intenderci: se il calcio di Serie A non paga gli stipendi e fatica a versare il suo miliardo e 300 milioni di euro di tasse, più svariate decine di milioni di mutualità varie, in crisi non vanno Ronaldo e Lukaku con i loro ingaggi da nababbi ma tutti quelli che a pioggia non prendono più sussidi. In primavera Spadafora ha condotto una lunga battaglia per tenere chiuso il campionato anche oltre il ragionevole, facendo correre il rischio del default. Poi si è dedicato al resto. E tra un bonus e l’altro ha anche messo in piedi una riforma che sta togliendo il sonno alle federazioni italiane che – secondo il nuovo schema – dovrebbero riconoscere contributi, assicurazione, malattie e tutto il resto a una platea di mezzo milione di collaboratori fin qui ‘fantasma’. Il che non sarebbe nemmeno un male, anzi. Peccato che arrivi in un momento di profondo rosso. Ecco perché le scelte del ministro trovano una platea di scettici sempre più ampia ma che fin qui non ha trovato sponda decisiva dentro la maggioranza che pure ha in diversi passaggi bocciato la sua azione. Tutti gli altri, invece, guardano all’Inghilterra con un pizzico di invidia… (Foto: Profilo Facebook del Ministro)