Tempi duri per i colossi del web nella vecchia Europa. Dopo tre mesi di trattative, il Consiglio e il Parlamento hanno trovato un significativo accordo su una proposta legislativa che regolamenterà le attività delle grandi piattaforme internet. L’obiettivo è di assicurare a monte la libera concorrenza, piuttosto che essere costretti – come ha fatto l’esecutivo comunitario in questi ultimi anni – a rincorrere le operazioni industriali per verificare che fossero in linea con le regole antitrust europee. Il Digital Markets Act, come viene chiamato in inglese, impone alle più grandi piattaforme internet di rispettare una ventina di regole pur di evitare abusi di posizione dominante.
Tra le altre cose saranno monitorate con particolare attenzione le operazioni di acquisto così come situazioni nelle quali le società favoriscono i propri servizi a danno della concorrenza – il caso più eclatante è quello di Google a favore di Google Shopping. Il Digital Markets Act – spiega Il Sole 24 Ore – impone una libera scelta nell’utilizzo dei portali che consentono di scaricare particolari applicazioni. In altre parole, sarà possibile non essere costretti a utilizzare Apple Store, per esempio. Il testo, che dovrebbe entrare in vigore nel gennaio del 2023, si applica alle più grandi piattaforme: Google, Apple, Amazon, Meta (Facebook), Microsoft e altre ancora. I criteri si basano sulla capitalizzazione di Borsa, il numero di utenti e l’ammontare del giro d’affari.
Apple si è detta “preoccupata” dal tenore del regolamento comunitario, che secondo molti osservatori avrà ripercussioni internazionali. La stessa Google ha detto di temere che “rischi potenziali per l’innovazione”. Il regolamento dovrà ora essere formalmente approvato sia dal Parlamento che dal Consiglio. L’altro testo relativo alla stessa materia e ancora in discussione è il Digital Services Act con il quale l’Unione europea intende regolamentare il contenuto delle stesse piattaforme.
Russia Unita: il partito di Putin apre una sede a Mariupol, Ucraina
L’idea è piuttosto originale ma non è certo che produrrà consensi. Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, ha aperto una sede nelle immediate vicinanze di Mariupol, città sotto assedio dell’Ucraina meridionale. Lo ha confermato il consiglio comunale della città. “Gli occupanti hanno aperto una sede del partito Russia Unita nel centro commerciale Metro, come ci hanno confermato i residenti”, ha riferito il consiglio comunale sul suo canale Telegram, secondo quanto riporta il canale ucraino della rete russa Rbc. Il centro commerciale si trova precisamente nella zona ovest della città, all’ingresso nel nucleo urbano. Secondo i residenti di Mariupol, la sede è presentata come un “centro di aiuti umanitari” e sta distribuendo giornali del partito. Non è dato sapere come vanno le iscrizioni al partito.
Il caffè espresso italiano candidato a diventare patrimonio Unesco
Dopo la pizza è il simbolo più apprezzato dello stile italiano a tavola (e non). Forse per questo è stato presentato il dossier di candidatura de “Il caffè espresso italiano tra cultura, rito, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli” a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Il dossier di candidatura scaturisce dall’unione di due precedenti dossier, su sollecitazione della Commissione Nazionale Unesco, per giungere a una candidatura unitaria che valorizzasse le tradizioni italiane legate ad una delle bevande più popolari del mondo e che da Napoli a Venezia ha sviluppato una storia secolare: il rito e l’Arte del Caffè Espresso Italiano, promosso dal Consorzio di tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale e La cultura del Caffè Napoletano tra Rito e Socialità proposto dalla Comunità emblematica napoletana con il supporto della Regione Campania.
Il dossier sarà esaminato in settimana dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco che dovrà formalmente decidere se inviare a Parigi la candidatura per ottenere l’iscrizione del sito Unesco entro il 2022.«Questa candidatura nasce da un percorso virtuoso – ha commentato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli – che in qualche modo dimostra come è possibile superare le differenze: due candidature diverse che si uniscono per arrivare a meta, per il riconoscimento del valore del caffè espresso italiano come patrimonio immateriale dell’Unesco». Il ministro Patuanelli è intervenuto alla presentazione del dossier, insieme al Sottosegretario Gianmarco Centinaio, al Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca per la parte napoletana e al Presidente del Consorzio di tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, Giorgio Caballini di Sassoferrato.
Gas, Russia leader incontrastata dell’export
La guerra in Ucraina ha scatenato la caccia al gas, vista la forte dipendenza di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, dal combustibile russo. Tanto che adesso c’è la corsa, da un lato, a fare scorta per il prossimo anno, dall’altro a trovare fonti di energia alternative. Che la Russia sia leader incontrastata dell’esportazione di gas deriva dallo stato di fatto: è il Paese con maggiori riserve di gas naturale al mondo. In particolare, la Russia ha riserve di gas per 47,8 trilioni di metri cubi (47.800 miliardi di metri cubi). Segue l’Iran, con 33,99 trilioni, poi il Qatar con 23,8 trilioni. Quasi l’80% dei giacimenti di gas naturale del mondo si trova in dieci nazioni. Le riserve della Russia rappresentano da sole quasi un quarto del totale delle riserve globali di gas e detengono anche due giacimenti di dimensioni maggiori: Urengoy e Yamburg. Iran e Qatar condividono la proprietà della più grande riserva di gas naturale nel Golfo Persico. Per capire la disparità di risorse, gli Stati Uniti possono vantare riserve per 13,18 trilioni di metri cubi. L’Italia ha una quota infinitesimale, 45,7 miliardi (dato aggiornato al 2021). L’Italia spicca invece per importazioni, essendo il quinto Paese al mondo con 70,9 miliardi di metri cubi importati (la prima è la Cina con 121).
Compost e riutilizzo del rifiuto: l’impianto Forsu di Legnano
E’ un effetto collaterale della guerra: la caccia alle fonti di energia si fa serrata. Si parte dal rifiuto umido, che costituisce una parte della raccolta differenziata di ogni famiglia nei centri urbani, e dal cosiddetto “sfalcio verde”, per arrivare al biometano e al compost fertilizzante da riutilizzare in agricoltura o nella case private: è questo il percorso virtuoso di riutilizzo del rifiuto che promette l’impianto Forsu inaugurato solo qualche giorno fa a Legnano, nell’Alto Milanese, da Asja Ambiente, operatore di prima fascia del settore che su incarico della società che si occupa della raccolta rifiuti nei Comuni del territorio, Aemme linea ambiente, ha realizzato l’impianto con un investimento di circa venti milioni di euro. Un impianto che la stessa Asja ha definito “il migliore mai realizzato in tutto il Paese”. Un investimento che dovrà rientrare, con guadagni annessi per l’operatore, nei prossimi ventidue anni di gestione.
I numeri che caratterizzano l’impianto, realizzato per sfruttare la digestione anaerobica della frazione organica del rifiuto solido, sono consistenti: la stima è che l’impianto possa trattare annualmente circa 52.400 tonnellate all’anno di rifiuti totali provenienti dalla raccolta nei Comuni del territorio (suddivisi tra 40mila tonnellate di Forsu e 12.400 di sfalci verdi). Da questi rifiuti in ingresso si stima di ricavare a regime 14mila tonnellate di compost e circa 4 milioni di metri cubi annui di biometano da immettere nella rete. Per dare un’idea della capacità corrispondente: una valutazione che in queste settimane è ancor più d’attualità – il biometano prodotto sarebbe sufficiente per soddisfare in un anno il fabbisogno di 2.857 famiglie.