di Francesco Floris
Chiamato a illustrare lo stato dell’arte sul vaccino in Lombardia, il 13 gennaio Giacomo Lucchini – il Covid-Manager selezionato da Regione Lombardia per gestire la campagna vaccinale Covid – ha sciorinato i numeri a sua disposizione davanti alla Commissione Sanità del Pirellone, presieduta da Emanuele Monti. Nella fase uno la Regione ha censito una popolazione prioritaria di 340mila soggetti, con una disponibilità di dosi del vaccino Pfizer intorno alle 90mila in consegna ogni settimana. Un ritmo che sta permettendo di gestire la campagna nei confronti di tutto il personale delle ASST, degli IRCCS, ospedali accreditati, operatori dell’emergenza, residenze sanitarie per anziani, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Le dosi necessarie al 100% della popolazione “primaria” verranno raggiunte con le consegne di metà febbraio, come negli altri territori d’Italia, il che fa supporre che la fase 1 del piano si potrà dire completata alla fine febbraio. Mentre la capacità attuale di stoccaggio e scorte è intorno alle 13mila dosi a settimana rispetto a quelle ricevute dalla Lombardia. Su indicazione dell’autorità europea e su consiglio della gestione Commissariale di Domenico Arcuri, ogni Regione deve tenere infatti da parte un 30% di dosi come scorta. Una mole necessaria “in funzione della variabilità delle dosi di consegna rispetto alla pianificazione originaria”. Per Lucchini, infatti, “la disponibilità e le caratteristiche qualitative dei diversi vaccini sono ora il drive fondamentale per la pianificazione futura” ha detto annunciando che il 12 gennaio sono state consegnate i primi lotti del vaccino di Moderna e che sono previste per fine gennaio le discussioni EMA e poi AIFA sul prodotto di AstraZeneca. Dopo una partenza in salita a inizio gennaio la Lombardia si è ripresa allineandosi alle performance delle regioni “virtuose”. Fondamentale è stata la disponibilità del personale, per esempio delle Rsa, nel gestire in proprio la somministrazione del vaccino. Il picco giornaliero è stato toccato il 12 gennaio con oltre 17mila inoculazioni. Un ritmo – assicura Lucchini – che verrà tenuto fino a domenica 17 per raggiungere i parametri condivisi con Ministero e Commissario e rimanere nella forbice fra il 70 e l’80 per cento nel rapporto vaccini consegnati/vaccini somministrati. La grande sfida ora è quella della coda di Fase uno e l’inizio di Fase due a cui sovrapporre la finestra dei richiami dopo 21 giorni. Solo gli ultra 80enni censiti sono circa 700mila. “Il personale deve essere integrato per raddoppiare i numeri” spiega il Covid-Manager con riferimento ai 340mila della prima fase. Dal lato logistica, distribuzione e trasporto sono 2.500 le unità impiegate in Lombardia e tali rimarranno fino alla fase “generalista” della campagna vaccinale quando sarà necessario un ulteriore sforzo della filiera.
Le buone notizie arrivano dalla call commissariale che ha ottenuto più adesioni del previsto e delle necessità, anche se con un rapporto invertito rispetto alle attese per quanto riguarda i numeri di medici e infermieri. Anche il personale delle Rsa continuerà il suo sforzo, là dove presente e disponibile. È inoltre in fase di stipula l’accordo con i medici di medicina generale e i farmacisti per una gestione “territoriale” del vaccino, che però prescinde da quando saranno disponibili i cosiddetti prodotti da banco e con caratteristiche diverse. Per ora rimangono i 65 hub già attivati il 5 gennaio con i relativi centri vaccinali a cui si affiancheranno strutture temporanee (come già fatto per i tamponi), e strutture esistenti come fiere e palazzetti, individuate dalle ATS, e temporaneamente utilizzate per vaccini. L’obiettivo? “Una struttura ogni 40mila abitanti, con il fabbisogno stimato insieme agli enti locali”. Le categorie “prioritarie” in coda alla Fase 1 ma prima dello step “generalizzata” su tutta la popolazione, ancora lontano, sono in particolare quelle degli over 80 anni, la fascia di età 60-89 anni, i servizi essenziali, le forze dell’ordine, il personale scolastico, gli studenti, i lavoratori di comunità. Come anche le strutture di residenzialità psichiatrica dove si potrà contare sul personale stesso.
Certo è l’apporto del personale sanitario delle forze dell’ordine e dell’esercito, come dei farmacisti e degli ambulatori accreditati. “Certo, ci sono istanze – ha chiuso Lucchini – portate avanti a livello nazionale da varie categorie, che vengono assecondate per scaglioni temporali dal Ministero della Salute per mantenere omogenei i criteri sulla popolazione da vaccinare su tutto il territorio”. Da ultimo per quanto riguarda la disponibilità dei prodotti vaccinali e le loro caratteristiche “questa è la vera variabile” su cui ancora è difficile esprimersi. Il sistema di monitoraggio nazionale pensato inizialmente come software, per ora è sostituito da meccanismi di interoperabilità fra l’anagrafica sui vaccini in dialogo con i sistemi regionali e i fascicoli sanitari elettronici. Una necessità “per la gestione, nel caso, anche di eventuali effetti collaterali” direttamente da parte del medico curante.