Continua il dibattito sulla maggiore economicità dei due modelli per la distribuzione dei farmaci. Da tempo si discute su quale sia il più adeguato tra la “distribuzione per conto”, ovvero tramite le farmacie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, e la “distribuzione diretta”, quella operata attraverso le strutture sanitarie pubbliche.
Ogni Regione ha le sue modalità
La DPC è nata nel 2001 con l’obiettivo di contenere la spesa farmaceutica territoriale ma, nel corso degli anni, è stata recepita dalle Regioni in modo molto variegato. Vari gli accordi regionali riguardo la remunerazione per le farmacie e le tipologie di farmaci che possono essere dispensati tramite le farmacie associate al SSN. Possono essere forniti tramite DPC i farmaci inclusi da AIFA nel Prontuario ospedale-territorio (PHT) ma su questo aspetto si registrano alcune differenze significative, anche a livello di ASL, e alcuni importanti cambiamenti sono avvenuti proprio a seguito della pandemia di Covid-19.
Trotta (Aifa): “Dal 2019 aumento della distribuzione diretta”
Nell’Indagine conoscitiva sul tema, tenutasi lo scorso 3 marzo in Commissione Affari Sociali della Camera, Francesco Trotta, dirigente del Settore HTA ed economia del farmaco dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), ha illustrato i differenti approcci ai modelli delle regioni. “La distribuzione diretta e la distribuzione per conto hanno un valore complessivo in termini economici di oltre 8 miliardi di euro rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, quindi parliamo di acquisto e dispensazione da parte del Servizio sanitario nazionale, e hanno un’eterogeneità sul territorio. Infatti, ci sono regioni che hanno una distribuzione diretta propriamente detta spinta come l’Emilia-Romagna, dove la distribuzione diretta arriva a un’incidenza del 90 per cento sul totale. Tuttavia, per rendere comparabili la distribuzione diretta e la distribuzione per conto dobbiamo limitarci alla diretta della cosiddetta «fascia A», quella che sta nel PHT (Prontuario ospedale-territorio), e dobbiamo tenere da parte la diretta di fascia H, ovvero quella che viene utilizzata esclusivamente all’interno degli ospedali.
Nella diretta di fascia A, quella propriamente detta, su un valore di 6,6 miliardi di euro, circa 4 miliardi sono relativi alla diretta che riguarda tutti i pazienti cronici che devono continuare l’erogazione del trattamento durante il loro percorso di cura”. Quello che ha fatto emergere Trotta è che “già nel corso del 2019, del 2020 e del 2021 c’è stato un maggiore spostamento da parte delle regioni della distribuzione di farmaci attraverso il canale della distribuzione per conto, a svantaggio della distribuzione diretta”. Un modello che sembrerebbe più dispendioso.
I vantaggi della distribuzione diretta
La DPC sembrerebbe più costosa ma, allo stesso tempo, presenterebbe vantaggi in termini logistici e quantitativi. Le farmacie territoriali sono molte, sparse su tutto il territorio, e spesso aperte per larga parte del giorno. Un aspetto importante durante il periodo dell’emergenza Covid che ha permesso agli utenti positivi di approvvigionarsi più facilmente dei farmaci per la cura del virus.
Adesso, con una lenta discesa dei contagi, il dibattito economico su quale sia il modello più economico è tornato alla ribalta. “I costi della DD (distribuzione diretta) sono notevolmente ridotti rispetto alla DPC (distribuzione per conto)”. Sono le parole di Arturo Cavaliere, presidente SIFO, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie-SIFO, ascoltato presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, all’interno dell’”Indagine conoscitiva sul tema. E Cavalieri propende per il modello DD, quindi per la distribuzione tramite attraverso le Strutture Sanitarie.
Dagli studi analizzati dal SIFO, emerge che “la continuità assistenziale H-T, il monitoraggio, l’appropriatezza di uso, aderenza e facilità di accesso è maggiormente garantita attraverso l’erogazione di farmaci in DD in particolare per i farmaci soggetti a prescrizione limitativa specialistica (RNRL o RRL) Registro AIFA – con accesso ricorrente del paziente alla struttura”. I criteri di selezione di questi farmaci”, ha detto il presidente SIFO, “sono quelli della diagnostica differenziale, della criticità terapeutica, del controllo periodico del paziente presso la struttura specialistica, che determina le condizioni per una maggiore appropriatezza diagnostico-assistenziale, una verifica della compliance del paziente e uno strumento di monitoraggio del profilo di beneficio/rischio e di sorveglianza epidemiologica dei nuovi farmaci”.
Favorevole al meccanismo DD anche la vicepresidente della XII Commissione, Rosanna Boldi, deputata della Lega “in un’ottica di salvaguardia di quello che è l’aspetto economico-finanziario del Servizio sanitario nazionale che viene coinvolto nell’erogazione dei farmaci”. Infatti – prosegue Boldi – l’istituzione del meccanismo della distribuzione diretta del farmaco per il tramite di ospedali e aziende sanitarie locali sembra ben legittimato dalle migliori condizioni di acquisto dei medicinali di cui godono per legge le strutture sanitarie pubbliche nei confronti delle aziende farmaceutiche”.
I farmacisti verso la DPC
Ma, come ci si poteva aspettare, dalle farmacie arriva una maggiore propensione verso la distribuzione per conto. Come ha dichiarato, durante la stessa audizione in Commissione Affari sociali della Camera, Maurizio Pace, segretario della Fofi (Federazione Ordine Farmacisti Italiani): “Vogliamo sottolineare l’importanza di un ritorno alla centralità della dispensazione dei medicinali per il tramite delle farmacie aperte al pubblico per la definizione di un nuovo e più efficace sistema di assistenza nell’ottica della continuità ospedale-territorio”. Pace ha poi ricordato come il ricorso all’erogazione tramite le farmacie dei farmaci normalmente distribuiti dalle strutture sanitarie pubbliche, favorisca un più facile e sicuro accesso ai farmaci da parte di tutti i cittadini evitando di recarsi negli ospedali.
Per Pace, “la distribuzione diretta ha evidenziato nel tempo ha evidenziato difficoltà a causa delle criticità derivanti dalla natura pubblicistica delle aziende sanitarie; dei costi sociali legati alle difficoltà di fornire in modo agevole ai pazienti l’assistenza farmaceutica; dei costi indiretti legati alle spese per il personale addetto alle diverse fasi previste; della distribuzione dei medicinali con modalità estremamente diversificate sul territorio da regione a regione e addirittura tra le singole Asl. Inoltre, le ispezioni dei Nas hanno fatto emergere l’esistenza di strutture ospedaliere con farmaci scaduti o conservati in modo non conforme alle norme”. I pazienti, sempre secondo Pace, troverebbero enormi difficoltà nel reperire una farmacia ospedaliera vicina. Pertanto la sua proposta vira “sulla distribuzione dei farmaci distribuiti direttamente dalle strutture ospedaliere e dalle Asl per il tramite delle farmacie di comunità secondo condizioni, modalità di remunerazione e criteri stabiliti nei vigenti accordi convenzionali locali stipulati con le organizzazioni maggiormente rappresentative delle farmacie”. Il dibattito è destinato a proseguire.