Gran movimento sotto il cielo dei rider, i fattorini che, in bici, in moto o a piedi, consegnano cibo e merci alle famiglie. Anche perché i fattorini con lo zaino in spalla durante i mesi della pandemia sono cresciuti del 50%: erano poco più di 15 mila prima del Covid, adesso praticamente raddoppiati a circa trentamila. E sono tra i pochi, nella stagione delle grandi limitazioni personali, a circolare per le città senza limiti, se non quello della mascherina sul volto. Affari d’oro soprattutto per le piattaforme: prima della pandemia, stando ai dati di Assodelivery, l’associazione dell’industria del food delivery italiana, il business delle consegne dei pasti contava ventimila rider, di cui il 75 per cento lavorava meno di sei mesi l’anno, e generava 350 milioni di euro di business per il settore della ristorazione. Tre rider su quattro erano studenti o comunque persone che portavano pranzi e cene nelle case degli altri solo per arrotondare, l’età media dei fattorini era di 27 anni e lavoravano per 15 ore a settimane in media.
Oggi quelli che fanno i rider come primo lavoro sono in crescita costante, l’età media è aumentata visibilmente come anche il numero di ore lavorate. Secondo l’Osservatorio nazionale di Just Eat emerge che il 2020 ha rappresentato per il mercato del digital food delivery un anno di svolta con una crescita significativa che lo ha portato a rappresentare tra il 20 e 25 per cento dell’intero settore del domicilio e ad affermarsi anche come essenziale agli occhi degli italiani.
Nei mesi di lockdown il mercato si è espanso notevolmente arrivando a servire tutte le città con più di 50 mila abitanti e il 66 per cento degli italiani, ovvero circa 40 milioni di persone. Per i rider c’è ancora incertezza sul contratto da rivendicare. Per la Cgil c’è già quello della logistica: Assogrocery e Fisascat Cisl stanno infatti lavorando ad una intesa per determinare le condizioni economiche e normative dei rapporti di lavoro degli “shopper”, i fattorini delle piattaforme digitali che fanno la spesa per i clienti portandola nelle loro case. L’intesa in discussione, sulla base del comma 2 dell’articolo 2 del Jobs Act, sarebbe un accordo collettivo nazionale per regolamentare i rapporti di lavoro del personale dipendente e dell’attività di collaborazione alle imprese che svolgono, tramite piattaforme digitali, attività di acquisto e rivendita di un carrello contenente i prodotti di largo consumo ordinati online dal cliente. Ma la questione è ancora aperta.