Tutti ne parlano: la telemedicina è il futuro. Ecco il documento della Conferenza Stato-Regioni per metterla a regime: quando serve? A chi? Di quale investimento ha bisogno l’Italia?
Televisita, telemedicina, telerefertazione. Espressioni già conosciute dagli specialisti ma che sono entrate nel dibattito quotidiano nel 2020 a causa (o grazie) alla pandemia da Covid. E che ora tracciano uno degli scenari possibili per l’assistenza sanitaria del futuro. Ora c’è da capire quante risorse servono, come investirle, quando, a quali pazienti e da quali specialisti far applicare la medicina da remoto. Il documento approvato dalla Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, che True-News pubblica integralmente sul proprio sito, traccia quelle che dovranno essere le linee d’indirizzo per dettare regole omogenee per l’erogazione delle prestazioni ambulatoriali a distanza. Il documento risponde ad alcuni dei principali nodi, normativi e operativi, ancora da scogliere. Si legge come la medicina da remoto possa giocare un ruolo fondamentale durante “un’urgenza sanitaria”, sfruttando l’immediatezza “della trasmissione telematica per scambiare informazioni cliniche all’interno della rete sanitaria agevolando la gestione di pazienti critici o non raggiungibili”. Le patologie più rilevanti e i campi di applicazione in cui la telemedicina può offrire già un’assistenza specialistica sanitaria vanno dalle patologie cardiovascolari alle malattie respiratorie, passando per diabete, patologie psichiatriche, fino alla pediatria. I vantaggi principali del tecnologia, se ben applicata, anche con una sorta di “educazione del paziente”, riguardano la continuità delle cure, la presa in carico della cronicità anche in contesti difficili – a cominciare da quelli territoriali e geografici per un Paese come l’Italia – fino al monitoraggio dei parametri vitali nel paziente classificato a rischio, già affetto da patologie, e in quelli dimessi allo scopo di ridurre l’insorgenza di possibili complicazioni anche post ospedalizzazione.