Radiografia della sanità italiana nel rapporto curato dal Cergas-Bocconi: meno Asl, meno posti letto ma per la prima volta dal 2009 aumentano medici e personale
di Francesco Floris
Calano le aziende territoriali (118 oggi la somma di Asl + Asst); diminuiscono i posti letto (PL) in linea con un trend ventennale e con quanto avviene a livello internazionale dal 2005 seppur con una forte disomogeneità: in Italia risultano esserci 2,9 posti letto per pazienti acuti ogni mille abitanti e 0,6 per i non acuti. Una contrazione conseguita negli anni sia tramite la soppressione di reparti ospedalieri (-812 tra 2012 e 2018, -5,7%) sia tramite la riduzione di PL dei reparti rimasti attivi. Per quanto riguarda il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, nel biennio 2018-2019 si registra per la prima volta dal 2009 un incremento complessivo: aumenta il numero dei medici (+769 unità) e del personale di ruolo sanitario (+2.990 unità). Diminuiscono invece le attività di ricovero con un risultato cumulato che tra il 2001 e il 2018 fa segnare -32,9%. Come cala anche il tempo medio di ricovero e l’incidenza degli accessi in day hospital fa registrare il dato più basso dal 2001. Tutto ciò fa sì che l’Italia registri una spesa sanitaria contenuta e con una copertura pubblica del 73,9% (nella media dei Paesi europei, ma in lieve aumento). Nel resto dei Paesi dell’Unione tuttavia la componente privata “mancante” è prevalentemente coperta da forme assicurative complementari. Nella penisola la previdenza integrativa non ha ancora preso piede e la spesa privata (circa 24% della spesa totale) è in larga parte “out-of-pocket”. Questa la fotografia del sistema sanitario italiano realizzata dal Rapporto Oasi 2020 del Cergas-Bocconi. L’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano mette in fila i numeri per realizzare una vera e propria geografia della sanità, che permetta di conoscere (meglio) per deliberare (altrettanto meglio) in futuro di fronte alle sfide che la pandemia Covid costringe ad affrontare. In generale ne emerge incoraggiante con spazi di manovra per il futuro. Se a livello nazionale nel 2019 la spesa sanitaria corrente a carico del Ssn è aumentata dell’1% rispetto al 2018 per un valore di circa 120,3 miliardi di euro, tra i motivi dell’incremento vi è l’aumento della spesa rispetto ad alcune voci relative all’ospedaliera accreditata (+3,4%), alla specialistica convenzionata (+2%) e ad altra assistenza convenzionata (+2,5%). Nonostante ciò, lo scorso anno come per i precedenti quattro in cui si è assistito ai grandi processi di riordino, si registra un tendenziale orientamento al pareggio. I disavanzi infatti sono modesti: 69 milioni di euro. Per i ricercatori del rapporto Oasi 2020 è il sintomo di un sistema economicamente sano. “Il segnale che testimonia la capacità del nostro Ssn di non sforare in modo consistente la disponibilità di risorse complessive”, scrivono i ricercatori del Cergas-Bocconi, “ma è anche un segnale dissonante rispetto alle aspettative che si avrebbero guardando l’andamento delle determinanti del fabbisogno sanitario o l’attuale emergenza sanitaria in corso”. Un sistema sano ma molto eterogeneo a livello territoriale. Basti pensare che se la spesa complessiva per assistenza erogata da soggetti privati accreditati è stata pari a 405 euro pro capite – il 21% del totale della spesa sanitaria pubblica, in leggero aumento – le differenze territoriali sono marcate. Come sono visibili nel campo della spesa sanitaria privata che è solo un’altra faccia delle stessa medaglia. Quanto spendono in proprio le famiglie italiane per curarsi? La stima ufficiale parla di 40 miliardi di euro, tra beni (35%) e servizi (65%), con la prima componente legata all’acquisto di farmaci (8,8 miliardi di euro), mentre la seconda include un ampio paniere di servizi, tra cui i ricoveri ospedalieri (2,1 miliardi), le cure dentarie (8,5 miliardi) e i servizi ambulatoriali di vario tipo come servizi medici specialistici (5,3 miliardi), quelli diagnostici (3,4 miliardi) fino ai servizi paramedici (3,1 miliardi). Ma lo iato s’intravede nelle differenze regionali, fortemente marcate lungo l’asse nord-sud: la spesa sanitaria delle famiglie passa dai circa 423 euro pro capite delle Campania, ai 750 euro in Lombardia, fino ai 900 euro in Valle d’Aosta. Una forbice – quest’ultima – destinata ad allargarsi se non si interviene con decisioni pubbliche in funzione delle conseguenze economiche della pandemia sia dal punto di vista di redditi e occupazione delle persone, sia rispetto alla capacità produttiva delle aziende e le politiche di pricing che le stesse decideranno di intraprendere nei prossimi mesi/anni.