Tra Cina e Usa, in mezzo Cassa Depositi e Prestiti. Se può essere etichettato come “polmone dello Stato stratega” tout court, CDP Reti è invece una società di quello stesso gruppo che sostiene lo sviluppo delle infrastrutture strategiche italiane in due settori specifici: gas ed energia elettrica.
Che cos’è CDP Reti
Formata nell’ottobre 2012, CDP Reti è un veicolo che gestisce investimenti partecipativi in Snam, partecipata al 30,37%, Italgas, partecipata al 26,04% e Terna, partecipata al 29,85%, con il fine ultimo di migliorare rigassificazione, trasporto, stoccaggio e distribuzione del gas naturale, ma anche la trasmissione dell’energia elettrica. Si affida a tre diversi macro-azionisti. Il primo è ovviamente Cassa depositi e prestiti Spa, che controlla il 59,1%, poi abbiamo vari investitori istituzionali italiani (5,9%) e infine State Grid Europe Limited (SGEL, 35%). SGEL non è un attore qualunque. È una costola del gruppo State Grid Corporation of China (SGID), ovvero la più grande società elettrica al mondo, nonché responsabile della distribuzione dell’energia elettrica in Cina.
State Grid Corporation of China: 1,5 milioni di dipendenti
State Grid Corporation of China è stata fondata nel dicembre 2002, conta circa 1.500.000 dipendenti ed è una classica società cinese a controllo statale. Il suo obiettivo non è tanto distante da quello di CDP Reti: fornire energia elettrica sicura e sostenibile per consentire lo sviluppo economico e sociale della Cina. Il core business aziendale consiste nella costruzione e gestione della rete energetica di 26 province, regioni autonome e municipalità cinesi. È controllata da SGEL e rappresenta l’unico veicolo per concludere operazioni e investimenti di capitale all’estero per conto della stessa SGEL.
L’investimento di Sgel in CDP Reti
Nel 2014 SGEL – che nel corso degli anni ha realizzato operazioni in Brasile, Portogallo, Filippine, Australia, Grecia e Hong Kong – decide di investire in CDP Reti. Il 30 luglio 2014 CDP diffonde un comunicato con il quale informa che il Consiglio di amministrazione della società ha approvato la cessione del 35% del capitale sociale di CDP Reti “per un corrispettivo non inferiore a 2.101 milioni di euro” a SGID. Scorrendo qualche riga più in basso, si legge che a SGID “saranno riconosciuti i diritti di governance a tutela del proprio investimento nella società” e che i cinesi potranno nominare due amministrazioni su cinque del Cda di CPR Reti, oltre a un membro su tre del collegio sindacale della società. SGID godrà inoltre di un diritto di veto rispetto all’adozione – sia da parte del Consiglio di amministrazione di CDP RETI, sia da parte dell’assemblea dei soci di CDP RETI – “di alcune particolari delibere”, e avrà diritto a designare un amministratore nei consigli di amministrazione di Snam e Terna.
Il supermanager cinese lascia CDP Reti
È qui – e in virtù degli accordi presi – che si inserisce la figura di Yunpeng He, il top manager del colosso energetico cinese attivo dal 2015 nelle aziende del gruppo CDP. Stiamo parlando di un professionista laureatosi in Sistemi Elettrici e Automazione presso l’Università di Tianjing, con alle spalle un Master’s Degree in Gestione della Tecnologia presso il Rensselaer Polytechnic Institute (RPI), e dunque non proprio dell’ultimo arrivato. Nel giro di qualche anno, il signor He, nato in Mongolia Interna nel 1965, e con alle spalle tanta esperienza da vendere accumulata nella SGEL in Europa, è riuscito a concentrare su di sé un ingente numero di cariche in seno a società a partecipazione statale italiana. Fino a pochi giorni fa ricopriva più ruoli rilevanti, risultando Consigliere di Amministrazione in CDP Reti, Snam, Terna e Italgas.
L’ombra del conflitto di interessi su He
Il 18 novembre 2021, un comunicato di CDP Reti informava delle dimissioni dell’amministratore Yunpeng He, a suo tempo designato dall’azionista State Grid Europe Limited, e della parallela cooptazione di Qinjing Shen, ai sensi del vigente patto parasociale, quale nuovo amministratore espressione della stessa State Grid Europe Limited. Non sappiamo i motivi delle dimissioni da CDP Reti del signor He – che tutt’ora risulta attivo negli organigrammi governativi delle altre società italiane – né si conoscono dettagli sul suo sostituto. La sensazione è che possa essersi trattato di un avvicendamento che niente avrebbe a che fare con motivazioni politiche, quanto con eventuali esigenze “casalinghe” di SGEL, sotto pressione per la carenza di energia elettrica che ha colpito la Cina. Nelle settimane precedenti, però, il manager è finito sotto osservazione in un’inchiesta di Repubblica, secondo la quale prima di dimettersi Yunpeng He sarebbe stato “costretto ad alzarsi dai vari consigli per una serie di potenziali conflitti, senza contare che da quando è in vigore la norma del Golden Power, approvata all’inizio della pandemia, la questione è ancora più delicata”.
Sgel, investimenti per due miliardi: ma gli interessi non sono solo economici
Alla luce di tutto ciò, si possono fare un paio di considerazioni. La prima: la Cina non ha investito due miliardi di euro nelle reti energetiche italiane soltanto per intascare preziosi dividendi o realizzare profitto immediato. Poiché gli attori cinesi in questione sono legati a doppia mandata al governo di Pechino (stiamo parlando di aziende statali), c’è chi ipotizza un doppio fine in queste e altre acquisizioni simili coadiuvate dalla Cina: l’accesso ad informazioni rilevanti e l’inserimento, graduale, nelle ragnatele relazionali più rilevanti dell’Europa (e non solo). Tornando al caso italiano, l’accordo che ha visto protagonista CDP ha intensificato i rapporti tra Cina e Italia, in seguito portati all’ennesima potenza – almeno sotto il governo “gialloverde” con la firma del Memorandum di adesione di Roma alla Belt and Road. CDP e le sue partecipate possono quindi essere considerate come aghi della bilancia delle relazioni economico e politiche sino-italiane. Energia elettrica e gas, invece, sono soltanto due dei settori chiave da tenere d’occhio per capire gli sviluppi futuri che influenzeranno l’asse Roma-Pechino.
Allineamento atlantico per CDP?
Del resto, la fase attuale caratterizzata da un riallineamento in senso atlantico operato dal governo Draghi impatta direttamente anche su questi dossier. Non a caso Cassa Depositi e Prestiti è tra i partner chiamati in causa nel quadro dell’offerta statunitense per una sua partecipata, Tim, operata dal fondo Kkr che mira a controbilanciare con un polo occidentale delle tlc l’ascesa dei colossi cinesi. E tra i draghiani di stretta osservanza, dunque tra i boiardi di Stato di visione differente rispetto a quelli dell’era Conte, Draghi a maggio ha scelto il nuovo ad di Cdp, Dario Scannapieco, che per statuto acquisisce anche la governance di Cdp Reti. Per dirla con la prestigiosa rivista americana Foreign Affairs, “allineando le sue politiche con le priorità statunitensi ed europee, l’Italia ha reso chiara la sua posizione nell’emergente competizione tecnologica tra Cina e Occidente” che investe anche il settore energetico e di cui la Cdp targata Scannapieco può essere agente.
L’obiettivo delle banche? Diluire il controllo cinese. Ma non è semplice
A Roma diverse fonti ci confermano che diverse banche d’affari sono al lavoro per cercare di trovare una soluzione che riduca il peso dei cinesi nel gruppo partecipato dallo Stato in nome di un ralliement atlantista; il modello, secondo Repubblica, potrebbe essere quello di Ansaldo Energia, che nel 2020 CDP ha ricapitalizzato diluendo il controllo cinese di Shanghai Electric dal 40 al 12%. Ma quando di mezzo ci sono colossi come Snam, Terna e Italgas, assieme a una serie di progetti ad essi collegati in tutta l’area euromediterranea, tale processo è assai complicato da perfezionare. La sensazione è che gli ambienti più filoatlantici siano stati già soddisfatti dalla sostituzione del precedente ad Fabrizio Palermo, ritenuto eccessivamente aperto all’impiego del denaro di CDP negli affari con Pechino. La partita si fa sempre più complessa. E la sensazione è che, come con Tim, l’Italia e i suoi asset più pregiati controllati da CDP Reti corrano il rischio di essere oggetto, posta in palio di una gara tra potenze piuttosto che soggetto attivo. E vista l’importanza delle aziende in questione, ciò deve destare preoccupazione.
A cura di Andrea Muratore e Federico Giuliani