Luigi Di Maio: fare la barba (finta) al MoVimento
Nessuna prova. Solo chiacchiere. Ma qualcuno del Movimento Cinque Stelle lo sussurra guardingo: “Il caos su Conte, Grillo e il Movimento? Due giorni dopo la cena Di Maio-Belloni”. Il Ministro degli Esteri che incontra la capa dei servizi segreti “per chiarimenti” in un partito tradizionalmente a trazione complottista muove malelingue e retroscena. Lo sbarbato bibitaro è diventato grande. E ora fa barbe (finte) e capelli al MoVimento
Sindaco o onorevole? Il doppio incarico fra “momenti solenni” e nutrie
Peones a caccia di nutrie. Il doppio incarico, amministrazione locale e Parlamento, è croce e delizia per molti politici chiamati a Roma dalla provincia. E l’urgenza del quotidiano può sovrapporsi alla solennità dei grandi momenti. Lo sa bene un esperto sindaco del Nord Italia, esponente del centrodestra, che grazie al controllo dell’agenda sul territorio ha potuto occupare le lunghe, spesso snervanti giornate che toccano ai peones. Telefonate su telefonate lo hanno tenuto occupato tra un’indicazione di voto e l’altra. Solenni trattative per allargare il campo oltre la sua coalizione? No, il paese da lui amministrato è pieno di nutrie che si moltiplicano e invadono le strade. I cittadini protestano, lo chiamano in continuazione, chiedono una campagna di eradicazione e si chiedono cosa faccia il sindaco a Roma, distante da loro. Grande storia e piccola storia collimano. Per la gioia di chi è osservatore ed è scampato alla noia.
Bono vox: in Fincantieri vogliono ancora il frontman
Bono (Vox), un frontman irrinunciabile? I dipendenti e i quadri di Fincantieri non hanno dubbi: Giuseppe Bono non può uscire dal gruppo. Alle sue azioni devono stabilità, successi e promozioni. E il legame affettivo tra ad e dipendenti, nel caso del gruppo di costruzioni navali, è granitico. Un fattore umano cruciale mentre le nomine si avvicinano. Se Bono lascerà la carica di ad, sarà solo per ricoprire quella di presidente. Ma il tempo della sua uscita da Fincantieri è lontano.
Partecipate, il Presidente dimezzato
Chi è il presidente di una grossa società partecipata dell’energia ormai commissariato in cda? Si dice in giro che, quando c’è un certo argomento da discutere in casa su cui lui avrebbe un potenziale conflitto d’interessi, è costretto a uscire dalla sala (o dalla call). Il caro vecchio metodo Berlusconi in consiglio dei ministri. Però che ardire.
Angelucci, Il Giornale e “l’esercito di Silvio in liquidazione”
In Via Negri regna il silenzio. Ancora nulla di definitivo sulla vendita de “Il Giornale” dalla famiglia Berlusconi a quella Angelucci. Gli scettici sulla trattativa consigliano il Cav di desistere dalla mossa, ricordandogli che un messaggio direttamente lanciato in questo modo dopo la questione del Quirinale equivarrebbe all’ammissione di una resa: “se dopo una battaglia persa si ammaina lo stendardo e si mette l’esercito in liquidazione, si manda un messaggio devastante e si ammette di non aver più nulla da dare all’informazione del Paese”, dicono fonti bene informate.
Milano… russa. Occhio a non cadere in Fallico
Milano…russa! Il 17 febbraio alla Fondazione Feltrinelli va in scena il gran galà della Fondazione Conoscere Eurasia, vicina al banchiere Antonio Fallico, che si prende la scena a Milano nei giorni del caos ai confini ucraini. Business is business, ci dicono diversi imprenditori che presenzieranno al meeting. “Fari accesi per evitare atti di propaganda in tempi critici” è invece l’indicazione di apparati di sicurezza e sorveglianza.
E l’Italia? fonti Nato: russa fin troppo
L’Italia…russa fin troppo! Una fonte Nato mostra come quello di Draghi sia il governo dei Migliori…Yes man. “Non abbiamo una posizione che sia una” sulla crisi russo-ucraina. “A ogni seduta, ogni cosa che c’è da discutere, i nostri dicono sempre di essere d’accordo con la Francia o con la Germania”. E col governo Draghi nulla è cambiato. Risultato? Macron a Mosca a parlare con Putin, Scholz a Washington a parlare con Biden, Draghi a spulciare LinkedIn per “trovarsi un lavoro da solo” per il post 2023.
Destra o sinistra, purché se magna
Chi è quel candidato di bandiera presentato da una formazione del centro-destra nella corsa al Colle che ha ricevuto, in uno dei primi scrutini, il doppio dei consensi del suo partito? In questi giorni si raccolgono le notizie a freddo (quasi ghiacciate) del post-Colle e nell’elettorato parlamentare del vecchio centro-sinistra, specie tra gli attempati compagni più radicali, si sottolinea la scelta positiva di aver dato voti esterni al suo campo a questa figura. Sia per la stima personale nei suoi confronti, vecchio e astuto navigante della politica, sia per il messaggio disgregatorio lanciato al centrodestra. I cui partiti-guida sono ben lungi dal saper giocare tutte le finezze parlamentari in gare così importanti.
Nel futuro di Forza Italia una donna che “sa comandare”
“Sa comandare”. Così persone vicine all’ex premier Silvio Berlusconi parlano di una rampante parlamentare da tempo al centro della scena e protagonista assoluta di Forza Italia. Nel mondo del Cav questa affermazione è sia un complimento che un potenziale stigma: dopo decenni di yes-man, con questa attenta parlamentare Berlusconi sogna davvero di creare una generazione per il futuro. E l’appoggio del cerchio magico di Berlusconi sarà decisivo per consolidare un’eventuale svolta.
Mattarella, il trasloco simulato
Quirimane. Ed era tutto preparato. “Mattarella voleva la rielezione”, ci dice il consulente personale di un grande elettore del centrosinistra. L’avrebbe preferita con un accordo politico, ha preferito cavalcare la vocatio del Parlamento. Segretari e colonnelli hanno provato a tamponare la falla cronometrando (effetto Jacobs?) i peones nell’urna per contare le tempistiche e identificare il popolo di Mattarella. Nel Pd le capigruppo di Camera e Senato sono state segnalate come le figure individuate per questo specifico e tutt’altro che rilassante compito. Ma alla lunga i leader hanno dovuto dare ascolto alla volontà del Parlamento.