Solo ipotesi di scuola. Che non si possono ignorare alla luce all’autocandidatura – chiamata per mesi da tutti, a onor del vero – di Mario Draghi come prossimo Presidente della Repubblica post Sergio Mattarella. Alla mente sorge subito un’accoppiata: oltre al Quirinale, che si fa con Banca d’Italia? Non tanto e non solo perché l’eventuale ascesa di Draghi al Colle sarebbe la seconda volta di un banchiere centrale come prima carica dello Stato dopo Carlo Azeglio Ciampi. Ma soprattutto perché in via Nazionale è iniziato, con largo anticipo, il conto alla rovescia.
Bankitalia, la stagione di Visco agli sgoccioli
La stagione del governatore Ignazio Visco è agli sgoccioli dopo aver dovuto gestire 11 faticosi anni contrassegnati da fusioni e acquisizioni ma soprattutto da npl, Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza e quella di Bari, Etruria e tutte le altre oltre che l’onda lunga strascichi di vicende passante come AntonVeneta. Visco va in scadenza nel 2023 dopo aver preso le redini di Bankitalia nel 2011 a 24 ore dalla chiamata per Draghi alla Bce di Francoforte e dopo essere stato già rinnovato una volta nel 2017 per il secondo e ultimo mandato, secondo le regole statutarie della principale istituzione bancaria della penisola.
Con Draghi potrebbero lasciare anche Cingolani e Franco
Sarà proprio il prossimo Presidente della Repubblica ad avere in mano la partita per il futuro governatore della Banca. Per le regole dello Statuto di via Nazionale (l’articolo 18) la nomina del governatore, come anche il rinnovo del mandato e la revoca, è disposta con decreto del massimo inquilino del Quirinale, su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio superiore. Che succede allora se l’ex Presidente della Bce sale al Colle dopo aver di fatto detto che il lavoro a Palazzo Chigi è finito e mentre alcuni dei “suoi” ministri lasciano intendere esattamente lo stesso, a cominciare dal fisico di Leonardo prestato al governo, Roberto Cingolani dato da molti in uscita dal ministero della Transizione ecologica? Sarà finito anche il lavoro dell’attuale ministro del Tesoro, Daniele Franco, già a capo della Ragioneria centrale dello Stato ma soprattutto ex Direttore Generale della stessa Bankitalia da gennaio 2020 fino alla chiamata del Mef?
Il percorso di Franco in Bankitalia
Perché se così fosse, il numero uno di via XX Settembre sarebbe un candidato papabile per guidare via Nazionale nel dopo Visco. Il curriculum c’è, la storia pure con i suoi anni migliori spesi proprio al Servizio Studi di Banca d’Italia dove rimane dal 1979 al 1994 attraversando alcune delle fasi cruciali della storia monetaria italiana repubblicana: l’inflazione, il divorzio Tesoro-Bankitalia, l’ingresso nel Sistema monetario europeo – antecedente dell’Euro – fino ai trattati del 1992 e la crisi della lira che porta all’espulsione temporanea della valuta dallo Sme. È la lunga stagione guidata proprio da Carlo Azeglio Ciampi in via Nazionale. Che, coincidenza delle coincidenze, proprio come Franco e a differenza di quasi tutti i predecessori e i discepoli, aveva alle spalle un solo anno come Direttore Generale della stessa fra il ’78-’79. Nei mesi in cui si abbatte la tempesta giudiziaria sul governatore Paolo Baffi e sul vicedirettore generale con delega alla vigilanza, Mario Sarcinelli, proveniente dal “porto delle nebbie” della Procura di Roma. Entrambi completamente prosciolti due anni dopo ma non abbastanza in fretta per evitare di essere defenestrati.
Franco e Bankitalia: corsi e ricorsi
Corsi e ricorsi storici. Del resto il ruolo di ex Dg sembra il miglior biglietto di visita per assumere la massima carica della Banca. O almeno così è stato in passato. Con le sole eccezioni di Luigi Einaudi e degli ultimi tre governatori Antonio Fazio, Mario Draghi e Ignazio Visco stessi. Con Draghi al Quirinale, sarà giunto il momento di tornare al passato?