Ora che le scuse sono state servite via gogna social – il canale del club con intervista riparatoria – e Lukaku si è cosparso la testa di cenere per evitare di finire ai margini della stagione del Chelsea, è arrivato il momento di riflettere su uno degli autogol più spettacolari a livello comunicativo che si siano visti in questi tempi di protocolli rigidi nei contatti tra calciatori e giornalisti. Una rete alla quale è sfuggito il colloquio che l’attaccante belga ha registrato con Sky Sport a inizio dicembre e che è deflagrato nelle redazioni di mezza Europa dopo Natale spazzando via in un attimo l’immagine che il giocatore si era costruito in anni di carriera.
Lukaku, mezz’ora di intervista esplosiva. Pure troppo…
Per i pochi che non ne fossero a conoscenza, Lukaku seduto sul divano di casa sua si era lasciato andare a una serie di considerazioni sul suo passato, con scuse ai tifosi dell’Inter per il modo in cui se n’è andato la scorsa estate, e sul presente a Londra, poco soddisfacente dal punto di vista professionale. Una mezz’oretta esplosiva, sin troppo per le abitudini del calcio moderno, condita da qualche retroscena del quale non c’era e continua a mancare conferma come la trattativa per il rinnovo di contratto con l’Inter naufragata e alla base della sua scelta di volare al Chelsea. Un mix impossibile da gestire dal punto di vista comunicativo nelle sue conseguenze: la furia del club inglese che lo paga profumatamente (12 milioni netti all’anno) e che si è visto attaccare in pubblico e la rabbia degli ex tifosi, innamorati delusi, che si sono sentiti doppiamente presi in giro e che hanno tirato un’altra riga su un rapporto idilliaco per due anni e poi svanito nella delusione da senso di abbandono.
Lukaku ha fatto tutto da solo
Tutti così spettacolarmente senza senso (a livello comunicativo) da far immaginare che difficilmente ci potesse essere dietro una regia. Così è stato. Lukaku ha fatto tutto da solo, senza informare il Chelsea – che chiaramente mai avrebbe dato il proprio consenso – e senza informare chi lo segue dal punto di vista dell’immagine. Un colpo di testa personale, in un momento di difficoltà dentro lo spogliatoio dei Blues campioni d’Europa, così maldestro da rivelarsi inutile. Non esisteva alcuna possibilità di tornare all’Inter, magari in prestito dopo essere stato pagato 115 milioni di euro, e neppure che il Chelsea accettasse di scambiarlo in trattative del tutto teoriche e con la certezza di perderci una montagna di soldi. Nessuno scopo attuabile, nessuna strategia nemmeno di rottura come i procuratori sono soliti fare quando si avvicina il momento di chiedere un aumento o di produrre uno strappo.
Lukaku: fenomeno sotto porta, meno davanti ai microfoni
Infatti l’entourage che lavora per conto di Lukaku non ha potuto fare altro che mettersi in movimento per cercare di limitare i danni, mettere una toppa al buco creato dallo sfogo del giocatore che (parole sue) avrebbe in realtà voluto solo spiegarsi con i tifosi dell’Inter e, invece, è riuscito nell’impresa di inimicarsi anche quelli del Chelsea. Le scuse riparatorie serviranno solo come ombrello protettivo di facciata perché così va il mondo del calcio e nemmeno i dirigenti londinesi avevano interesse ad arrivare alla rottura definitiva con un calciatore che rappresenta un patrimonio del club. Per i riti del mercato, insomma, tutto è bene quel che finisce bene. Ma il danno di immagine resta e si è portato dietro come conseguenza anche il ricordo di scivoloni del passato, come se Lukaku – inarrestabile in campo – non riuscisse a frenarsi quando si tratta di parlare a braccio, libero da copioni. Come quando nella primavera del lockdown disse che all’Inter, prima della sosta forzata, erano scesi in campo in 23 con sintomi da Coronavirus salvo poi dover ritrattare. Un fenomeno sotto porta, meno col microfono davanti.