La pandemia ha giocato a favore di tanti investitori della sanità privata: tanti, ma non tutti
di Pietro Bullian
L’attesa di una visita medica non è essa stessa la visita. Forse è questo il motivo per cui negli ultimi due decenni abbiamo assistito alla nascita dei centri poliambulatoriali. Mini-ospedali, di più facile ed economica gestione rispetto a veri e propri ospedali privati, eppure senza le interminabili e ormai famigerate liste d’attesa del pubblico servizio. Nel capoluogo lombardo, non è passata inosservata ai milanesi la rapida ascesa del Centro Medico Santagostino, marchio leader dei centri poliambulatoriali nella città che fa capo alla società Società e Salute S.p.A. Nata 14 anni fa, a fine 2019 Società e Salute contava 191 dipendenti e ben 286 ambulatori sparsi tra le 23 sedi dislocate perlopiù nella città di Milano e nel suo hinterland. La società ha assistito tra la fine del 2019 e il gennaio 2020 all’ingresso nel capitale azionario di un nuovo socio di maggioranza, la società di diritto lussemburghese Ippocrate Holdings S.à.r.l., che detiene oggi l’85% delle sue azioni.Società e Salute S.p.A. ha chiuso l’esercizio 2019 con un fatturato di 38 milioni di euro, in aumento del 24% rispetto al 2018. Un incremento – scrivono gli amministratori – da imputarsi in parte all’aumento delle prestazioni erogate nei centri esistenti, ma soprattutto all’apertura delle ben 5 nuove sedi ambulatoriali.Pur a fronte di un aumento dei ricavi a doppia cifra, tuttavia, la società ha chiuso il bilancio 2019 registrando una perdita di quasi 40 mila euro. Un risultato economico apparentemente in controtendenza con i risultati delle vendite, che è però presto spiegato dall’ambizioso progetto espansivo di Società e Salute, il cui conto economico risulta infatti “appesantito” da ammortamenti per ben 2,7 milioni di euro, in aumento anch’essi di circa il 25% rispetto al 2018. Un bilancio che presenta quindi una dinamica di crescita, nonostante i ben 14 anni di attività, che potremmo definire ancora “da start-up”. Eppure, nonostante la società dimostri di saper generare liquidità dall’attività operativa per ben 3,9 milioni di euro e possieda disponibilità di cassa per 3,3 milioni di euro, solo leggermente in calo rispetto all’esercizio precedente, la posizione finanziaria netta di Società e Salute S.p.A. (vale a dire la differenza tra la liquidità e i debiti finanziari) è negativa per 7,6 milioni di euro. Il totale dei debiti iscritti a bilancio, infatti, ammonta a 19,2 milioni di euro, in aumento di ben 4,3 milioni rispetto all’esercizio precedente e a fronte di un patrimonio netto di appena 1,9 milioni di euro. Di questi 19 milioni, quasi 12 sono classificabili come debiti finanziari e di questi ben 4,8 milioni verranno a scadenza entro il 2020. Si tratta perlopiù di debiti verso banche e altri finanziatori, ma anche di titoli obbligazionari emessi per 3 milioni di euro: 2 milioni sottoscritti dalla società francese di gestione del risparmio Amundi a fine 2019, 1 milione sottoscritto nel 2017 da non identificati “altri obbligazionisti”, che – come riportano gli amministratori – hanno deliberato in un’assemblea straordinaria tenutasi a gennaio 2020 la richiesta di restituzione integrale ed anticipata dei titoli in loro possesso entro l’anno corrente. I ricavi di Società e Salute S.p.A. sono rappresentati per ben il 72% da prestazioni ambulatoriali e di odontoiatria, ovvero quelle presentazioni che hanno risentito sia delle restrizioni all’esercizio dell’attività imposte per legge in questi ultimi mesi, sia delle cancellazioni da parte dei collaboratori sanitari e degli stessi pazienti, che sin dall’inizio della pandemia hanno percepito le strutture sanitarie come luoghi ad alto rischio contagio preferendo astenersi dal frequentarle. Pur nell’impossibilità oggettiva di fare previsioni circa i numeri dell’anno in corso e nonostante la società abbia usufruito degli strumenti messi a disposizione dallo stato per preservare la continuità aziendale, gli amministratori non escludono di dover fare ulteriormente ricorso alla leva finanziarie e anche a “possibili ulteriori interventi sul capitale”.Sicuramente la pandemia da covid-19 ha giocato a favore di tanti investitori della sanità privata: tanti sì, ma non tutti.