Aiuti di Stato al calcio italiano? “Un piagnisteo di numerosi presidenti di squadre di Serie A”. Lo dichiara a True-News il professor Nicola Sbetti, Docente di Storia dell’Università di Bologna, studioso del rapporto tra sport, politica e relazioni internazionali, membro della Società Italiana della Storia dello Sport e del European Committee for Sport History. Giudizio durissimo quello dello storico ed esperto rispetto alle pressanti richieste di queste settimane del mondo del calcio al governo Draghi e alla sottosegretaria Valentina Vezzali per chiedere misure economiche di sostegno al comparto, giudicando insufficienti le risorse stanziate in Legge di Bilancio e nel decreto Sostegni ter, 60 milioni di euro fra crediti d’imposta per le sponsorizzazioni, soldi a fondo perduto per le spese sanitarie sostenute (tamponi e sanificazioni) e il rafforzamento del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo.
Ristori e soldi pubblici? Prima fare ordine nei conti
Secondo Sbetti però il calcio italiano di alto livello deve fare pulizia in casa propria prima di invocare soldi pubblici. “La deregulation e la finanziarizzazione della Serie A – dice – non hanno portato solamente a una crescita dei ricavi” ma “anche dei costi di gestione soprattutto per quel che riguarda gli ingaggi e le commissioni”. Il riferimento è ai trend degli ultimi anni, inclusi quelli della pandemia: nel 2021 gli stipendi dei dirigenti dei principali club della Lega sono saliti del 16% e solo nel 2020 in cui il Covid ha fatto irruzione sul panorama italiano e internazionale, le squadre di Serie A hanno staccato cedole per 138 milioni di euro ad agenti sportivi e procuratori.
I mecenati del pallone hanno alzato bandiera bianca
Oggi che “la figura del presidente-mecenate che investe sulla visibilità del pallone per avere un tornaconto politico alla Berlusconi, alla Cecchi Gori, Tanzi, ma persino alla Moratti, ha dovuto alzare bandiera bianca” per il docente di Bologna non si può comunque dire che “il legame fra calcio e politica si sia spezzato”. “Anzi – afferma Sbetti – lo vediamo per esempio nel ruolo dei sindaci sulla questione dei nuovi stadi” ma “soprattutto nel piagnisteo di numerosi presidenti di squadre di Serie A che con una mano investono nel calciomercato e con l’altra invocano ristori dal governo”.
Ristori: la richiesta giunge anche da Assocalciatori
Da inizio gennaio la Lega Calcio del dimissionario Paolo Dal Pino e la FIGC, fratturate al loro interno sul dossier norme statutarie con la fronda dei presidenti dei club vicini a Claudio Lotito e il numero uno della Federazione Gabriele Gravina, chiedono interventi urgenti. Per ora hanno ottenuto un tavolo tecnico con il governo per discutere dei ristori. Il 3 febbraio si è aggiunto al coro di chi chiede interventi rapidi anche Umberto Calcagno, numero uno di Assocalciatori e presidente della Cids, l’associazione che riunisce le rappresentanze di calciatori (Aic), allenatori (Aiac), ciclisti (Accpi), pallavolisti (Aip), giocatori di basket (Giba), rugbisti (Air) e golfisti (Pgai). Servono “nuovi ristori – dice Calcagno – per il mondo dello sport, un comparto economico importante per tutto il Paese nel quale sono occupate migliaia di persone”.
Vezzali cauta: “Calcio, serve un cambio di passo”
Il tema però è caldissimo. La sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali si muove cauta, ma ha fatto sapere che almeno per quanto riguarda il calcio “la crisi è precedente al Covid” e che “non si possono solo invocare aiuti di Stato. Il Governo e la politica possono spingere sull’acceleratore, ma per un reale cambio di passo, c’è bisogno che anche il calcio cominci a correre”.
Calcio, la Figc esulta: “2021, miglior risultato di sempre”
A remare contro gli aiuti a cascata al mondo del calcio sono i loro stessi numeri. La FIGC di Gravina, che ha appena approvato il budget 2022, ha festeggiato il 2021 con “il miglior risultato di sempre” in termini di valore dalla produzione (229 milioni di euro) si legge nella relazione alla variazione del budget 2021 approvata dal Consiglio Federale lo scorso 25 novembre a Roma, superando addirittura il 2006 con la vittoria dei Mondiali. Merito degli Europei vinti dall’Italia e dalla valorizzazione del marchio commerciale della Federazione.
Nel frattempo i top club aumentano gli stipendi dei propri manager
I club sono in difficoltà e già prima della pandemia avevano un debito cumulato per 4,6 miliardi di euro. Ma non pare che i conti del Covid si siano ripercossi sugli stipendi di manager, calciatori e sulle campagne acquisti. Solo tra le società più importanti del panorama calcistico italiano (Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio e Napoli) emerge come nella stagione 2020-21 i compensi ai dirigenti siano cresciuti in un anno del 16%, toccando quota 12,7 milioni di euro. Il più “ricco” l’ex capo area sportiva della Juventus, Fabio Paratici con 2,7 milioni di euro, ora volato a Tottenham lasciando il posto nella Vecchia Signora a Maurizio Arrivabene (ex Ferrari) con il compito di mettere i conti in ordine. La “classifica” vede seguire a ruota l’ex amministratore delegato della Roma, Mauro Baldissoni, con 1,5 milioni di euro, come anche Beppe Marotta con l’Inter. Poi Paolo Scaroni, Presidente del Milan, e Claudio Lotito (Lazio) con 600mila euro.