Domanda: quando vacciniamo i campioni? Parte la “moral suasion” della Serie A sulla politica
di redazione
In primavera la formula usata per mettere a tacere chi si lamentava (“Ma come?!? Fanno i tamponi ai calciatori quando la gente non li ha nemmeno se a contatto con un positivo…”) era stata garantire che l’approvvigionamento dei test molecolari anti Covid, basilare per tornare a fare calcio dopo il lockdown, sarebbe stato fatto senza “impattare minimamente sulla disponibilità del regentario da dedicarsi in maniera assoluta ai bisogni sanitari del Paese”. Ora il tema sta tornando d’attualità in vista della campagna vaccinale che da gennaio proteggerà progressivamente tutte le categorie sociali e d’età del nostro Paese consentendo, si spera, un graduale ritorno alla normalità. Ecco. Quando toccherà ai calciatori professionisti? Non è un dettaglio di scarso peso perché le società si sono rassegnate fin qui a cercare di sopravvivere alla roulette dei tamponi settimanali correndo il rischio di vedersi private a scacchiera dei propri giocatori fondamentali. Una situazione di par condicio, nel senso che tocca a tutti, ma che rende complessa ogni forma di programmazione sul medio e lungo periodo delle prestazioni di una squadra. Ora ci si avvicina al momento dei verdetti che spostano decine di milioni di euro, ossigeno per i bilanci asfittici dei club. Chiaro che avere la certezza di poter vaccinare i propri top player uscendo dall’incubo positività sia una prospettiva che fa gola. Passi ufficiali non ce ne sono e non potrebbero essercene, ma il tema esiste e viene già discusso. E’ chiaro che un qualsiasi club di Serie A non avrebbe problemi a pagarsi di tasca proprio uno dei vaccini approvati dalle autorità sanitarie. Ma come e quando? Impossibile immaginare di venire prima degli operatori sanitari, delle Rsa e degli anziani considerati categoria ad alto rischio. Quando, però, si comincerà a ragionare di tutti gli altri e il tra i parametri ci sarà quello del peso economico di un determinato settore, la tensione tornerà ad alzarsi. Nemmeno quotato il coro un po’ demagogico di chi non vorrà concedere privilegi ai già privilegiati milionari del pallone. Ma quote basse anche per l’attività di moral suasion in cui i vertici del calcio italiano si sono dimostrati molto abili in primavera riuscendo ad aggirare, seppure a fatica, il muro di contenimento del ministro Spadafora e della politica in generale.