Quando Rocco Commisso da Gioiosa Ionica ha preso la Fiorentina nel 2019, rilevandola dalla famiglia Della Valle, aveva in testa di poter fare l’americano in Italia. “Fast, fast, fast” il suo motto. Veloci per il nuovo stadio, veloci nel progettare il centro sportivo e veloci per dare competitività e futuro a una squadra che si stava lentamente rassegnando al centro della classifica, lontana anni luce dal cuore pulsante del calcio italiano e addirittura fuori dai radar rispetto a quello europeo. Due anni e mezzo dopo Commisso ha smesso di pensare “fast” e ha capito dove si era infilato. Pentito? Non lo ha mai detto, anche se nell’estate scorsa ha provocatoriamente messo in vendita il club senza (non c’erano dubbi) ricevere nessuna offerta a fronte dei 335 milioni di euro chiesti, la cifra investita nei primi 18 mesi da proprietario.
Niente stadio, centro di Bagno a Ripoli che avanza seppure tra mille difficoltà – ma promette di essere un gioiello -, squadra che finalmente regala soddisfazioni non senza spine. Perché tra le mille cose che Rocco non conosceva c’erano anche le regole non scritte del mondo del pallone, i legami con le scuderie di procuratori, la richiesta di commissioni, i contratti in scadenza e quella tradizione per cui a pagare sono sempre gli stessi e cioè i proprietari. Quelli come Commisso, insomma. Nel suo caso senza riuscire a incidere, visto che anche l’operazione Barone, infilare il suo braccio destro nella stanza dei bottoni della Lega Serie A, è fallita e alla Fiorentina non è stato riservato nemmeno uno strapuntino.
Ecco perché oggi Rocco Commisso è diverso da quello divertente e aperto di due anni fa. L’intervista al Financial Times, ultimo atto della sua guerra mediatica al sistema, ha provocato un terremoto nel calcio italiano almeno per la forma usata per attaccare tutto e tutti. Nella lunga chiacchierata con il quotidiano finanziario britannico il patron della Viola è riuscito a definire l’iconico stadio Franchi, monumento nazionale vincolato dalla Soprintendenza, “la cosa più merdosa mai inventata”. Andrea Agnelli e i dirigenti della Juventus sono diventati “motherfucker” cui fare causa per le perdite in bilancio, Zhang e altri dei ragazzotti abituati a giocare con i soldi degli altri. Non come lui, insomma. E poco conta che la diplomazia viola abbia cercato di spiegare che non ce l’aveva col Nervi ma con la burocrazia o che non c’erano riferimenti alla rettitudine morale di una delle famiglie più potenti d’Italia.
Il fiume in piena ha travolto tutto ed era già successo, non senza reazioni. Commisso è in guerra con il procuratore del suo talentino Vlahovic, che non rinnoverà e andrà via (lui teme all’odiata Juventus), ha definito “ricatti” la trattativa per il contratto dell’attaccante e bollato come “falsato” l’ultimo scudetto vinto dall’Inter “senza rispettare le regole”. Ha fatto pubblicare online tutti i parametri economici e finanziari del suo club sfidando gli altri a imitarlo. Non l’ha fatto nessuno, ovvio, e in linea generale Rocco non ha nemmeno torto quando grida ai quattro venti di essere finito in un sistema in cui vige la legge del più forte. Però l’ultima sparata ha ottenuto il risultato di far incazzare davvero tutti.
Chissà, forse è quello che voleva per cercare di smuovere le acque. E dall’alto di un patrimonio personale da oltre 7 miliardi di euro potrà vivere senza patemi l’ipotesi di una querela da parte degli eredi dei Nervi. O di un’eventuale multa se, come chiede l’Inter, dovesse essere deferito alla Procura della Federcalcio. Rocco tira dritto, vero picconatore di quel mondo un po’ ingessato che è il calcio italiano e tutta la sovrastruttura che gli sta intorno. L’unica certezza è che al Franchi, almeno per un po’, dovrà rassegnarsi a giocare e senza un accordo con la politica – fin qui mancato – difficilmente coronerà il sogno di vincere il campionato che più gli sta a cuore: quello dello stadio nuovo. La strada per tornare in vetta. Chissà se oltre che furioso, Commisso da Gioiosa Ionica non sia davvero anche un po’ pentito…