Hanno un genoma simile a quello di Sars-CoV-2 e, proprio come il virus che da due anni a questa parte ha creato una pandemia globale senza precedenti, potrebbero effettuare il cosiddetto salto di specie, passando dall’animale all’uomo. Stiamo parlando di Banal-103, Banal-236 e Banal-52, tre coronavirus recentemente individuati in alcuni pipistrelli del Laos, nel cuore del sud-est asiatico. Le loro caratteristiche hanno subito messo in guardia la comunità scientifica, visto che presentano evidenti somiglianze con l’agente patogeno causa del Covid-19. In particolare, in un’area della proteina Spike, ovvero in quella proteina che consente al virus di legarsi alle cellule umane per poi contagiare l’organismo.
Nuovi coronavirus: la scoperta pubblicata su Nature
La scoperta è stata messa nero su bianco da un recente studio firmato Institut Pasteur di Parigi, Università nazionale del Laos e Institut Pasteur del Laos, e pubblicato sulla rivista Nature. La notizia non è però una novità assoluta, visto che sono ormai anni che gli scienziati setacciano le regioni più remote del pianeta a caccia di potenziali minacce per gli esseri umani. Tra le zone più a rischio troviamo proprio il sud-est asiatico, da molti considerato una specie di bomba a orologeria sanitaria.
Montomoli (Università di Siena): “Ecco come sarà il prossimo Sars-CoV-2”
Per capire meglio l’entità del rischio, abbiamo chiesto informazioni a Emanuele Montomoli, professore ordinario di igiene e sanità pubblica presso l’Università di Siena. “Non possiamo dire con certezza dove e quando avverrà la prossima emergenza sanitaria, e neppure siamo in grado di ipotizzare dove sarà il “prossimo” Sars-CoV-2. Quel che è certo è che le prossime epidemie saranno date o da un virus respiratorio – come i coronavirus – oppure da microganismi trasmessi da vettori, tipo le zanzare o altri insetti”, ha sottolineato Montomoli a true-news. I tre coronavirus scoperti in Laos, tuttavia, possono teoricamente fare il salto di specie, e possono farlo in due modi. “Direttamente dal pipistrello all’uomo, e questo può avvenire quando gli animali (in questo caso il pipistrello) vive in situazioni particolari, ad esempio a contatto con l’uomo. Il secondo modo attraverso il quale può avvenire una zoonosi è attraverso un ospite intermedio. In tal caso, pensiamo a un animaletto suscettibile sia a virus umani che di altre specie animali, dal quale un patogeno X può essere trasmesso all’uomo”, ha aggiunto Montomoli.
In Thailandia un nuovo coronavirus nel sangue di cinque pipistrelli
Un anno fa un team di ricerca capitanato da Lin Fa Wang dell’Università di Singapore ha rintracciato un altro coronavirus ambiguo nel sangue di cinque pipistrelli della Thailandia. In questo caso il codice genetico del virus, non contagioso per gli umani e denominato RacCS203, era identico al 91,5% a quello di Sars-CoV-2. Il patogeno è stato associato al Rhinolophus acuminatus, una particolare specie di pipistrello che vive in Thailandia ma che si trova anche in Cina, in Giappone e, più in generale, lungo un’area estesa migliaia e migliaia di chilometri. RacCS203, inoltre, è a sua volta correlato a un altro coronavirus, l’RmYN02 associato al Rhinolophus Malayanys della provincia cinese dello Yunnan, il cui genoma è al 93,6% simile al codice di Sars-CoV-2.
La grande sfida della comunità scientifica: prevenire la prossima pandemia
Da una semplice scoperta, dunque, è possibile ricostruire un mosaico pressoché infinito che si estende in tutta l’Asia. Ed è questa la grande sfida della comunità scientifica: prevenire la prossima pandemia. Per farlo è necessario monitorare con attenzione la fauna dei territori più selvaggi, dove pipistrelli, volpi alate, pangolini e zibetti, veri e propri serbatoi di virus pronti a colpire l’uomo non appena le circostanze lo permetteranno. Il problema, come ci ha insegnato la pandemia di Sars-CoV-2, è che in Asia (e non solo lì) le occasioni per assistere a una zoonosi (e cioè il famigerato salto di specie) sono e saranno sempre più comuni. I motivi sono molteplici, a cominciare dall’eccessiva prossimità tra esseri umani e animali selvatici, in primis riscontrabile all’interno di numerosi allevamenti e mercati popolari privi delle più basilari norme di sicurezza. C’è poi da prendere in considerazione la progressiva e continua “invasione” umana degli habitat naturali rifugio di questi serbatoi di virus per mezzo di pratiche quali il disboscamento e la cementificazione. Fenomeni del genere sono piuttosto diffusi nei Paesi in via di sviluppo, dove è eccessivamente elevata la prossimità tra uomini e animali a rischio.
Rischi di una nuova pandemia? Non ci sono certezze
Tornando ai tre coronavirus scoperti in Laos, quanto è alto il rischio di una nuova epidemia/pandemia nel breve periodo? La risposta è semplice: non abbiamo certezze. “Questa scoperta ci conferma che molti virus sono già pronti a fare il salto di specie e infettarci. Bisogna quindi non solo monitorare l’evoluzione dei coronavirus da vicino, per evitare di essere colti impreparati, ma anche effettuare quei cambiamenti strutturali nella nostra sanità che ci avrebbero consentito una gestione migliore dell’emergenza. Bisogna imparare la lezione”, ha commentato Antonella Viola, immunologa dell’università di Padova. Due anni fa, Peter Daszak, uno degli esperti che ha preso parte alla missione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Wuhan, per fare luce sulle origini di Sars-CoV-2 aveva tra l’altro rilasciato dichiarazioni emblematiche: “Stimiamo che ogni giorno qualcuno, in Cina o nel sud-est asiatico, venga infettato da un nuovo coronavirus di un pipistrello”. Non sappiamo, dunque, quanti altri virus potenzialmente nocivi per l’uomo esistano. Sappiamo solo che sono molti, e che la maggior parte di loro trova rifugio negli organismi degli animali che popolano il sud-est asiatico. Ecco perché dovremmo tracciare più patogeni possibile ed evitare situazioni capaci di favorire le zoonosi.